Anche Vera Mocella con il suo “In quest’immagine avrò vissuto”, alla Festa del libro di S. Andrea di Conza
di Manuela Fenizio
Sarà presente anche la poetessa irpina Vera Mocella con il suo ultimo testo "In quest'immagine avrò vissuto" (Rp Edizioni 2024), alla Festa del libro di S. Andrea di Conza, kermesse culturale di ampio respiro che anche quest'anno, nel pomeriggio del 22 agosto, ospiterà nomi prestigiosi quali Sigfrido Ranucci, Totò Cascio e Marilena Piu, Francesco Piccolo, Luca Steinmann. Nell'ambito della rassegna culturale, avrà luogo un piccolo salotto letterario, che vedrà protagonisti, oltre la scrittrice irpina Mocella, Giulia Di Cairano, Alessio Mazzolotti, Rocco Faraone, ed il laboratorio di fumetti con Enzo Troiano e Riccardo Innocenti. La formula, ormai collaudata, è quella di ospitare più voci di autori, che dovranno parlare del proprio testo, nello spazio contingentato di un quarto d'ora. Una formula agile che consente, nello stesso tempo, di far addentrare il pubblico nella trama e nel significato del libro, senza annoiarlo o cadere nella pedanteria. In quest'incontro con la poetessa irpina, cerchiamo di comprendere meglio il significato di "IN quest'immagine avrò vissuto".
Che ne pensa della vetrina culturale che ospiterà il suo libro?
«Sono felice di far parte, quest'anno, della rosa dei partecipanti al salotto letterario. In realtà, sarei dovuta essere qui già lo scorso anno, con il libro appena fresco di stampa, a S. Andrea di Conza. Purtroppo, la scomparsa di mio padre, avvenuta proprio lo scorso agosto, non mi ha permesso di essere presente, in un contesto anche più ampio ed articolato. Dedico, questa mia partecipazione alla Festa del Libro di quest'anno, anche a mio padre, che mi ha inculcato l'amore per questa terra, che nasconde segreti ancora inesplorati. Sono legata molto a questa rassegna culturale, avendo scritto spesso delle manifestazioni teatrali e culturali di S. Andrea, da un punto di vista prettamente giornalistico, e soprattutto nel vedere concretizzato il sogno che la stessa Irpinia, con i suoi paesaggi ed i suoi cieli, possa essere una vetrina o meglio, già un palcoscenico naturale, per ogni manifestazione culturale ed artistica».
Come nasce il titolo suggestivo del libro?
«Il titolo "In questa immagine avrò vissuto", che ho mutuato dal film "IL cielo sopra Berlino" di Wim Wenders, che ritengo un film potente per la sua profondità, per la sua storia e le sue immagini, è abbastanza esplicativo dell'intento che mi sono prefissa. In quale immagine viviamo realmente? Quale immagine celano i nostri occhi? Quante vite ci hanno attraversato? Quante vite abbiamo vissuto? Questo, forse, è uno dei segreti che si cela nel libro, a cui non può rispondere neppure l'autore, a cui non posso rispondere neppure io. E' un interrogativo arcano, che sfugge anch'esso alla nostra comprensione, può solo attraversarci come un bagliore improvviso, come un'illuminazione, come un sogno. Naturalmente, è un omaggio ad un film poetico e rivoluzionario nello stesso tempo».
Come nasce il libro?
«Posso affermare che il libro è nato obbedendo ad una sua legge segreta, ha deciso da sé quale forma assumere. Per certi aspetti, potrei dire che è un libro infinito, nel senso che avrebbe anche potuto non terminare mai, perché avrei potuto aggiungere, per come è strutturato il libro stesso, puntualmente altri tasselli, ulteriori frammenti. Così, ha preso vita quasi per caso, anni fa, con le parole che premevano, avevano urgenza di diventare vita, di non rimanere sepolte nell'anima. E' una flusso di pensieri che accompagna il lettore dall'inizio sino al termine del libretto. Di sicuro, posso dire che ha scritto bene Claudia Iandolo, che ha penetrato a fondo il mio pensiero, questo testo è innanzitutto un dialogo, una confessione. E' quello che più mi rispecchia, privo di veli. Eppure, non sempre è stato di facile comprensione, di facile lettura. E' un testo che segue un suo ritmo segreto, una sua vita nascosta, solo percependo il battito stesso del suo cuore, si riesce a seguirlo, a comprenderlo. Altrimenti, apparirà sempre, inevitabilmente, frammentato, incompleto, non organico. Scrivo: « Fluttua, fluttua leggera l'anima al di là dei nostri confini, praterie infinite, distese infinite ed eterne ci attendono. Là dove non sapevi, cresce ancora l'erba, là dove non sapevi, sorgono ancora, come ieri, i nostri desideri. L'anima vuole solo essere se stessa, l'anima vuole solo ritornare bambina. Invano vi accanite contro di lei per prenderla, per prevaricarla, per ucciderla. E' già volata via, adesso come ieri. Via dalle vostre catene, lontano dalle vostre prigioni. Chi amaste un tempo amando lei? E davvero, poi, davvero l'avete amata? ».
Nella prefazione bellissima di Claudia Iandolo c'è anche il riferimento ad un filone mistico, si ritrova in questa definizione?
Perfettamente. Riporto integralmente le parole di Claudia Iandolo, che mi ha voluto onorare con la sua prefazione, che è un piccolo gioiello: «Le mistiche non hanno ritegno, pensano a Dio come un amante, lo sentono nel corpo, ne fanno una questione di baci e di ansimi, e nel frattempo realizzano appieno lo sconcerto ed il turbamento della Comunione con l'Altro. Separazione e mancanza non sono che apparenze che si perdono nella finzione del tempo, giacché ogni tempo non può essere l'hic et nunc in cui l'Amore rivela se stesso. Per sempre. In eterno. L'Amore esige che gli amanti si denudino, che dichiarino apertamente sentimenti ed intenzioni. Esige, come nell'opera di Porete, Lospecchio delle anime semplici, che si oltrepassi l'amore fino all'annullamento di sé e allo schianto». Mi ha emozionato molto il riferimento che Claudia fa, ad Angela di Foligno e a Margherita Porete. in questo mio piccolo libro, amore umano ed amore divino si confondono, trascolorano l'uno nell'altro».
Per concludere, visto che l'Amore domina nel libro, ci può leggere qualche stralcio tratto da "In quest'immagine avrò vissuto"?
«Dove le vostre torture? Dove i vostri sortilegi? Davvero pensavate che bastassero i vostri tranelli sottili ad ucciderlo? Non sapevate, forse, che anche l'amore che si uccide, eternamente risorge? Non ve l'aveva insegnato quell'uomo di Nazareth crocefisso alla croce, che illuminò le tenebre, che le spezzò con il suo sguardo, e con la potenza del suo respiro? Non lo sapevate? Non si cancella, non si uccide l'amore, l'amore è una spada dura, l'amore è una ferita profonda, l'amore è una pietra aguzza, l'amore è un chiodo conficcato nello spirito, l'amore è l'eterna canzone e l'eterna poesia dei martiri. L'amore è l'eterna nostalgia degli angeli, più potente della morte, più invincibile e crudele del dolore, più potente del più amaro veleno, più dolce della più dolce delle pene. Dove è adesso la vostra vittoria? Dove è adesso il vostro vanto? "O morte, dove è adesso il tuo pungiglione?"*, dove è adesso la tua crudele ferita?».
