Afragola. Ancora una. Ancora troppe. La morte che grida silenzio
di Paolo Scarabeo
Afragola, periferia del cuore e dell'anima. Ancora una. Ancora troppe.
Una ragazzina di 14 anni, Martina Carbonaro, colpita a bastonate fino alla morte. Uccisa da chi diceva di amarla. Uccisa da un ragazzo poco più grande, l'ex fidanzato. Ex cosa? Ex speranza, forse. Ex infanzia. Ex umanità.
Le parole sembrano diventate sabbia. Le urla, eco in una valle dove la giustizia arriva sempre tardi, e la prevenzione mai.
La cronaca ci presenta l'orrore come se fosse un bollettino meteo. "Oggi una vittima, domani pioggia." Ma non piove, non più. È tempesta dentro ognuno di noi. E no, non basta più indignarsi. Non basta più affollare i social con frasi di circostanza, né aspettare la conferenza stampa del ministro di turno. Non basta più dire "mai più". Mai più cosa? Mai più finché?
Non servono solo pene più severe, anche se giustizia (quella certa!) va fatta. Non serve buttare miliardi per costruire ponti, né per comprare armi e, ancora meno, per costruire Lager travestiti da centri per il rimpatrio. Serve un'altra cosa. Serve tornare all'essenza.
Serve la scuola. Serve l'educazione affettiva, quella che spiega che l'amore non è possesso, che il rifiuto non è un'offesa da lavare col sangue. Serve un nuovo umanesimo, ma non quello delle tavole rotonde e dei convegni dal titolo altisonante. Serve un umanesimo da zaino in spalla, da aula di terza media, da palestra di quartiere.
Serve lo sguardo di un adulto che intercetta il disagio. Serve il coraggio di educare alla fragilità, alla differenza, al "no" che salva. Serve la bellezza, la gentilezza, la lentezza. Quelle cose che oggi sembrano non avere cittadinanza nella mente dei quindicenni.
Perché la violenza non nasce nel momento del delitto. Nasce prima, nei silenzi, nelle urla non ascoltate, nei padri assenti, nei miti sbagliati, nei video che insegnano solo dominio, nelle canzoni che sporcano i sentimenti, che inneggiano alla violenza e degradano il sesso.
E allora sì, bisogna cambiare tutto. Ma proprio tutto.
Afragola è ovunque, purtroppo. È il paese che si specchia e non si riconosce. È la sconfitta di un modello educativo che non educa più. Ed è lì che dobbiamo andare. Nel fango. Nella realtà. Nella vita quotidiana dove le parole possono ancora valere più delle botte, se solo ce le ricordassimo.
Per questa ragazza non c'è più tempo. Ma per le altre sì.
E allora che si faccia silenzio. Non per dimenticare, ma per ascoltare. Ascoltare le ragazze che hanno paura. I ragazzi che non capiscono. Le madri stanche, i padri muti, gli insegnanti soli.
Solo allora, forse, smetteremo di dire "ancora una". Solo allora, forse, saremo umani davvero.

