A passeggio nei campi di grano sotto il cielo stellato. A Roma la mostra "evento" di Vincent Van Gogh

29.10.2022

A Palazzo Bonaparte, dall'8 ottobre 2022 al 26 marzo 2023

Alla vigilia dei 170 anni dalla sua nascita, dall'8 ottobre 2022 Palazzo Bonaparte ospita la grande e più attesa mostra dell'anno dedicata al genio di Vincent Van Gogh. Attraverso le sue opere più celebri - tra le quali il suo famosissimo Autoritratto (1887) - è raccontata la storia dell'artista più conosciuto al mondo.

Con il patrocinio della Regione Lazio, del Comune di Roma - Assessorato alla Cultura e dell'Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi, la mostra è prodotta da Arthemisia, realizzata in collaborazione con il Kröller Müller Museum di Otterlo ed è curata da Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti.

Nato in Olanda il 30 marzo 1853, Vincent Van Gogh fu un artista dalla sensibilità estrosa e dalla vita tormentata. Celeberrimi sono i suoi attacchi di follia, i lunghi ricoveri nell'ospedale psichiatrico di Saint Paul in Provenza, l'episodio dell'orecchio mozzato, così come l'epilogo della sua vita, che termina il 29 luglio 1890, a soli trentasette anni, con un suicidio: un colpo di pistola al petto nei campi di Auvers.

Nonostante una vita impregnata di tragedia, Van Gogh dipinge una serie sconvolgente di Capolavori, accompagnandoli da scritti sublimi (le famose "Lettere" al fratello Theo Van Gogh), inventando uno stile unico che lo ha reso il pittore più celebre della storia dell'arte.

La mostra di Roma, attraverso ben 50 opere provenienti dal prestigioso Museo Kröller Müller di Otterlo - che custodisce uno dei più grandi patrimoni delle opere di Van Gogh - e tante testimonianze biografiche, ne ricostruisce la vicenda umana e artistica, per celebrarne la grandezza universale.

Per questo, quando ci si reca a visitare una mostra di Van Gogh, in qualche modo si dà per assodato che si sta per entrare nel mondo di uno dei più grandi geni dell'umanità. Nulla di inatteso, dunque, perché Van Gogh è universalmente riconosciuto come il pittore più "famoso" e amato dal grande pubblico giovani e adulti, senza distinzione. Nulla di inatteso tranne il brivido di trovarsi - e magari per la prima volta - di fronte all'espressione viva di opere studiate e ammirate su internet per anni e magari postate sui Social.

Meno scontata è la dimensione culturale e il contributo scientifico delle cosiddette mostre "evento", e meno ancora il silenzio necessario perché quelle opere possano parlare. Il primo aspetto nella mostra allestita a Roma, è decisamente garantito... un po' meno il secondo...

Due piani del palazzo allestiti con cura, un accurato apparato didascalico del percorso espositivo, l'abbondanza di riferimenti letterari alla corrispondenza che l'artista intrattenne in particolare con il fratello Theo, connotano la mostra.

Un percorso espositivo dal filo conduttore cronologico e che fa riferimento ai periodi e ai luoghi dove il pittore visse: da quello olandese, al soggiorno parigino, a quello ad Arles, fino a St. Remy e Auvers-Sur-Oise, dove mise fine alla sua tormentata vita, accompagna per mano il visitatore alla scoperta del grande artista, senza per questo oscurarlo. Diventa una chiave di lettura privilegiata ma non l'unica. Quella che emerge nitida da questa esposizione infatti è l'incessante sperimentazione del pittore nel corso dei suoi viaggi. Vincent viaggia per tutta la vita e le sue tappe rappresentano altrettante evoluzioni nel segno e nel colore che lo porteranno al suo stile cromatico vibrante e inconfondibile.

Oltre all'immancabile contributo di filmati, una sala (interattiva) è dedicata anche alle sue famose "Notti Stellate". Mentre una musica di sottofondo malinconica (purtroppo talvolta sopraffatta dal vociare dei visitatori che quasi ne annullano la magia) immerge il visitatore nei viaggi dell'uomo che sono sempre funzionali a quelli dell'artista e che portano, come in un crescendo di sala in sala, verso gli esiti sconvolgenti che tutti conosciamo.

Cosa sono io agli occhi della gran parte della gente? Una nullità, un uomo eccentrico o sgradevole - qualcuno che non ha posizione sociale né potrà averne mai una; in breve, l'infimo degli infimi. Ebbene, anche se ciò fosse vero, vorrei sempre che le mie opere mostrassero cosa c'è nel cuore di questo eccentrico, di questo nessuno»

Dall'appassionato rapporto con gli scuri paesaggi della giovinezza allo studio sacrale del lavoro della terra scaturiscono figure che agiscono in una severa quotidianità come il seminatore, i raccoglitori di patate, i tessitori, i boscaioli, le donne intente a mansioni domestiche o affaticate a trasportare sacchi di carbone o a scavare il terreno; atteggiamenti di goffa dolcezza, espressività dei volti, la fatica intesa come ineluttabile destino.

Tutte queste sono espressione della grandezza e dell'intenso rapporto con la verità del mondo di Van Gogh.

Particolare enfasi è data al periodo del soggiorno parigino in cui Van Gogh si dedica a un'accurata ricerca del colore sulla scia impressionista e a una nuova libertà nella scelta dei soggetti, con la conquista di un linguaggio più immediato e cromaticamente vibrante.

Si rafforza anche il suo interesse per la fisionomia umana, determinante anche nella realizzazione di una numerosa serie di autoritratti, volontà di lasciare una traccia di sé e la convinzione di aver acquisito nell'esperienza tecnica una fecondità ben maggiore rispetto al passato.

È di questo periodo l'Autoritratto a fondo azzurro con tocchi verdi del 1887, presente in mostra, dove l'immagine dell'artista si staglia di tre quarti, lo sguardo penetrante rivolto allo spettatore mostra un'insolita fierezza, non sempre evidente nelle complesse corde dell'arte di Van Gogh. I rapidi colpi di pennello, i tratti di colore steso l'uno accanto all'altro danno notizia della capacità di penetrare attraverso l'immagine un'idea di sé tumultuosa, di una sgomentante complessità.

L'immersione nella luce e nel calore del sud, a partire dal 1887, genera aperture ancora maggiori verso eccessi cromatici e il cromatismo e la forza del tratto si riflettono nella resa della natura. Ecco quindi che torna l'immagine de Il Seminatore realizzato ad Arles nel giugno 1888, con la quale Van Gogh avverte che si può giungere a una tale sfera espressiva solo attraverso un uso metafisico del colore. 

E così Il giardino dell'ospedale a Saint-Rémy (1889) assume l'aspetto di un intricato tumulto, mentre lo scoscendimento di un Burrone (1889) sembra inghiottire ogni speranza e la rappresentazione di un Vecchio disperato (1890) - che conclude la mostra - diviene immagine di una disperazione fatale.

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