Auguri e…coraggio!

31.12.2021

di Egidio Cappello

Siamo alla vigilia dell'anno 2022. Ci prepariamo tutti a farci gli auguri. "Buon Anno", "Felice anno nuovo", "buon nuovo anno", sono le espressioni più usate. Ognuno augura che l'anno che viene sia buono, sia felice, sia sereno, che porti e doni le cose migliori. Oggi più che mai si sente il bisogno di tornare a sorridere, di guardare con occhi pacifici e non spauriti, di parlare il linguaggio della tenerezza, di non temere per la sorte dei bambini, di darsi la mano, di abbracciarsi dopo un lungo silenzio, di uscire dalle sabbie mobili della sofferenza e della angoscia nelle quali l'umanità è caduta. Gli auguri che ci prepariamo a fare non sono mai stati così pesanti, così densi di apprensione, di turbamento, di speranza, non sono mai stati così pieni di consapevolezza e di batticuore. 

Gli auguri di quest'anno sono il primo atto di un anno che vogliamo nuovo, che vogliamo buono, che vogliamo riprenda l'immagine della vita. Si, perché siamo tutti convinti che l'anno da cui usciamo è stato disastroso, funesto, offensivo del cammino della vita umana. Gli auguri diventano per ognuno non l'attesa di eventi che vengono da paesi lontani con valigie di beni da distribuire, ma un invito, una esortazione a pensare e agire in modo nuovo. Tali le parole più appropriate agli auguri del nostro tempo: "Possa tu costruire e promuovere vita, per te stesso e per tutti". Il tempo che viene non è di per sé buono, non è di per sé sereno, e tanto meno è di per sé nuovo. Il tempo è un prezioso recipiente che va riempito con le nostre azioni nuove, le nostre scelte buone, i nostri propositi di percorsi tendenti alla serenità e alla felicità. Siamo noi a dover rendere nuovo l'anno che viene, siamo noi a dover rendere buono l'anno che viene, siamo noi ad impedire che la novità si riduca al cambiamento di un numero. La stessa speranza che sottende agli auguri, la speranza che rinvia alla presenza di Dio nella nostra storia umana e quotidiana, deve essere preparata, deve essere guidata, riempita dei nostri propositi di bene. Chi spera, dice il compianto don Tonino Bello, stando a guardare alla finestra, subisce la forza della vuotaggine e soccombe al nulla del tempo. 

Rendere nuovo l'anno che viene e renderlo buono, vuol dire adottare una nuova ottica di vita, vuol dire rivisitare il proprio mondo interiore, le proprie idee, le proprie convinzioni, le proprie congetture, il proprio linguaggio, e rifare il tutto secondo una nuova scala di valori con alla sommità il valore della vita, il bene più prezioso dell'uomo. Cosi l'anno che viene, se reso nuovo, diventa bello, diventa buono, dà serenità e felicità. Così gli auguri prendono corpo e si fanno storia, e assumono volti e figure umane. Promuovere vita significa vivere secondo le leggi di Dio, scritte di suo pugno nella ragione e nella natura umana. Vivere non ha più scelte alternative, non condiziona drammi psicologici, vivere oggi è necessariamente amore incondizionato nei confronti della propria storia, della propria comunità, del proprio ambiente, del proprio futuro. Vivere è costruire relazioni, è parlare, è ascoltare, è dialogare, è creare nuovi codici linguistici, è conoscere, è interrogarsi, è sognare ad occhi aperti, è volere e realizzare progresso. Vivere è lottare con coraggio contro ogni forma di bestemmia, contro ogni oltraggio alla vita, contro ogni offesa fatta alla dignità della persona e alla bellezza del creato. 

Vivere è amare la propria dignità, non quella liquefatta e mutata continuamente dallo scorrere storico, ma quella eterna, quella che non si cancella, scritta da Dio con inchiostro indelebile. Come vorrei che ognuno di noi divenisse consapevole, nell'anno che viene, della propria autentica identità e potesse riflettere la propria potestà in opere degne della propria origine. Buon anno, dunque, a tutti, e buon lavoro! Costruiamo la nostra serenità e testimoniamola a tutti.   

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