Cari ragazzi, la scuola (e il Covid) sono un fatto di responsabilità

11.01.2022

di Paolo Scarabeo

Tra le mille polemiche che hanno animato e stanno animando la riapertura delle scuole in presenza, tra le proteste dei presidi e ricorsi (bocciati) al Tar, anche da parte di Governatori, ieri scuole aperte e studenti in molte parti d'Italia in piazza a chiedere il rientro in sicurezza o la Dad (fino a qualche mese fa incriminata). Tra questi, anche gli studenti delle Scuole superiori di Venafro (IS) si sono ritrovati in piazza Cimorelli per chiedere al sindaco, Alfredo Ricci, di attivare la Dad.

Ricci, anche presidente della Provincia di Isernia, li ha accolti in Municipio e ha ascoltato i motivi della richiesta tutti riconducibili al timore che, la riapertura della scuola in presenza, possa portare a un aumento dei contagi. L'incontro è durato più di un'ora, ma il sindaco non ha accolto l'istanza spiegando loro che, al momento, in città non ci sono le condizioni per disporre attività didattiche a distanza e, pertanto, come primo cittadino non può derogare alle disposizioni del Governo. 

In realtà, una considerazione andrebbe fatta. Lo stesso Ricci, aveva predisposto per domenica 9 gennaio una giornata di screening con tamponi antigenici, ma le adesioni non sono state molte soprattutto da parte degli studenti delle scuole superiori, gli stessi che ieri, in massa, sono scesi in piazza.

A questa considerazione va aggiunto che gli studenti scesi in piazza ieri, per lo più sono gli stessi che gaudiosamente fino a poche settimane fa hanno affollato gli spazi antistanti i locali, soprattutto quelli centrali a Venafro, senza distanziamento e molto molto spesso senza mascherina... non curanti troppo spesso delle disposizioni in merito e favoriti, ahimé, da gestori non sempre attenti...e rispettosi delle norme. Gli stessi che la notte del 31 hanno 'ribattezzato' "feste private" i vari raduni cn decine di amici per aggirare le norme...

Ci sentiamo di dire, cari ragazzi, che la Scuola e il Covid sono un fatto di responsabilità, la Dad avrebbe dovuto essere e dovrebbe essere il rimedio estremo non un riparo. C'è da ammirare e apprezzare il coraggio e la determinazione con cui siete accorsi, numerosi, alla vaccinazione... ma non basta. Ora serve un di più, serve il desiderio di fare fronte comune, di ridare volto alla scuola e voi stessi la possibilità di imparare il rispetto delle regole e farne un insegnamento fondamentale per la vostra vita e il vostro futuro.

Spesso ci chiediamo perché la scuola italiana è peggiorata così tanto negli anni, molte risposte proprio il Covid ce le ha piantate davanti. E non sono solo la mancanza di investimenti e di risorse umane, o la questione degli stipendi degli insegnanti - tutti problemi sacrosanti -, ma prima di tutto una riaffiorante mancanza di coraggio nell'educare nonostante le prove. Nonostante le difficoltà. Ci si arrende, anche se ne va del futuro dell'Italia che voi ragazzi di oggi, seduti in classe, già siete.

Fate della scuola la fabbrica del vostro futuro e della vostra realizzazione. Non riparate in accomodamenti, combattete con coraggio e responsabilità.

Abbiamo innanzi uno o due mesi difficili, sì. La realtà è questa. I contagi voleranno - stanno già volando - tra studenti e insegnanti, come nel resto del Paese, a causa di una variante contagiosissima. Stiamo facendo tutto il necessario per trasformare questa insidiosa "quarta ondata" in una grande epidemia influenzale, vaccinando (e quindi mettendo al sicuro da conseguenze gravi) la maggior parte degli italiani: gli hub macinano numeri da record, la macchina della sanità territoriale corre. Di nuovo. Ognuno sta facendo la sua parte con fatica enorme: i medici e gli infermieri che curano le persone negli ospedali (e che sono decimati, oltre che stremati), i decisori politici che cercano di stare al passo con la corsa del virus adottando strategie sempre nuove (e scelte anche molto difficili, come quella dell'obbligo vaccinale, seppur graduale), i lavoratori che ogni giorno si misurano col rischio del contagio muovendosi coi mezzi pubblici (e affrontando le condizioni non sempre così garantite dei negozi, dei supermercati, delle farmacie, delle fabbriche) e anche quelli costretti a casa in smart working.

La scuola come il resto del Paese deve partecipare con coraggio a questo sforzo collettivo, adesso non ci sono più scuse. Pensare e ripensare orari e turni in base ad assenze sempre diverse è senz'altro mestiere complicatissimo, come dialogare con le Asl, ma non diverso da quello di far funzionare un ospedale in emergenza, foss'anche un ospedale da campo. E in una scuola da campo, una "scuola in uscita" parafrasando le parole usate da papa Francesco su quel che dovrebbe essere sempre anche la Chiesa, magari non tutto funzionerà alla perfezione, magari i professori faranno lezione per qualche settimana a mezza classe in presenza e mezza in Dad, le aule si svuoteranno lo stesso e la didattica non sarà da manuale, magari i genitori continueranno a impazzire tra tamponi e possibili quarantene e scriveranno decine di mail alle segreterie.

Ma in questa scuola viva e in carne ed ossa, e maledettamente imperfetta, in questo presidio educativo che ha senso d'esistere solo se tangibile, il cuore continuerà a battere. Chi è lontano vorrà al più presto tornare. Chi è presente lotterà per restare. Tutti, alla fine, avranno imparato la lezione che si resiste, che bisogna resistere, che le difficoltà vanno affrontate tutti insieme senza farsi indietro mai e tanto meno senza nascondersi dietro a uno schermo.

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