Biden annuncia il ritiro delle truppe dall’Afghanistan: pronti alla pace o a nuovi fronti?

16.04.2021

di Gian Marco di Cicco

Lo scorso 15 aprile, le principali agenzie di stampa nazionali ed internazionali hanno riportato una delle notizie più attese da circa venti anni. Il neoeletto presidente degli Stati Uniti d'America Joe Biden ha annunciato il ritiro delle truppe militari statunitensi dal territorio afghano, entro la data simbolica dell'11 settembre 2021. Insieme agli americani, lasceranno il fronte anche gli alleati della NATO, tra i quali si individuano i militari italiani. Il nostro contingente, infatti, è il terzo per numero di personale fornito alla guerra in Afghanistan dopo Stati Uniti e Germania. Il conflitto ebbe inizio all'indomani degli attacchi terroristici del settembre 2001 al World Trade Center di New York City e si sta protraendo da circa due decenni in Medio Oriente, con non poche difficoltà in termini economici, politici ed umanitari. È necessario soffermarsi sulle cause che hanno indotto l'allora governo Bush ad intraprendere un'iniziativa militare di tale portata, in Medio Oriente e, soprattutto, in Afghanistan, Paese individuato come il nascondiglio dei guerriglieri di Al Qaeda. Gli statunitensi volevano consegnare alla giustizia internazionale i mandanti degli attacchi terroristici di matrice islamista nel proprio territorio nazionale. Il quadro estero, nel quale la prima potenza democratica al mondo andava ad operare era, certamente, compromessa da una politica internazionale non più incentrata su una lotta al blocco comunista, disgregatosi a seguito della caduta del muro di Berlino nel 1989, ma all'individuazione di un nuovo nemico comune dell'Occidente, riconoscibile nel terrorismo estremista di matrice islamica. Oltre all'occupazione del territorio afghano e alla conseguente guerra civile, anche i cittadini di altri Stati asiatici hanno dovuto affrontare una serie di crisi sociali, umanitarie e politiche, poiché l'interesse primario da parte degli Occidentali si è andato a modificare nel corso degli anni. Inizialmente, l'impegno militare avrebbe dovuto condurre i Paesi mediorientali ad un graduale successo della democrazia, favorendo la costruzione di nuovi regimi liberi e laici, rovesciando la dittatura di Saddam Hussein in Iraq, ad esempio. Successivamente, le lobby politiche internazionali hanno concepito la guerra in Afghanistan come uno strumento per accaparrarsi le ingenti risorse naturali del territorio e per alimentare il mercato delle armi. A supporto di tale considerazione, bisogna ricordare che Osama Bin Liden, leader di Al Qaeda e, secondo le agenzie di sicurezza statunitensi, a capo del gruppo di dirottatori kamikaze dell'11 settembre 2001, venne individuato ed ucciso già nel maggio del 2011 e, nonostante ciò, la guerra nel Medio Oriente si è protratta per altri dieci anni, causando centinaia di migliaia di vittime innocenti.

"È ora di porre fine a questa lunga guerra", afferma Joe Biden, annunciando il ritiro delle truppe americane dall'Afghanistan. "Solo gli afghani hanno il diritto e la responsabilità di guidare il loro Paese", ha detto il Capo di Stato, annunciando ufficialmente dalla Casa Bianca il ritiro delle truppe USA entro l'11 settembre 2021.

A questo punto, è opportuno soffermarsi sui possibili nuovi scenari geopolitici che avranno come protagonisti gli alleati del Patto Atlantico. La provocazione che consegno all'attenzione del lettore sta nel fatto che, purtroppo, la supremazia politica, il mercato della guerra e l'individuazione di un nuovo nemico saranno al centro delle ambizioni politiche ed economiche degli Stati coinvolti. Secondo la logica dei Paesi più industrializzati, bisogna rendere complementare il dominio economico con quello politico e, nell'ultimo anno si è compreso che bisogna far riferimento anche alla supremazia in ambito sanitario. Se il ritiro delle truppe militari dall'Afganistan sarà confermato, l'opinione pubblica dovrà aspettarsi il verificarsi di un progresso sociale attraverso il conseguimento della pace - situazione auspicabile - o un nuovo fronte per l'affermazione degli interessi nazionali americani rispetto a Cina, Russia o Myanmar? La storia continua.  

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