Costruire unità senza dialogo?

05.02.2021

di Egidio Cappello

È ora di chiederci perché gli uomini di oggi, in modo particolare coloro che gestiscono la cosa pubblica, hanno smarrito del tutto la tradizionale ottica unitaria e hanno perso la capacità di cogliere, nel contempo, la complessità dei gravi problemi sociali, culturali e spirituali dei nostri tempi. La pandemia separa, allontana, divide, crea solitudine, scrive pagine dolorose, avanza in modo demoniaco negli spazi offerti dalle difficoltà umane. Non è del tutto vero che spinga alle cose essenziali, agli affetti essenziali, non è vero che doni i significati autentici delle espressioni e delle parole. Le opinioni che si esprimono, le analisi che si producono, le soluzioni che vengono proposte e date alle problematiche, dimostrano un chiaro spirito di parzialità, di soggettività, di limitazione: la ragione dell'uomo sembra priva delle virtù necessarie per abbandonare l'ottica di gruppo e guardare, in profondità e in unitarietà, il presente e il futuro. Sono penalizzate le relazioni umane, le relazioni istituzionali, le interpretazioni degli eventi, le letture e le progettazioni del futuro, ne è penalizzato il linguaggio, ne è penalizzata la comunicazione, ridotta a strumento di esternazione dei propri punti di vista. Creare l'unità è necessario, è obbligatorio, e non c'è tempo da perdere. Creare unità è necessariamente rinunciare al proprio punto di vista.

Ma perché tanto diniego della rinuncia per procedere alla composizione delle diversità? Perché tanto attaccamento ai propri punti di vista e tanta difficoltà a creare percorsi di vita unitari?

La risposta è nelle parzialità degli ideologismi, negli individualismi politici, nella volontà di potenza, ma è anche nella incapacità di gestire il dialogo e nella mancanza di strumenti linguistici appropriati. Non si sa dialogare e non si possiede il linguaggio della unificazione e della composizione. Chi è succubo del proprio individualismo, personale o di gruppo, non è abilitato a dialogare. Ed è povero come povero è il suo linguaggio, senza anima, senza eterno, senza mistero, senza infinito, sufficiente a stento per una comunicazione di infimo spessore umano. 

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