Come ne usciremo?

24.03.2021

di Mara Maggiulli*

"Chi? Lui? Ma si è laureato per corrispondenza!!".

Qualche anno fa circolava ancora questo pregiudizio: che a distanza non si realizzasse alcun apprendimento serio e duraturo. Oggi, però, probabilmente esso non avrebbe pieno e diffuso consenso, anche se i limiti (e le potenzialità) della formazione a distanza sono sotto gli occhi di tutti.

L'emergenza sanitaria che viviamo da oltre un anno a livello mondiale, ci sta cambiando (si vedrà se in meglio o in peggio) ma intanto essa ha minato alcune nostre granitiche e spesso spocchiose certezze sul "fare scuola". Vi ricordate? Se in passato ci si presentava ad un esame universitario da NON frequentanti, si ricevevano occhiatacce dei proff. e si perdeva già qualche voto, a prescindere.

Gli schiaffoni servono ogni tanto, ed il mondo dell'educazione ne ha preso uno, oggigiorno, bello sonoro ed assestato. Certamente nessuno di noi si augura di essere operato da un chirurgo che si sia formato solo su YouTube ma sappiamo bene che esimî scienziati hanno arricchito i loro curricula con master, corsi di specializzazione, dottorati, fruiti spesso e conquistati anche in collaborazione con istituti di ricerca stranieri, cioè A DISTANZA.

Facciamocene una ragione! Avremo sempre più spesso a che fare con la formazione da acquisire fuori dalle aule, quelle fisicamente intese. Lo scambio di informazioni e conoscenze fra persone lontane avveniva una volta tramite dispense cartacee e audiocassette inviate per posta. Poi si è passati alle video-registrazioni in VHS o su DVD e alle lezioni in asincrono mandate in TV nelle ore notturne. Il tutto, però, era riservato a studenti lavoratori, ad anziani desiderosi di apprendere, a ragazzi poco abbienti e/o a persone fisicamente impossibilitate alla frequenza delle lezioni.

Oggi non è più così. Pandemia o meno, chi ha delle robuste connessioni ad Internet e in generale, chi ha budget significativi, può accedere a canali di formazione più ampi e potenti. Nuove opportunità o nuove diseguaglianze ci attendono. Da Marzo 2020, nel giro di un anno, anche il meno esperto di didattica on-line tra i professori, anche il più iperattivo ed atletico tra gli studenti, hanno dovuto per ore sedersi davanti ad un PC o uno smartphone e piegarsi ai tempi, alle tecniche, alle necessità del distanziamento sociale.

Le famiglie con figli in età scolare sanno bene i sacrificî cui si stanno sottoponendo per assicurare ai ragazzi la voce ed il volto dei maestri e dei compagni: stanze e nuovi devices separati per i collegamenti, contratti nuovi nella giungla della telefonia di Rete, bollette di energia elettrica cresciute a dismisura e supporto attivo e coinvolgimento diretto nella interazione con la scuola dei più piccoli. Abbiamo tutti noi adulti scoperto e scaricato nuove APP, chiesto lumi agli adolescenti di famiglia, sottoponendoci ad un improvviso TSUNAMI di tutorial, lezioni, aggiornamenti. Perché la Scuola prende tutti, senza esclusione.

Le prime settimane del lock down del 2020 sono state durissime per il mondo della formazione, ma - si sa - esso è fatto di gente resistente, amante del proprio lavoro e dei ragazzi a sé affidati, gente abituata a cercare soluzioni, a sopravvivere con poca spesa. Siamo passati da crisi di nervi di fronte a connessioni instabili, a momenti di pura esaltazione gioiosa per qualche progresso nei meandri delle piattaforme di E-learning.

Abbiamo visto e ancora vediamo di tutto, nelle abitazioni dei nostri allievi e mostriamo anche le nostre, senza più ritrosia: figli piccoli che interrompono la spiegazione su Dante, gatti che saltano sulla tastiera, cyber-bulli che piombano a lezione bestemmiando e offendendo compagni e docenti, mamme che suggeriscono spudoratamente le risposte ai figli interrogati, ragazzi che fingono blocco-immagine e audio a scatti, pur di non rispondere, sughetti che si bruciano sui fornelli dimenticati accesi, notizie terribili apprese in diretta circa la morte di un parente stretto... Di tutto.

Non possiamo ancora fare un bilancio di questa esperienza: ne siamo ancora coinvolti e sconvolti. I pessimisti ci vedranno solo una enorme perdita economica, professionale, umana. Gli ottimisti vi dedurranno invece nuove competenze acquisite nell'uso della tecnologia, nuovi mercati e nuovi posti di lavoro legati ad hardware e software, maggiori collegamenti e scambi di informazioni utili al di fuori del piccolo territorio in cui prima si viveva. La didattica, dopo tutto, è strettamente legata alle dinamiche del resto della società ed è bene che il mondo politico lo comprenda prima possibile, prima che sia troppo tardi.

Su un punto sono tutti concordi: sulla enorme fatica e la grande dignità con cui il mondo dell'Educazione sta procedendo, pur con le tante contraddizioni cui si espone. Disparità tra territorî nei servizi di connessione, disparità sociali tra le famiglie, disparità di valutazione delle prove di verifica degli studenti, disparità tra il personale docente più attrezzato, più volenteroso, disparità sui contratti di lavoro saltati e superati, per le continue necessità di collegamento h24 coi ragazzi, coi colleghi, coi capi. La punta di questo iceberg sono studenti e docenti sradicati dalle biblioteche, dalle aule, dagli auditorium, dal loro naturale ambiente vitale ma la didattica dell'Era Pandemia, implica anche tutto un sistema di altri lavoratori del settore, che ha visto stravolto il proprio modo di lavorare: le segreterie, le presidenze, i collaboratori scolastici. Siamo stanchi ma dobbiamo resistere. E' la nostra natura! Ci piace fare gli eroi, a volte i missionari.

Grandi sforzi in termini economici e di responsabilità per mettere in sicurezza le scuole si scontrano con sistemi di trasporto non adeguati, con locali pubblici (e privati), club sportivi, parrocchie che sorvolano troppo spesso sulle norme igieniche del momento, costringendo la didattica a nuove chiusure. E il virus circola, muta, colpisce. Se la prendono col Governo tanti cittadini, esautorano persone straordinarie come Giuseppe Conte e credono che negare il contagio o cambiare i ministri dia loro più potere e certezze. Il vero potere, la vera forza del cambiamento, invece, è nella conoscenza, nella elasticità mentale, nella solidarietà.

Fare DAD non è uno scherzo. Fare DAD significa riformulare programmazioni, creare nuovi parametri di valutazione, organizzare continue riunioni tra colleghi, fornire dispositivi ai ragazzi meno abbienti, creare collaborazioni con istituti ed aziende fornitrici di servizi, motivare e sostenere psicologicamente i ragazzi e le loro famiglie. È vero, tanta gente ha perso il lavoro, se guardiamo alle altre categorie. È dura, ma la Scuola non deve suscitare invidie: essa è del tutto solidale con le famiglie in difficoltà, sostiene i loro ragazzi, sa che il suo ruolo è importante, che lo stipendio scarno dei suoi pubblici ufficiali, come quello delle forze dell'ordine, è vitale per la società, per il futuro di tutti.

Fare DAD è impegnativo. A distanza non puoi riproporre il format della lezione in presenza, devi imparare a presentare ricerche con nuovi programmi, creare nuovi contenuti, comprare ed usare tavolette grafiche per le lavagne, canali video, link esterni, creare prove di verifica nuove e molto differenziate: ore, ore, ore, tante ore di lavoro e spese extra. Le maestre assennate non hanno perso un solo giorno di lavoro, un solo bimbo, anche il più lontano.

E poi da Settembre scorso è arrivata lei: la DDI, Sua Maestà la Didattica Digitale Integrata, quella che ti spacca a metà il numero degli studenti in aula (forse 30-32 alunni erano già troppi in condizioni normali?), che ti fa andare a scuola per alcuni e ti fa tornare a casa per altri (perché la connessione dell'istituto scolastico non regge), che fa stare in classe i ragazzi diversabili collegati solamente e tristemente on-line coi compagni. Un delirio! Che si provi a tener desta l'attenzione di tutti contemporaneamente, in queste condizioni e a portare avanti i programmi e a tollerare le ingerenze (a volte gratuite) degli adulti da casa! Sempre con visiere, mascherine, guanti, gel sanificanti e preghiere santificanti che la linea regga! Che si provi!

Ancora contagi e ancora chiusure, in un rincorrersi altalenante di decreti nazionali, regionali, sindacali. Siamo in prima linea e non abbiamo mai mollato per amore dei nostri ragazzi e del nostro ruolo. Certo, con la DDI o con la DAD, la perdita in termini di rapporti umani è notevolissima nell'apprendimento a distanza. Non tutto è negativo, tuttavia. Tra colleghi finalmente si sono visti maggiore solidarietà reciproca e scambio; i ragazzi più timidi con l'aiuto dello schermo sono riusciti a superare l'imbarazzo della performance in aula; i genitori sono più presenti nelle dinamiche scolastiche; gli istituti di istruzione riescono ad organizzare convegni, webinar e podcast prima impensabili con ospiti autorevoli, lontani e molto esigenti; a distanza abbiamo imparato a creare moduli, testi ed ipertesti in collaborazione diretta e contemporanea coi ragazzi, sperimentando tecniche collaborative prima sconosciute; in asincrono (a posteriori, dopo la lezione) abbiamo individuato e preparato materiale di qualità per approfondimenti insperati.

Speriamo di poter raccontare a chi verrà dopo di noi come ce l'abbiamo fatta, di poter spiegare quanto si è fortunati a frequentare le lezioni normalmente, anche alzandosi di buon ora, anche viaggiando, anche tollerando e finalmente apprezzando il compagno noioso, il prof pesantuccio, l'out-fit poco alla moda delle maestre.

Sarà come dopo una GUERRA.

Ci crederanno gli altri? Avremo NOI STESSI imparato la lezione? Guarderemo il pianeta, le nostre società, le nostre famiglie con lo sguardo riconoscente dei sopravvissuti?

Sarebbe già un ottimo risultato, sì!

*madre, moglie, cittadina e docente. Corato (Bari)

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