Antonio Corbo. Segni, colori e forme nel nuovo millennio

25.05.2022

di Silvia Valente

La grande mostra antologica dedicata agli esiti più recenti della ricerca artistica di Antonio Corbo intende essere, a quasi sessant'anni dall'avvio della sua carriera, non solo un momento importante per osservare da vicino l'evoluzione di un lin­guaggio espressivo - la cui maturazione rappresenta un tratto distintivo, meritevole di analisi e riflessione - ma, ancor più, il tentativo di offrire al pubblico l'occasione di partecipare ad un dialogo onesto, consapevole e motivato che sappia tradursi nella co-costruzione sincera di relazioni. Il tempo gioca un ruolo importante nel progetto curatoriale, facilmente desumibile dalla scelta di praticare una selezione delle opere tenendo presente una periodizzazione ben precisa: Segni, colori e forme nel nuovo millennio raccoglie in modo ragionato la produzione artistica di Antonio Corbo degli ultimi ven­t'anni, uno spettro temporale sufficientemente ampio entro il quale individuare percorsi ben definiti sul piano della ricerca artistica, tanto a livello stilistico quanto concettuale.

In questi anni, il Maestro campobassano ha maturato nuove e importanti esperienze in campo espositivo, sia a livello na­zionale che internazionale, ricevendo premi e riconoscimenti di indiscutibile prestigio. Un passaggio importante, quello appena evidenziato, che suggerisce un'interpretazione ben lontana dalla mera pratica celebrativa, ponendo l'accento sulla qualità di una parafrasi artistica largamente condivisa, allo scopo di individuarne principi e cause comuni. La mostra si presenta come una ricostruzione di tali progressi, nel perimetro di un percorso particolarmente florido e fecondo, sotto il profilo della ricerca personale ma anche relativamente agli sviluppi pittorici maturati dal confronto diretto con altre per­sonalità del mondo artistico internazionale. L'idea, in buona sostanza, è quella di trasferire agli spettatori l'assoluta mo­dernità del linguaggio pittorico di Antonio Corbo, un codice universalmente condiviso che allinea l'artista molisano alle più diverse pratiche internazionali.

Tecnicamente ineccepibile, innovativa nell'utilizzo dei materiali (in primis, smalti e inchiostri) la pittura di Antonio Corbo si caratterizza per il forte impatto scenico e l'assoluta eleganza compositiva, qualità riconosciute non solo dalla critica inter­nazionale, ma anche dalle tante tipologie di pubblico incrociate in questi lunghi anni di carriera. I codici espressivi ado­perati, l'elegante sovrapposizione materica e la fluida diversificazione delle forme rappresentano un tratto distintivo della sua poetica che, con estrema grazia, raggiunge lo spettatore, avvolgendolo in un nembo caldo e rassicurante. Immagini vagamente note alla memoria, rievocate con la leggerezza di un racconto famigliare che nella sua copiosa condivisione trova ragione di apprezzamento.

Sono queste alcune delle ragioni che hanno consentito al Maestro campobassano di entrare a far parte di una nuova avan­guardia artistica teorizzata nel primo decennio del Duemila dal critico d'arte e curatore, Daniele Radini Tedeschi: l'Estetica Paradisiaca. 

Come affermato dal suo stesso ideatore, il movimento "esprime la volontà di attuare una forma di Paradiso sulla terra, ponendo alla base della teoria una piccola utopia artistica. L'amore verso lo spettatore, la dolcezza esecutiva, la ca­pacità di ovattare il pubblico grazie alla fratellanza e al sentire comune sono tutte prerogative di questa visione utopica".

L'opera Silenzio siderale (2017), selezionata per la 57^ Biennale di Venezia e presentata al Padiglione Guatemala, presso il Palazzo Albrizzi Capello, offre dimostrazione tangibile della coerenza stilistica e concettuale che giustifica l'aderenza di An­tonio Corbo all'Estetica Paradisiaca: il chiarore tonale, la sinuosità delle forme, la padronanza nell'utilizzo della luce giocano un ruolo decisivo nel conferire qualità alle superfici, attraverso riflessi vibranti modulati dalla lucidità dello smalto. La tela nuda - espediente spesso adoperato e mai abusato da Corbo - accentua l'enfasi dell'ampiezza chiaroscurale, sublimando quella "elevazione spirituale" che l'Estetica Paradisiaca sembra voler perseguire. Un canovaccio ricalcato con convinzione in molti lavori, come I colori dell'alba (2012), opera volata alla Biblioteca Nazionale di Shanghai per la V Edizione del Present Art Festival; qui Corbo cavalca uno dei pilastri della teorizzazione paradisiaca che nei "potenti fasci di luce tendenti alla su­blimazione" definisce la sua ragion d'essere. Un registro che il Maestro impiega con padronanza da decenni e che nell'Este­tica Paradisiaca sembra aver trovato una sua naturale collocazione. Sulla medesima scia, muovono altri oli come Volo (2008), Prime luci (2014) o, ancora, l'elegantissima china a tinte Fiocchi di neve (2000). Le ampie campiture lasciano il posto a piccoli frammenti geometrici, la cui apparente rigidità sequenziale è sapientemente controllata dalle delicate sfumature dell'inchio­stro. Materiali diversi e un unico, coerente risultato: restituire allo spettatore la morbidezza di una sensazione, il sapore d'un luogo, l'incanto di un eterno presente. Un'idea che non si esaurisce nelle "semplici" evocazioni astratte ma, sorprendente­mente, trova ampio margine d'espressione finanche nelle opere più squisitamente figurative; Betulle (2019) è la summa di un'attitudine artistica, la sintesi d'un processo ampiamente sviscerato che, nell'immediatezza dell'acrilico, restituisce la fie­rezza e l'autorità dell'esperienza. La potenza immersiva di quest'opera non lascia ampio margine declamatorio: una nuda boscaglia è, per l'artista, quanto di più vicino al Paradiso esista in terra. Un'opera, Betulle, particolarmente apprezzata dalla critica internazionale, esposta all'International Studio of Art and Galleries di Dubai in occasione dell'Expo 2020.

È nell'incontro tra materia e spirito che giace il seme di questo racconto, un luogo immaginifico in cui ricercare l'identità iconica e linguistica di Antonio Corbo; l'impercettibile prende forma nella serie dedicata alla Primordialità, tema partico­larmente sentito e indagato dall'artista. Risalire alle origini della vita, ricercare la bellezza nelle piccole cose, sorprendersi della maestosità del Creato e dei suoi archetipi sono gli assi portanti di questa ricerca, che nell'epilogo di una pratica di elevazione estetica trovano coerenza d'intenti. Nucleo (2009) è una delle opere più significative di questo circuito creativo, un lavoro di straordinaria ricercatezza formale, inappuntabile sotto il profilo tecnico specie nel controllo degli equilibri, tanto nelle forme quanto degli elementi decorativi. Armonie che si ripetono con altrettanta efficacia in Primordi (2009), Grandi frutti (2009) e Scheletro (2010), opere accomunate dal desiderio palpabile di trasferire all'osservatore l'essenzialità di un racconto che, con gli anni, si arricchirà di nuove interpretazioni. Come nel caso di Contaminazioni 1, uno smalto del 2014 con il quale Corbo si è mostrato al pubblico londinese della Royal Opera Arcade Gallery; ricalcando l'impianto com­positivo di Nucleo, l'artista conserva la sostanzialità simbolica della rappresentazione, sfruttando le qualità naturali dello smalto per la resa degli effetti di luce. Espediente tecnico ma soprattutto concettuale "se è vero, come è stato detto, che il colore è forse la migliore rappresentazione delle emozioni umane". (G. Spallone, A proposito di Percorsi Paralleli, in An­tonio Corbo. Percorsi Paralleli, Palladino Editore, 2011; p. 8).

Materia pittorica e materia terrestre, l'altro importante filone d'indagine che muove tra le pieghe della Primordialità; una nutrita schiera di opere condensa un connubio vincente che l'artista trasferisce su tele di ampie dimensioni, come Magma Con le Teorie del cosmo il Maestro aggiunge un ulteriore tassello al mosaico creativo di questo ventennio. Il richiamo alla sfera mistica e interiore è piuttosto evidente in lavori come Tu misteriosa Luna, un trittico in acrilico del 2017 presentato al Museo Herceg Stjepan Kosaca di Mostar; l'opera disvela una carica meditativa coinvolgente e l'uso del colore, denso e nitido, accresce il desiderio contemplativo dettato dall'indiscutibile qualità della composizione. Un dettato riscontrabile in analoghi lavori, come Infinito rosso (2014), Azzurro universo (2015), Congiunzioni (2022) o l'esplosiva Supernova (2021), dove l'avvolgente deflagrazione cromatica conferisce vibrazioni destabilizzanti.

Un tema, quello del cosmo, che ha trovato spazio anche nel prestigioso contesto della IV Triennale di Arti Visive di Roma; nella magnificenza di palazzo Borghese, Antonio Corbo ha presentato al pubblico Materia interstellare, acrilico su tela del 2020. Nella più cieca oscurità s'irradia il bagliore di una pioggia celeste che l'artista immortala con l'istintività di un racconto vissuto, partecipato; il rimando poetico alla Luce nella sua accezione più ascetica appare evidente, tanto quanto l'invito a compiere una riflessione sulla necessità di procedere nella ricerca di un chiarore interiore.

Il dato introspettivo è, di certo, il fil rouge di questa ricerca in perenne, vivace movimento. A guidare il pensiero è una tensione costante che matura nel gesto pittorico, una ricapitolazione appassionata nel solco di un percorso vissuto senza risparmiarsi. L'Introspezione è, per Antonio Corbo, un mantra quotidiano, una pratica naturale e mai inconsapevole, a tratti viscerale; l'artista attraversa la vita con ogni molecola del proprio corpo, immedesimandosi in quei corpuscoli celesti che ama ritrarre, scrutando con attenzione ogni manifestazione della vita, le umane fattezze, ogni traccia emotiva. L'inconscio, smalto del 2016 presentato al Museo Site Oud Sint-Jan di Bruges, è forse l'opera dal rimando più evidente a questo particolare filone stilistico e concettuale, un lavoro delicato e morbido che nei codici astratti trova la sua chiave di espressività. Con La sfida (2013) e Resilienza (2021) l'artista affida alla simbologia dell'albero la potenza della narrazione, con raffinate citazioni alche­miche ed echi rinascimentali; agli inchiostri, invece, affida il suo dialogo con la natura, come negli elegantissimi Aria di pri­mavera e I colori dell'autunno, entrambi del 2013. La linea introspettiva non s'interrompe nel passaggio ad un altro importante capitolo di questo racconto, semmai si inspessisce nel legame che l'artista intreccia con le sue interpretazioni del Sublime. Paesaggi onirici e reali compongono lo spazio intimo del protagonista che nel gesto della condivisione perfeziona la sua parabola artistica. Corbo chiama lo spettatore ad affiancarlo nella contemplazione, in un viaggio parallelo di anime che guida alla conoscenza; immergersi tra le Dune (2018) di un deserto, perdersi fra le ampie campiture di Marina (2019) e lasciarsi sopraffare dall'estasi dei bagliori di un'Aurora boreale (2020) o dagli Abissi dei cieli (2021) è più di un semplice invito: è il desiderio di un uomo di stringersi e ritrovarsi nella grandiosità della Natura, nelle sue leggi e nelle sue imparzialità, in quelle armonie che ci appartengono e dalle quali, a volte, scegliamo di allontanarci.

Le opere di Antonio Corbo ci restituiscono una speranza, un "orizzonte stellato" nel quale ritrovare il senso della nostra esistenza. 

(2016), Eruzione (2017), Eruzione marina (2018) e Grotta (2018), opere esposte nella personale newyorkese "Materia prima" organizzata presso l'Artifact Gallery (2018). Lavori in cui emerge "l'incredibile abilità dell'artista di passare dal puro astratto alla rappresentazione", citando il critico d'arte, John Austin.

1 maggio - 26 giugno 2022

Fondazione Molise Cultura , Palazzo ex-GIL, Campobasso

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