Ai preti della Shoah, dimenticati!

27.01.2023

Nella giornata di oggi, accendere la TV, leggere i giornali, entrare sui Social significa essere avvolti da riflessioni e servizi e post e immagini che riguardano il Giorno della Memoria, il giorno della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, avvenuta il 27 gennaio 1945, a opera delle truppe sovietiche dell'Armata Rossa. Anche il nostro Giornale e i nostri canali Social hanno riservato al tema un ampio spazio e non poteva che essere così, tale e tanta è l'importanza di questa memoria, della Memoria di un avvenimento che non è paragonabile a nessun altro, la Shoah! Lo sterminio sistematico di un popolo!

Ho appena guardato la bella copertina che il Tg5 ha dedicato alla Memoria, e anche lì, come in tutti gli altri servizi si ricordano gli ebrei, i rom, i sinti, gli omosessuali, i testimoni di Geova. Tutti, ma proprio tutti hanno "dimenticato" i preti. 

Noi no, noi non vogliamo dimenticarli!

Nella sua lucida e diabolica follia Adolf Hitler non voleva solo lo sterminio degli ebrei, degli omosessuali, degli zingari, dei malati di mente. Voleva la distruzione di quanti si opponevano e combattevano il nazifascismo. Voleva distruggere la Chiesa cattolica, invadere il Vaticano, sequestrare e deportare Pio XII, uccidere cardinali, vescovi e preti. Nei campi di sterminio, ai ministri di culto, specie cattolici, si riservano le più raffinate umiliazioni con sadismo tutto nazista. A Dachau, a un prete cattolico tedesco, un aguzzino delle SS mise la corona del rosario sulla testa, con la croce pendente sulla fronte e, a pugni e calci, gli fece girare il campo urlando: «È arrivato final­mente il primo maiale di prete. Poi arriverà anche il gran prete di Roma e allora la truffa cattolica finirà una volta per tutte».

Centinaia i sacerdoti cattolici uccisi dai nazisti, dai fascisti o dai loro alleati in Europa: in Germania 164 preti diocesani e 60 religiosi tedeschi; nella Francia del regime-fantoccio di Vichy del maresciallo Philippe Pétain. In Polonia una vera «mattanza» di preti: 3 mila, di cui 1.992 nei campi di concentramento e 787 a Dachau. In Germania il giovane gesuita Alfred Delp è ucciso perché accusato di complicità nel fallito attentato contro Hitler. Padre Tito Brandsma, carmelitano olandese, beato dal 1985, è deportato e ucciso a Dachau per la sua opposizione al nazismo e per la sua strenua difesa della libertà religiosa. Il francescano polacco Massimilano Kolbe, santo dal 1982, è martire della fede e della carità. In Italia molti preti sono uccisi perché si oppongono all'infame regime fascista, cercano di proteggere il popolo, nascondono e salvano ebrei, avversari politici, aviatori inglesi e americani.

Quello di Dachau, a 16 km a nord-ovest di Monaco di Baviera, è il primo campo di concentramento, aperto appena un mese dopo la presa del potere di Hitler il 30 gennaio 1933. È un modello per tutti i lager, scuola di omicidio delle SS, «terrore senza pietà». Vi transitano attraverso la «porta dell'inferno» - sormontata da una grata in ferro battuto con la scritta «Arbeit mach frei. Il lavoro rende liberi» - 200 mila prigionieri: 41.500 vi muoiono e di loro non rimane neppure un mucchietto di cenere.

Nel «Blocco dei sacerdoti, il 26» dei 2.720 ministri di culto - di cui 2.579 sacerdoti cattolici - 1.034 muoiono, tra cui 868 polacchi. Il beato Michal Kozal, vescovo polacco, malato di tifo ucciso il 26 gennaio 1943 con un'iniezione letale: il suo corpo è incenerito nel forno crematorio; il beato Stefan Wincenty Frelichowski; il beato Stefan Grelewski, morto di fame; il beato Alojs Andritzki, ucciso con un'iniezione il 3 febbraio 1943; il beato Georg Häfner, morto di stenti; il beato Gerhard Hirschfelder, morto di fame e malattia; il beato Marian Konopinski. Il gesuita polacco Adam Kozlowiecki, poi missionario e cardinale, resiste dal gennaio 1940 alla liberazione il 29 aprile 1945. Singolare la storia del beato Karl Leisner: liberato il 4 maggio 1945, muore il 12 agosto di tubercolosi. Diacono, è ordinato sacerdote in gran segreto da Gabriel Piguet, vescovo di Clermont-Ferrand.

Il libro «Religiosi nei lager. Dachau e l'esperienza italiana», a cura di Federico Cereja, raccoglie gli atti del convegno internazionale celebrato a Torino il 14 febbraio 1997. Da Dachau passano 2.796 preti: 1.808 polacchi, 333 tedeschi, 169 francesi, 159 cecoslovacchi, 101 austriaci, 64 olandesi, 46 belgi, 43 lituani, 29 italiani, 17 jugoslavi, e poi Lussemburgo, Romania, Grecia, Inghilterra, Norvegia, Albania, Svizzera, Spagna, Ungheria, Danimarca. In tutto i sacerdoti e i religiosi italiani nei lager sono stati 212.

Migliaia di uomini, di preti, dei quali oggi nessuno sembra essersi ricordato. Morti spesso per aver scambiato la propria vita con quella di prigionieri padri... spesso per aver nascosto ebrei e salvato vite, per lo più a causa dell'odio dei nazisti! A voi, martiri della carità, il nostro ricordo, umile ma vero!

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