Convertitevi o perirete!

19.03.2022

Terza domenica di Quaresima - Anno C

Es 3,1-8a.13-15; Sal 102; 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9

di don Mattia Martino

La terza domenica di Quaresima ci presenta un brano che è esclusivo del terzo vangelo, e che vuole mettere in luce una tematica fortemente caratteristica del tempo quaresimale: la conversione. La pericope liturgica è legata al discorso che la precede riguardante il discernimento dei segni dei tempi. E il racconto di alcuni episodi di cronaca riferiti a Gesù, pone anche ciascuno di noi dinanzi alla responsabilità di essere uomini e donne che si pongono nel cuore della storia per lasciarsi interrogare, per ascoltare cosa essa voglia dirci, per interpretarla e comprendere come vivere davanti a Dio in questo mondo. Sì, proprio in questo mondo in cui continua a perpetrarsi l'uccisione di Abele da parte del fratello Caino.

Alcuni vengono a riferire a Gesù un episodio di violenza cieca e ingiustificata: Pilato fa uccidere dei Galilei che erano a Gerusalemme per offrire dei sacrifici. Al sangue delle vittime si mescola il loro. Fatti simili a questo interrogano Gesù, che non può risultarvi disinteressato. È chiamato a un giudizio. E allora Gesù smonta credenze e luoghi comuni diffusi, e lo fa citando un altro evento luttuoso, ovvero il crollo della torre di Siloe che ha provocato diciotto vittime. Di fronte a tali eventi la gente ragionava così: se sono successe queste disgrazie è a motivo del peccato di quelle persone. E poichè Dio è giusto, non poteva fare altro che punirli. Ancora oggi c'è chi pensa tali blasfemie.

Gesù invece rimarca che quegli uomini non erano né diversi né peggiori degli altri. Essi si sono trovati vittime di tragedie totalmente indipendenti dalla loro volontà. E sposta l'attenzione sull'urgenza di convertirsi di fronte alla grande vulnerabilità della vita. L'esistenza umana è breve e precaria, come il fiore che spunta al mattino e avvizzisce la sera (cf. Sal 90). Vivere con questo orizzonte non vuol dire avere costantemente a che fare con lo spauracchio della morte, ma vuol dire prendere coscienza di una grande verità. E di fronte a questa grande verità, io come mi pongo?

La cosa da fare è una sola: convertirsi, ovvero capovolgere la scala di priorità nelle scelte di vita. Non è mai un cambiamento parziale su qualche aspetto particolare, ma è un processo che scende dal comportamento alla mentalità che lo guida. È una vera e propria rigenerazione dell'uomo, chiamato a rispondere dinanzi a Dio non solo nel giudizio finale, ma anche in quello intermedio. Se non cambiamo, dice il Vangelo, continueremo a camminare verso sconvolgimenti che dividono gli uomini.

Il brano evangelico prosegue con la parabola del fico sterile. Il contadino, contravvenendo alle indicazioni del padrone, decide di non tagliare quell'albero, malgrado non produca frutti da tre anni e tolga spazio ad altre piante che potrebbero essere più produttive.

Il fico è altamente simbolico: frutto dolce della Terra promessa, rappresenta il popolo di Dio che, rispondendo al Suo amore, produce frutti abbondanti. Evoca quindi immagini di prosperità e serenità (star seduti sotto il fico evoca la pace messianica frutto della fedeltà all'alleanza con Dio). Noi siamo tutti come il fico della parabola: con bei rami e foglie verdi, ma frutti zero. Probabilmente perché di fronte all'appello di Gesù a convertirci rispondiamo con la convinzione di essere eterni e avere tutto il tempo a nostra disposizione.

Ma il nostro Dio è quel contadino che crede sempre nel cambiamento, perché sa che il frutto può venir fuori. E si impegna in prima persona a lavorare almeno un altro anno. Dio è sempre paziente: aggiunge altro tempo al nostro tempo fallimentare; si interessa di ciò che è perduto (vedi Zaccheo); spera sempre che ciò che è morto possa tornare in vita (vedi la parabola del padre misericordioso); salva in extremis un malfattore (vedi il ladrone pentito).

La logica umana è per il taglio, quella divina è per lo zappare, il concimare e aspettare pazientemente. Con gli altri sono chiamato a comportarmi così, a dargli tempo e fiducia. Non posso sapere quanto occorra a una persona per vedere dei frutti o perché questa si converta.

Ma se è chiaro l'insegnamento sulla pazienza di Dio, è altrettanto evidente che non bisogna cadere nell'eccesso opposto: dopo un anno bisognerà vedere se qualcosa è cambiato. Dio mi lavora, ma la sua pazienza e la sua misericordia si adattano ai miei tempi per rendere realmente presente la conversione, per iniziarla ora, non per rimandarla all'infinito!

Mettiamo subito mano alla nostra vita, senza avere paura. 

Dio, il "mio contadino", ha sempre fiducia in noi.  

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