15 Maggio 1860. Calatafimi, la vittoria che non ci fu. Chi ha davvero liberato il Sud?

15.05.2025

di Mario Garofalo

Mi chiedo, e vi chiedo: può davvero chiamarsi "liberazione" una battaglia che si conclude con una ritirata programmata? Possiamo davvero raccontare ai nostri figli che l'Italia è nata dalla volontà del popolo, quando a Calatafimi – il 15 maggio 1860 – non fu il popolo a combattere, ma gli interessi altrui a decidere?

Quel giorno, lo sappiamo, viene celebrato come il primo vero scontro tra i Mille di Garibaldi e l'esercito borbonico. Ma siamo sicuri che si sia trattato di una battaglia vera? Gli uomini di Garibaldi, mal equipaggiati, stremati dalla marcia e inferiori di numero, erano prossimi al collasso. Eppure, l'impossibile accadde: vinsero. O meglio, l'altro esercito si ritirò.

Perché?

I "Napolitani", guidati da un generale con ordini ben precisi, non vollero – o non poterono – vincere. Si è parlato spesso di eroismo, di gesta epiche, di ardente spirito patriottico. Ma se fosse andata diversamente? Se non fosse stata una vittoria guadagnata sul campo, ma una sceneggiatura recitata a memoria da attori ben pagati, corrotti, o semplicemente intimoriti?

Perché gli ufficiali borbonici abbandonarono il campo? Da chi erano davvero comandati? E soprattutto, a chi dovevano fedeltà?

Chi ha davvero consegnato il Regno delle Due Sicilie? Gli storici più liberi – quelli non legati al racconto istituzionale – lo dicono da tempo: fu una consegna dall'interno. Un tradimento silenzioso. L'élite napoletana aveva già firmato il proprio destino, scegliendo di guardare a Torino nella speranza di conservare privilegi, terre e titoli. E il popolo? Non fu chiamato a decidere. Subì. E come sempre, pagò.

È questa l'unificazione che volevamo? Un processo in cui il Sud, invece di essere integrato, fu spogliato, depredato, occupato militarmente e lasciato arretrare economicamente per oltre un secolo?

Calatafimi, oggi, non è solo una data sul calendario o un capitolo nei libri di scuola. È una ferita aperta. Una domanda che continua a bruciare: chi ha deciso che il Sud doveva cadere?

E ancora: possiamo parlare di Risorgimento se una parte dell'Italia è stata inglobata senza consenso, senza giustizia sociale, senza alcuna reale partecipazione popolare? Non è tempo, forse, di riscrivere con onestà quella narrazione che ci è stata inculcata fin dalle scuole elementari?

La memoria, se vuole essere civile, deve avere il coraggio di guardare negli occhi le sue ombre. E l'ombra di Calatafimi è lunga, pesante, e ancora presente. Ci interroga, ci accusa, ci chiede verità.

Siamo pronti ad ascoltarla?

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