9 maggio: Peppino ci ha insegnato che il potere si deride
di Mario Garofalo
C'è una forma di resistenza che spesso viene sottovalutata, marginalizzata, relegata ai margini della lotta politica tradizionale: è l'ironia, l'irriverenza, la capacità di spogliare il potere della sua presunta maestà, di mostrane la nudità, la piccolezza, la fragilità. Il 9 maggio, ogni anno, ci ricorda che questa forma di lotta può essere potentissima. E ce lo ha insegnato un ragazzo di Cinisi, un militante, un giornalista, un poeta della libertà: Peppino Impastato.
Il 9 maggio 1978, mentre l'Italia piangeva Aldo Moro, assassinato dalle Brigate Rosse, la mafia uccideva Peppino. Lo fece saltare in aria, lo fece a pezzi, come si fa con chi è scomodo, con chi rompe il silenzio. La mafia volle cancellarlo fisicamente, ma fallì: perché il corpo si può distruggere, ma le idee no. Perché Peppino aveva già fatto in tempo a dire ciò che andava detto, e con un linguaggio che la mafia non sapeva contrastare.
Radio Aut, le sue denunce, la satira tagliente contro "Don Tano Seduto", la sua capacità di ridicolizzare il boss Badalamenti e il sistema di potere mafioso, sono diventati strumenti di ribellione collettiva. Peppino ci ha mostrato che il dominio si affronta anche così: col sorriso amaro, con la battuta graffiante, con la voce che non trema. In questo, è stato molto più di un attivista: è stato un pedagogo della libertà.
La sua morte, avvolta all'inizio nel fango delle false verità, fu un tentativo di censura postuma. Ma le generazioni che sono venute dopo hanno imparato a distinguere il fumo dalla verità. Hanno capito che Peppino aveva capovolto le logiche del potere, aveva svelato il volto grottesco della mafia, e che quella voce doveva essere ascoltata, tramandata, continuata.
Oggi, nel 2025, Peppino non è un ricordo da commemorare con retorica. È un insegnamento da praticare. Nella lotta contro tutte le forme di dominio — che siano mafiose, fasciste, patriarcali, economiche — abbiamo bisogno anche di questo: di coraggio, sì, ma anche di intelligenza e di ironia. Di quella capacità di sgonfiare il potere come un pallone troppo gonfio. Di ridere in faccia all'arroganza, alla violenza, alla menzogna.
Peppino ci ha migliorato, tutti e tutte. La sua voce, spezzata dalla mafia, è diventata un coro che oggi si fa sentire ovunque si lotti per la giustizia. E a Cinisi, ogni 9 maggio, non piangiamo un caduto: celebriamo un combattente. Uno che ha vinto, e continua a vincere.
