Ciò che non avete il coraggio di dire
di Mario Garofalo
Le parole, a un certo punto, finiscono. O meglio, smettono di bastare. E allora resta la nausea, quella che ti prende quando ti rendi conto che il mondo intero sta assistendo a un crimine e sceglie, consapevolmente, di non fermarlo.
A Gaza non si combatte una guerra. Non c'è una battaglia tra eserciti, non ci sono due fronti in campo aperto. C'è un popolo rinchiuso, affamato, umiliato. Ci sono madri che fanno bollire l'acqua nella speranza che sembri zuppa ai figli. Ci sono bambini senza peso, che non piangono più per fame perché ormai non ne hanno la forza. E noi? Noi parliamo di "equilibrio", di "contesto", di "diritto alla difesa".
Basta. Basta con questa pantomima colta. Basta con le parole pulite per nascondere la merda.
Non si affama un popolo per vendetta. Non si bombarda chi non può fuggire. Non si taglia l'acqua a un'intera città e poi si va in TV a dire che si tratta di "operazioni mirate". Questa è barbarie pianificata. È sadismo che si fa sistema. È potere che ha perso ogni maschera.
Netanyahu ha portato Israele in un baratro morale da cui sarà difficile riemergere. Ha scelto di scrivere il suo nome con il sangue e la fame, non sulla sabbia della storia, ma sulla pietra. E quella pietra porterà per sempre l'infamia di ciò che oggi viene fatto in nome della sicurezza.
Ma non è solo lui. Non fate finta di crederci. La colpa è collettiva. È dei governi che tacciono. È di chi si gira dall'altra parte. È dell'Europa, che baratta la vita degli altri con la propria tranquillità politica. È dell'Italia, che si limita a esprimere "preoccupazione" mentre i camion con gli aiuti restano fermi al confine e le scorte di farina finiscono sotto le bombe. E noi? Noi che ci diciamo liberi, civili, "superiori"? Noi stiamo zitti.
Solo la Spagna ha avuto il coraggio di dire quello che tutti sanno ma nessuno osa pronunciare: questo è un genocidio. Sì, lo è. E chi ha paura di questa parola dovrebbe avere paura anche dello specchio.
Guardatevi. Guardateci. Siamo diventati esperti nel trovare il modo giusto di non schierarci. Ma ci sono momenti in cui non si può restare nel mezzo. In cui la neutralità è viltà. In cui stare zitti è complicità. Questo è uno di quei momenti.
La fame, l'assedio, la morte di chi non ha colpa non sono errori. Sono scelte. Sono atti deliberati, firmati e ratificati. E chi li giustifica non è più parte della civiltà: è parte del crimine.
La verità è semplice e brutale. Quando affami donne e bambini, non sei un capo di Stato. Non sei un difensore. Sei una bestia. E chi ti stringe la mano mentre lo fai, lo è con te.
Non chiedetemi di pesare le parole. Qui si pesano solo i corpi, ormai. E sono sempre più leggeri.

