Dalla conoscenza del Natale il senso dell’Avvento

28.11.2022

di Egidio Cappello

Il 25 dicembre la cristianità fa memoria e festeggia la nascita di Gesù di Nazareth. Ognuno si accorge della particolarità del momento dalla presenza delle luminarie, dagli ornamenti dei negozi, dall'affanno per l'acquisto e lo scambio dei doni, dalla preparazione del pranzo familiare. Il suono delle zampogne e le figure dei babbi-natale nelle strade affollate si riducono a richiami da parte di negozi illuminati. È straziante pensare che tanta luce non offra chiarezza all'evento che legittima la qualità dei festeggiamenti. Il senso del Natale sfugge ai più, molti misurano la forza dell'evento in termini di produzione e di consumo. 

Tutto questo riduce il ruolo e il significato del periodo di Avvento, che la Chiesa prescrive per prepararsi al Natale. Anche i credenti spesso limitano questo tempo ad una attesa superficiale di qualcosa. È penalizzante che gli adolescenti e i bambini non conoscano le ragioni della festa e ancora più è penalizzante che gli stessi adulti le dimentichino e le oscurino. La nascita di Dio è il fondamento dei sorrisi del Natale, è il fondamento dei sorrisi nei confronti della vita. La storia purtroppo insegna la facilità con la quale si realizza il contrario. I tentacoli del male raggiungono i cuori umani e li dominano: i percorsi dei popoli sono sconvolti. Questo il perché dell'Avvento: riprendere a camminare verso il Signore, tendere al Signore. 

Ma il Signore non è lontano, non è fuori di noi, il Signore è in noi, è già in noi, da tempo remoto. L'attesa che ognuno vive nel periodo di Avvento, è attesa del Signore: è Lui che aspetta, è Lui che ha già la sua dimora in ognuno di noi, è Lui assopito per nostra volontà. Il periodo di Avvento è propizio per dare la parola al Signore, e ascoltare ancora le sue parole, quelle che abbiamo cancellato dal nostro vocabolario. Non si tratta di un incontro tra sconosciuti ma della ripresa di una intimità partita da molto lontano, intimità che costituisce il nostro essere pienamente uomini. Il tempo di Avvento è il tempo della risposta a chi è venuto e vive in noi, tempo del discernimento, della valutazione e del rifiuto totale del male, il tempo del guardare a terra e del guardare in alto, il tempo del leggere bene la pienezza della vita. 

 Il Signore ci parla, Egli è già venuto, Egli è già nella nostra storia, Egli è già adulto, da tempo remoto. L'Avvento è un periodo di attesa della pienezza di luce e di completezza a cui aspiriamo. Sono giorni intensi, non limitati quindi ad una anche articolata rivisitazione di un fatto storico pur importante, ma utilizzati per la valutazione del nostro rapporto con Dio, del nostro cammino di intimità con Dio. La riflessione non rimane nel recinto della singolarità di ciascuno, ma esce fuori e abbraccia il rapporto che i popoli hanno tra di loro e con il creatore di tutte le cose. Per lo più sono pensieri che abbattono, oggi più che mai, pensieri che rattristano. Il libro del mondo ha pagine vermiglie per la scelta di percorsi di morte da parte di discepoli del male; anche noi lo sporchiamo inconsapevolmente o coscientemente. La lettura è drammatica e foriera di indicazioni circa lo stesso futuro dell'umanità. 

Una penna posta in modo arcano tra le pagine ci invita a scrivere le nostre idee, i nostri propositi, i nostri legami con la vita di Dio. L'Avvento è pertanto un periodo di lettura e di scrittura, un periodo di ricerca degli altri e di noi stessi, periodo di sconvolgimenti culturali e spirituali, periodo di conversione fatto di crescita interiore, di ampliamento delle conoscenze, di affinamento della propria tensione verso le idealità che non finiscono, di sviluppo dell'ottica della unitarietà, della universalità e della gratuità, di crescita delle risorse della ragione e della fede. Sul libro ognuno scopre le considerazioni scritte di proprio pugno da Dio sulla propria vita: da queste considerazioni ognuno trae e scrive le proprie risposte, cerca le parole giuste, misura le proprie distanze, racconta le proprie difficoltà e le proprie cadute. Nel proprio immaginario presepe ognuno trova una nuova appropriata collocazione ai pastori, ai magi, agli angeli, alla stella cometa, ai personaggi della propria storia, e aggiorna la storia del cammino del mondo verso la mangiatoia. 

Una considerazione di Dio in questo inizio del periodo riguarda una serie di comportamenti poco edificanti, anzi deleteri, dell'uomo di oggi: l'abbandono della vigilanza e dell'attenzione verso se stessi, verso i propri vicini, verso la natura e l'umanità tutta, comportamenti che oscurano l'amore e lo rendono sterile. Dio ci ricorda che tutto ciò che non è mio o non è tuo, è nostro: la vigilanza e l'attenzione sono compiti di ognuno, come quelli del pastore che ama le proprie pecore. Dio ci invita a riflettere su quanto ognuno di noi ha prodotto di negativo per sé e gli altri, cedendo ai predetti comportamenti. Tutte queste cose sono negazione dell'amore di Dio, sono allontanamento dall'intimità che Dio cerca con ognuno di noi. L'amore è vigilanza, è attenzione, è tenerezza verso se stessi e verso il mondo. 

È assurdo che il mondo oggi sia preda di follie barbariche già peraltro cancellate dallo Spirito umano dopo le ultime esperienze di disastri incalcolabili. L'uomo è fatto per la bellezza e per i vivi colori: la bellezza si nasconde solo a chi è ostinato a chiudere gli occhi. Torniamo allora ai fondamenti delle festività del Natale, immergiamoci in essi con stupore e con desiderio di pienezza culturale e spirituale. Ci auguriamo che tutti possano festeggiare il Natale e viverlo con rinnovata emozione tra i propri familiari e i propri bambini e scambiare con essi tanti doni. Sia la memoria dell'evento di Batlemme il fondamento dei sorrisi e dei canti natalizi e fornisca a tutti la consapevolezza di appartenere ad una storia divina iniziata tra gli alberi di Eden e destinata a continuare in eterno. 

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