A Venezia di scena War, impotenza dei popoli

19.01.2024

riflessioni di Gaetano Salerno

Agli albori di quella che sarebbe divenuta la principale avanguardia storica italiana del Novecento e agli albori di quella che sarebbe divenuta la prima - anche se non l'unica - tragedia umana del Novecento, la guerra appare agli occhi e nelle menti di una considerevole parte di società di inizio secolo, l' "unica igiene del mondo". Da quel momento e ben oltre il "secolo breve", arte e guerra hanno intrapreso, nello sviluppo degli eventi scanditi dalla cronologia storica dei molti conflitti internazionali dei quali l'umanità è stata responsabile e testimone, percorsi paralleli che spesso si sono intersecati, fino a sovrapporsi e coincidere in molti episodi, anche attuali. Agli artisti è spesso stato affidato l'incarico di sottolineare e amplificare gli eventi storici, utilizzando la propria espressività talvolta per promuovere e talvolta per denunciare le guerre, definendo una complessa e articolata letteratura che ha talvolta evidenziato i suoi orrori e disastri (la forma inerte di un incespo nel processo di umanizzazione) e talvolta enfatizzato la sua spinta propulsiva alla conquista di nuovi scenari futuri (la definizione di nuove alleanze geopolitiche, di nuove strategie commerciali, di nuove forme di dominio).La guerra e l'arte, superate le posizioni di trincea del Grande Conflitto, hanno sempre più penetrato sistemi estranei (almeno superficialmente) alla sfera bellica e militare, inverandosi così in nuovi meandri della comunicazione, fino ad alimentare, potenziate dal nuovo ruolo mediatico assunto con sempre maggior efficacia e consapevolezza, nuovi luoghi dello sviluppo tecnologico ed economico. L'angoscia e il disgusto che i morti di tutte le guerre avrebbero dovuto creare nella coscienza condivisa della popolazione dell'ultimo secolo, ha invece originato, anche attraverso una strategia occultamente manipolata dei linguaggi iconici, nuove forme di distrazione di massa e nuove visioni alimentate da flussi ininterrotti di immagini, di materiali video, di elementi grafici altamente dissonanti ma altamente assuefacenti. Arte e guerra sono state così spesso accostate, dalla propaganda mass mediatica, in un binomio indissolubile che ha introdotto però un evidente paradosso concettuale, un ossimoro sistemico, laddove la prima definisce linee progettuali costruttive e la seconda linee progettuali distruttive

Il paradosso ha generato antinomie, talvolta lasciato intuire distopie mai divenute reali ma esistite sotto forma di potenziali realtà esplorabili, spesso lasciato emergere dubbi sulla relazione complessa tra costruzione e distruzione, come se anche l'arte nelle forme estreme assunte tra prime e seconde avanguardie del Novecento ambisse alla distruzione (dei linguaggi, dei sistemi dapprima artistici e poi sociali) e le guerre, invece, a salvifiche quanto necessarie forme di ricostruzione e di riparazione alle ingiustizie storiche e sociali.

Invertendo così il valore di concetti morali, arte e guerra hanno continuato a dialogare e a specchiarsi spesso l'una nell'altra; come nel progetto espositivo curato da Adolfina de Stefani, per condurre a una riflessione critica sulle modalità con le quali la contemporaneità percepisce e affronta questo binomio, qui svincolato da seconde letture politiche e scevro da giudizi morali.

Prima e seconda guerra mondiale, guerra fredda, recenti conflitti hanno continuato a intravedere nella comunicazione e nell'espressione artistica formidabili manifesti ideologici attraverso i quali orientare e condizionare le opinioni pubbliche, promuovere e celebrare ideali, demolire e depotenziare miti e posizioni nemiche.

Arte di denuncia, arte di regime, arte degenerata: sempre le guerre hanno avviato lo sviluppo del linguaggio artistico nel periodo recente, anche e soprattutto nella lettura delle conseguenze sociali e culturali indotte dai conflitti e dalle loro ricadute nella società massificata, consumistica, globalizzata, informatizzata.

Se la guerra distrugge e l'arte crea, nell'attimo in cui il paradosso ne ridiscute le rispettive valenze, l'arte e la guerra aggrediscono in egual misura le opinioni, le dividono, fomentano discussioni, esprimono l'assenza o il dissenso, apparendo così, in una realtà debordiana, l'una il riflesso dell'altra e, nel riflesso, sovrappongono verità e falsità per generare cortocircuiti psichici e nuovi spunti di riflessione.

Come in questa mostra in cui ciascun artista invitato riflette sul tema della guerra e ci offre uno spaccato di un'opinione pubblica non mainstream ma onesta e diretta come solo l'arte, libera da servilismi ideologici e da totalitarismi mediatici, sa essere, per divenire, oltre la forma e i formalismi, denuncia di ciascuna espressione di violenza.

Durante il vernissage verrà presentata la performance NARRAZIONE E CONTRO NARRAZIONE ideata da Adolfina de Stefani con la partecipazione di Moira Lena Tassi e Antonello Mantovani

WAR/GUERRA - impotenza dei popoli - Galleria VISIONI ALTRE Campo del Ghetto Novo 2918 - 30121 VENEZIA

20 gennaio – 18 febbraio 2024, inaugurazione sabato 20 gennaio ore17.00

Performance : NARRAZIONE e CONTRO-NARRAZIONE

apertura e orari: da mercoledì a domenica 11- 18

progetto a cura di Adolfina de Stefani - Testo e presentazione critica a cura di Gaetano Salerno

©Produzione riservata

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