Cosa devono sapere un genitore ed un educatore. Il decalogo del rischio

20.02.2024

di don Salvatore Rinaldi e Chiara Franchitti

Si può definire rischiosa ogni azione per la quale esiste una probabilità di fallimento, ma anche un'opportunità di successo. In questo senso, l'adolescente è per antonomasia "costretto a rischiare", sia per capire chi è e chi vorrà essere, sia per avere una precisa comprensione di quali sono i suoi limiti e i suoi punti di forza, sia, inoltre, per modellare e restituire al gruppo allargato dei coetanei, che diventa la sua nuova famiglia sociale, un'immagine che non corrisponde piú a quella che era stata confezionata all'interno della famiglia d'origine. Lo sviluppo, infatti, conferisce agli adolescenti maggiori capacità di autonomia, d'indipendenza e di relazioni tra pari, nuove competenze sul fronte dell'eterosocialità e della propria sessualità ed accresciute abilità di esplorazione e sperimentazione. E come se l'adolescente, grazie alle sue nuove forze e risorse, si trovasse ad avere il dovere/diritto di calarsi in un ruolo per lui inedito negoziando con il mondo adulto la possibilità di "rischiare". Negli ultimi anni, però, la propensione al rischio tipica dell'adolescenza si è trasformata in un'esplorazione ed assunzione di comportamenti francamente pericolosi dove, oltre al rischio di fallimento, spesso il ragazzo mette in gioco in modo clamoroso e provocatorio la sua salute se non addirittura la sua stessa vita. 

Molti "comportamenti a rischio" degli adolescenti sembrano caratterizzati dalla ricerca di sensazioni intense, complesse e correlate alla disponibilità a correre rischi a livello fisico, sociale, legale e finanziario ed è connotata da eccitazione fisica e psicologica. Gli studi in questo ambito hanno dimostrato che l'attrazione nei confronti di comportamenti "spericolati" deriva da un tratto di personalità focalizzato sul desiderio di vivere sensazioni nuove e stimolanti. Per nascondere noia e frustrazioni, spesso chi cresce si dedica ad azioni il cui unico obiettivo è la capacità di fornire sensazioni immediate, forti, totali e coinvolgenti. Questa modalità di assunzione del rischio, però, non ha alcun significato evolutivo e simbolico e non assume alcun valore nel percorso di crescita. 

Ecco alcune linee guida per comprendere, intervenire e non sopraffare quella voglia di crescere di un adolescente che spesso assume la forma di comportamenti pericolosi: 

1. Non può esserci adolescenza senza assunzione di rischio, perché senza rischio non può esserci crescita. 

2. Quando gli adolescenti si mettono in gioco e scelgono attivamente nuove modalità di occupazione del proprio tempo libero, quali la partecipazione a sport mai sperimentati prima, oppure l'adesione ad una rock-band o ancora l'assunzione di un ruolo attivo all'interno di un gruppo politico o di volontariato, dimostrano di volersi assumere rischi utili al loro percorso di crescita e quindi funzionali ed evolutivi. 

3. I rischi involutivi e disfunzionali assunti dagli adolescenti includono l'abuso di sostanze ad azione psicotropa, la guida spericolata di auto e motoveicoli, la promiscuità sessuale, i comportamenti autolesivi o microcriminali, il vandalismo e il bullismo. 

4. Molti genitori vedono solo la natura provocatoria e di aperta sfida dei comportamenti a rischio degli adolescenti, che in molti casi, invece, sono messi in atto come tentativo maldestro di definire la propria identità e di operare una linea netta di separazione e demarcazione dal mondo degli adulti. 

5. Alcuni comportamenti a rischio disfunzionali e involutivi possono generare dipendenza ed intrappolare l'adolescente che li ha intrapresi per altri scopi. È per questo che di fronte ad un adolescente che mostra i primi segni di questo tipo di comportamenti (ad esempio: uso di droghe, gravi restrizioni alimentari, self-cutting,...) un adulto deve chiedere aiuto ad uno specialista o ad un esperto e far sí che non si inneschi il ciclo della dipendenza e della cronicità. 

6. I segnali che soprattutto devono mettere in allerta un adulto sono associati allo stato emotivo di un adolescente (ansia o depressione), al suo insuccesso scolastico, al suo coinvolgimento in attività penalmente perseguibili o al suo ritorno a casa in stato di evidente alterazione dello stato di coscienza. 

7. Genitori ed educatori devono aiutare gli adolescenti a trovare modi sani di assunzione del rischio in cui i ragazzi possono mettersi alla prova, sperimentare il senso delle proprie competenze e del proprio limite, accettare l'eventuale fallimento oppure godere del proprio successo e vederlo riconosciuto come una propria conquista personale. 

8. Se un adolescente parla con gli adulti di un proprio amico o compagno che sta correndo un grave rischio, sta probabilmente chiedendo che qualcuno intervenga, lo aiuti ed allo stesso tempo gli faccia comprendere i significati delle emozioni che sta sperimentando nella relazione con il compagno in pericolo. Non si deve mai lasciare solo e confuso un adolescente che racconta una propria storia di grave rischio comportamentale oppure quella di un soggetto a lui vicino. 

9. Un adulto deve fungere da "mente vicaria" che integra le funzioni ancora limitate della mente di un adolescente. Parlando di rischi, gli adulti devono aiutare gli adolescenti a riconoscere cos'è un rischio, a definirne ed anticiparne le conseguenze; devono, inoltre, offrire indicazione chiare in relazione al posizionamento del limite che non può essere oltrepassato (il classico "paletto"). 

10. Ogni volta che un adulto usa il divieto per prevenire i comportamenti a rischio di un adolescente, allo stesso tempo dovrebbe essere però in grado di fornire valide e chiare alternative. In questo senso è fondamentale che l'adulto mostri un comportamento coerente e congruente con quanto viene richiesto: un divieto valido per un adolescente dovrebbe essere testimoniato dall'adulto non solo con parole, ma anche con azioni.

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