"Amoris Laetitia". Una necessaria premessa

23.03.2021

di Egidio Cappello

Per leggere l'Esortazione apostolica "Amoris Laetitia", pubblicata da Papa Francesco il 19 marzo 2016, occorre munirsi di uno strumento di lettura del testo, idoneo a cogliere l'unitarietà delle argomentazioni, comprensiva delle motivazioni, delle articolazioni e delle finalità che il Santo Padre ha inteso lasciare al suo scritto. Il tema della Esortazione è l'amore nella vita coniugale. Papa Francesco ha un'ottica nuova da proporre, utilizzabile per la lettura di ogni aspetto della vita e della storia umana. Si tratta dell'ottica della inclusione.

L'inclusione non è un principio logico, scaturito dalla coniugazione di esperienze e di eventi della storia, né un principio etico legittimato dagli effetti benefici nella vita relazionale, ma un principio di verità in quanto l'inclusione è la legge che domina le attività della ragione umana, i pensieri, i sentimenti, i propositi e le attese di ciascuno. L'ottica inclusiva è la tendenza alla unità che è propria della ragione umana. La ragione che guarda se stessa si trova immersa in un mondo che si muove non nel caos ma nell'ordine, un mondo che si costruisce nel tempo, un mondo che, realizzando unità, realizza e consegue la propria perfezione.

In questo mondo Papa Francesco colloca l'uomo e in questo mondo inquadra il tema dell'amore coniugale. In passato il tema è stato, per la stessa dottrina cristiana, un capitolo dalle mille difficoltà in quanto la tendenza all'unità escludeva la dimensione della concretezza per cui l'amore coniugale, per i suoi caratteri fisici, rimaneva come estraneo alla vita del cristiano. Per la fisicità che esso include, l'amore coniugale infatti era relegato in zone infime della vita umana e necessariamente era collocato lontano da Dio. L'ottica della inclusione, proposta da Papa Francesco, impone il rifiuto di ogni segregazione e di ogni separazione.

L'Esortazione diventa una lectio magistralis sulla incarnazione di Dio, incarnazione che raggiunge e sconvolge la vita umana e in particolare la vita familiare. C'è in Papa Francesco la ferma determinazione a spiegare il senso e i luoghi dell'incontro tra la divinità e l'umanità, e lo fa tenendo i piedi per terra, guardando il mondo delle famiglie e non escludendone alcuna. Grande attenzione egli presta alle famiglie con problemi di riduzione e di affaticamento del proprio potenziale di amore e cerca di capire, di discernere, di valutare, di consolare, di formare, senza alcun preconcetto e senza congetture umane. È così rispettoso della libertà e del discernimento di ogni uomo da sottolineare che vanno accolte e cercate tutte le risorse positive della interiorità di ogni uomo, anche se palesemente nel peccato.

Sulle famiglie con sofferenze particolari, il Papa non fa discorsi specifici. Queste famiglie non costituiscono un settore recintato e limitato della società o una zona periferica della vita umana. La logica della inclusione impone la visione unitaria di tutte le famiglie: tutte sono in cammino verso la propria perfezione, che è unica in quanto stabilita da Dio. La condizione in cui momentaneamente versano, non è un limite alla crescita o alla conversione. Non c'è scomunica per nessuno. Il Padre prodigo di bene accoglie con giubilo il figlio che ha abbandonato la propria casa e l'evangelista ridicolizza il fratello maggiore. È questa una delle argomentazioni più rivoluzionarie di Papa Francesco: l'unità delle famiglie umane non è un flatus vocis, ma un nuovo percorso interpretativo della vita e della storia umana.

Non c'è alcuna istanza manichea a dividere il mondo e in modo particolare le famiglie. Relativamente alle famiglie che vivono situazioni particolari, il Papa sottolinea ancora l'obbligo di interventi risolutivi da parte delle Istituzioni, manchevoli nell'accompagnamento delle stesse in modo particolare nel compito dell'educazione e della formazione dei figli. Non manca il monito alla stessa Chiesa che ha il dovere di soccorrere, consolare e aiutare concretamente tutte le famiglie, in modo particolare quelle che vivono con sofferenza la situazione del momento. Basta coi giudizi di esclusione e di negazione, basta con atteggiamenti di indifferenza e di diniego: queste cose sono il frutto della parte diabolica che è in ciascuno di noi. Occorre fare di più e meglio, non in teoria, non lanciando anatemi come pietre, ma cercando risorse e su queste, anche minime, costruire i migliori percorsi possibili.

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