Caporalato nei campi del Mantovano: 60 lavoratori in 4 appartamenti, nel degrado assoluto

19.06.2025

Un'inchiesta tra silenzi, sfruttamento e domande senza risposta. Un Nord pulito, civile, efficiente, moderno: è questa l'immagine che da decenni ci viene proposta...ma forse non è tutto oro quello che luccica. Nostra inchiesta sul fenomeno. Iniziamo con il farci delle domande!

di Mario Garofalo

Chi sono i 60 lavoratori stipati in quattro appartamenti fatiscenti nei dintorni di Mantova? Da dove vengono? Come sono arrivati qui? Chi ha deciso che la loro dignità valesse meno del profitto agricolo? E perché nessuno se ne è accorto prima?
Sono le domande che sorgono spontanee dopo l'ennesima scoperta di un caso di caporalato nella pianura padana, una terra ricca, ordinata, produttiva — o almeno così ci vogliono far credere.

Il Nord è davvero così perfetto come si racconta? Pulito, civile, efficiente, moderno: è questa l'immagine che da decenni ci viene proposta. Ma cosa succede quando si grattano via le vernici delle facciate ristrutturate, delle strade curate, delle serre che sembrano industrie? Cosa si nasconde nelle retrovie delle aziende agricole che esportano all'estero e vincono premi di qualità?

Si può ancora parlare di legalità, dove 60 persone sono stipate in quattro appartamenti, senza spazi, senza privacy, senza diritti? È questo il modello di eccellenza agricola di cui il Nord si fa vanto? Dove i raccolti si contano in tonnellate e i braccianti in carne da macello?
Come si può vivere in 15 persone in un solo appartamento? Con letti a castello ammassati, cucine sporche, bagni senza acqua calda, finestre rotte, muffa sui muri, e una puzza persistente di umidità e disperazione? È questa la vita che offrono certe aziende agricole ai loro braccianti?

Chi guadagna veramente da questo sistema? Gli imprenditori agricoli che chiudono un occhio pur di risparmiare sul costo della manodopera? I caporali che arruolano uomini disperati promettendo lavoro e invece consegnano solo schiavitù moderna? Le cooperative di comodo che fungono da copertura? E le istituzioni? Dov'erano i controlli? Com'è possibile che per mesi – forse anni – decine di lavoratori potessero essere stipati in condizioni così disumane senza che nessuno vedesse nulla, sentisse nulla, intervenisse in alcun modo?

Il modello di sviluppo del Nord è davvero un modello per tutti? O è solo una vetrina ben lucidata che nasconde magazzini pieni di miseria e ingiustizia? Non è forse arrivato il momento di smettere di parlare del Sud come unico luogo del malaffare, dello sfruttamento e della povertà? Il caporalato è qui, nei nostri campi, accanto alle villette e alle imprese che ci raccontano un'Italia produttiva e onesta.

Cosa raccontano questi lavoratori, quasi tutti stranieri, spesso provenienti da Africa e Sud-est asiatico? Parlano di giornate di 12 ore sotto il sole, di paghe da 3 o 4 euro l'ora, di minacce, di ricatti, di contratti mai visti. Ma anche di sogni traditi, famiglie lontane da mantenere, speranze svanite.

Chi sono i mandanti invisibili? Non solo i caporali, ma anche gli intermediari, gli "imprenditori modello" che figurano sui giornali locali per la qualità dei prodotti e poi lasciano marcire le persone dietro le serre. Chi fa finta di non sapere? Chi protegge chi?
È questo il modello agricolo che vogliamo sostenere? È questa l'agricoltura 4.0, sostenibile solo nei bilanci ma non nei diritti?

L'inchiesta è solo all'inizio. Ma le domande sono già troppe. E ogni risposta che manca è un'altra colpa collettiva. Chi pagherà per tutto questo? Chi ha il coraggio di guardare in faccia la verità? Chi, davvero, vuole cambiarla?

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