Ancora morti di lavoro. Forse non basta una mobilitazione.
I sindacati continuano ad annunciare manifestazioni di protesta, stati di agitazione, scioperi. Ma forse è tempo di studiare forme diverse. La sicurezza sul lavoro continua ad essere lontano dall'essere una realtà. Sembra non volersi arrestare infatti la scia di morti di lavoro che continua ad insanguinare questi primi mesi del 2021.
Solo nei primi tre mesi, infatti, sono oltre 185 le denunce di infortunio mortale registrate dall'INAIL.
All'inizio di questa settimana la morte di Luana D'Orazio, la ventiduenne rimasta intrappolata e morta nel macchinario dell'orditoio su cui stava lavorando, ha scosso non poco l'opinione pubblica. E da qual momento una scia inarrestabile di morti ha riempito le pagine dei quotidiani.
Oggi è stata una giornata terribile.
Due persone sono rimaste uccise a Gubbio nell'esplosione di una laboratorio.
Aveva, invece, 49 anni Maurizio Gritti, rimasto schiacciato, nella Bassa Bergamasca, sotto un blocco di calcestruzzo di 600 kg.
E ne aveva 55 l'operaio volato da una impalcatura a Campomarino, nel Molise, e morto dopo un volo di oltre 30 metri, mentre lavorava in un cantiere al consolidamento di un pilone di un viadotto della A24.
Una scia che sembra non avere fine e che interroga seriamente sul tema della sicurezza sul lavoro. Un tema che va affrontato in maniera seria, a 360 gradi, perché è una componente determinante del lavoro stesso, della sua organizzazione, delle sue regole.
Una scia che chiede che tutti gli strumenti legislativi e ispettivi vengano potenziati, prima, e rispettati da tutti, poi. Il lavoro è lo strumento per la realizzazione delle proprie ambizioni, dei propri sogni e dei propri progetti di vita e come tale, anche in un momento di così invasiva crisi economica deve poter essere svolto in totale dignità e sicurezza. Senza che nessuno si senta in potere o in diritto di violarne la sacralità.
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