Dante Alighieri: la vita umana, commedia divina.

20.05.2022

di Egidio Cappello

Dante Alighieri, fiorentino, vissuto dal 1265 al 1321, è un filosofo di grande spessore culturale. il secolo decimo quarto, ricco di humanitas e bisognoso di ampliare i propri orizzonti culturali e spirituali, trova in Dante la guida giusta per leggere le cose della storia e per edificare un mondo nuovo, a misura dell'uomo autentico. Non sbaglia chi sostiene che l'intero secolo, e poi quelli seguenti, traggono dalle opere dell'illustre fiorentino, le auctoritates per conquistare il senso dell'uomo e per accedere alla visione di Dio, massima aspirazione della mente umana. 

Molto si è discusso se Dante appartenesse al Medioevo o al Rinascimento: la questione deriva dall'idea che il primo, il Medioevo, è il regno del buio e dell'ignoranza mentre il secondo, il Rinascimento, è l'apoteosi dello spirito e della ragione dell'uomo. Da questa premessa si deve concludere che o si è dell'uno o si è dell'altro. Non è così. Dante è pietra miliare di un cammino, quello filosofico, che non ha conosciuto soluzioni della propria progressione e della propria continuità, cammino che si muove con la medesima intensità e la stessa profondità, sia nei contenuti che nella metodologia di ricerca. 

Medioevo e Rinascimento sono colori diversi di un unico dipinto. La produzione di Dante costituisce un racconto minuzioso della vita umana, un racconto dinamico fatto di progressione e di crescita culturale e spirituale, racconto che impegna la ragione in un continuo andare oltre le limitazioni del momento. Ma il racconto che egli fa della vita riguarda anche la propria vita, con le proprie sofferenze, le proprie attese, le proprie priorità e i propri traguardi gloriosi. Le argomentazioni relative al cammino dell'uomo, incontrano la storia della sua persona e si fanno vita, si fanno pensieri, si fanno esperienze dure e drammatiche ed esperienze di grande prestigio. È questo il destino della filosofia autentica, è questo il motivo che rende l'illustre fiorentino una straordinaria espressione del cammino filosofico dell'Occidente cristiano. 

La vita è una commedia divina: Dante lo percepisce nella propria vita, lo percepisce nella propria ragione, nella propria capacità di volare oltre le limitazioni sensoriali e di guardare la realtà trascendente. Dante è autore di tutto questo. Il suo mondo aumenta nella misura in cui aumenta e si rafforza la sua ragione. La vita è un coacervo di eventi apparentemente disuniti, apparentemente finalizzati ad obiettivi diversi, posti da individui diversi, di territori e tempi diversi, ma obiettivi sostanzialmente unitari, retti da un arché fondamentale che guida il tutto verso la pienezza di se stesso. Cogliere l'unità cosmica è proprio di una ragione nella massima delle sue funzioni. 

Il racconto della propria vita diventa in Dante la presentazione delle risorse razionali che ha utilizzato, ossia le sue guide. Queste sono, per ordine di elevazione culturale e spirituale, Virgilio, Beatrice e S. Bernardo di Chiaravalle. Virgilio è rappresentante della cultura classica, è icona della ragione, è icona della grandezza della ragione, Virgilio è l'uomo che "mostrò ciò che poteva la lingua nostra", l'uomo che ha vissuto lo stesso cammino di Dante senza poter raggiungere la meta perché nato e vissuto prima di Cristo. La seconda guida è Beatrice, la donna che incarna l'amore di Dio, l'amore di Dio nei confronti dell'uomo e di questi nei confronti di Dio, la donna che pensa secondo Dio, che parla il linguaggio di Dio, e spiega i luoghi di Dio. La terza guida è S. Bernardo che rappresenta l'estasi beatifica, il momento culminante della comprensione e della visione di Dio. 

Notevole il concetto che fa dell'estasi un momento significativo del cammino della ragione, momento in cui la stessa si libera da ogni legame con l'esperienza sensoriale e coglie la divinità che comunque raggiunge la realtà corporea e influenza le facoltà dei sensi. Entusiasma il modo con cui Dante racconta il cammino della sua ragione. Non dichiarazioni di principio, non esplicitazione di concetti, non sillogismi, non discorsi teorici, ma esperienze di vita, squarci di esistenza, scenari di azioni peccaminose e di buoni intenti da realizzare. Il cammino della vita umana non è uno schema fatto di sequenze costruite sulla base di convinzioni preconcette, ma è il risultato delle azioni dell'uomo e delle scelte di Dio. 

Tutte le opere di Dante hanno il sigillo della unitarietà e godono della presenza di Dio. Dai brevi sonetti della Vita Nova alle Rime, dal Convivio al De vulgari eloquentia, dal De Monarchia alla Commedia, dalle Epistole alle Egloghe, ogni verso e ogni riga, tutto parla dell'uomo e tutto indica la vita reale di Dante Alighieri. La libertà dell'uomo, la forza della ragione, la consapevolezza dell'appartenenza e della cittadinanza, la dignità e il decoro contro l'ingiustizia, la forza della comunicazione, la semplicità delle parole e delle espressioni, sono tasselli di un discorso che definisce e fissa la grandezza e la dignità dell'uomo. 

Una riflessione conclusiva vorrei fare: è un errore gravissimo inserire Dante Alighieri in una presunta dimensione letteraria distinta da quella filosofica. Due sono le ragioni che chiariscono quanto ho appena sostenuto: la prima è data dal fatto che la cultura nel primo trecento è essenzialmente filosofica, la seconda riguarda la produzione dell'illustre fiorentino che si inserisce nell'ottica della ricerca della verità, una, unica, semplice, visibile, concreta. Dante non solo ha detto, egli ha vissuto nella sua vita il senso della incarnazione di Gesù di Nazareth detto il Cristo.  

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