Democrito di Abdera: un umanesimo di grande spessore culturale

04.04.2022

di Egidio Cappello

Democrito di Abdera è un filosofo del V secolo a. C., periodo di crisi e di trasformazione politica per molte città greche. La guerra del Peloponneso aveva creato turbamenti profondi nel tessuto sociale e aveva stimolato appropriate riflessioni negli uomini di cultura. Questi guardano le trasformazioni in atto e riflettono sui valori cittadini svuotati di senso e cercano nuove forme di aggregazione e di relazione tra gli uomini. Alla polis che ha perso tanta credibilità e la capacità di difesa dei valori democratici, viene opposta una realtà politica cosmica (cosmopolis) sulla base di nuove concezioni della natura. La visione cosmologica di Democrito è sicuramente una risposta allo stato di turbamento causato dalle guerre fratricide, nate da visioni parziali della vita, da ideologie del potere, da incuranza dell'umanità e dei valori culturali, spesso da semplici sentimenti di rivalsa o da insani propositi di crescita territoriale. 

Troppo individualismo, troppa libertà nelle scelte dei singoli. Il cosmopolitismo assicura una visione più unanime e quindi una più profonda condivisione dei valori della socialità. La ricerca della verità cosmica quindi vuole essere in Democrito il bisogno di un mondo dominato da leggi precise, meccaniche, ferree, non soggetto alle individualità dei singoli e non soggetto alla volontà degli dei. Egli pensa quindi ad un mondo delle quantità, delle forme, ad un mondo di realtà materiali sganciato dalle velleità individuali e dalle scorrerie divine finalizzate a creare nella storia mutamenti e deviazioni spesso contrari alla logicità degli eventi. Il mondo, egli dice, è fatto di materia, è fatto di aggregazione di atomi, che sono realtà indivisibili, incorruttibili ed eterne. Dalla aggregazione fisica degli atomi si originano tutte le cose senza alcuna pianificazione e senza alcuna finalità etica. 

C'è una connessione tra gli atomi in ogni oggetto e in ogni pensiero. Anche l'anima è fatta di atomi, più leggeri e più eterei, e quindi anche i pensieri sono il frutto di rapporti quantitativi. Se l'anima conosce il mondo esterno, è perché contiene atomi di tutte le cose: esiste una connessione universale tra tutte le realtà del mondo, connessione dovuta alla presenza di tutto in tutto. Si trattava di una connessione meccanica che certo toglieva dei dubbi sulla lettura e sulla spiegazione di molti aspetti della realtà, ma non forniva le giuste spiegazioni al mondo dell'uomo, in modo particolare del mondo conoscitivo ed etico. Proviamo ad immaginare adesso gli interrogativi che si è posti Democrito di fronte alla visione della sua natura. Egli ha girato il mondo conosciuto e ha fatto esperienza della diversità culturale esistente tra i popoli dell'aria del mediterraneo, ha conosciuto le diverse lingue, ha scoperto le diverse tradizioni, ha conosciuto le diverse divinità, ha fatto proprio il cammino delle comunità: tutte esperienze contrastanti e debilitanti la sua concezione meccanica delle avventure umane. Democrito ha vissuto la consapevolezza di quanta parte della vita dei popoli è fuori una visione meccanicistica del cosmo. Certamente si è chiesto come evolve la dinamicità del mondo, come degli ambienti naturali, come dei monti che si levano verso il cielo, come dei fiumi che vanno verso i mari, come nascono e come cambiano le città, come si sviluppano i popoli e le comunità territoriali, come si creano le relazioni umane, come nascono i propositi degli uomini, come le decisioni delle guerre e degli accordi internazionali, come le grandi aspirazioni degli uomini. Democrito dice che il suo interesse si limita a questioni di quantità e non di qualità. 

Sicché il problema del movimento, che è il problema della vita umana, si qualifica come rapporto tra cose, rapporto tra elementi che procurano il moto ed elementi che lo subiscono. Sembrano esclusi tutte le problematiche relative al perché del moto, agli obiettivi del moto, ai tempi del moto. Tutto egli vedein termini di movimento meccanico per cui un evento è sempre determinato da una circostanza specifica che lo precede, lo origina e gli causa uno spostamento. La dinamica della mente umana è la stessa: l'anima risponde a stimolazioni ma non crea, non promuove, non origina sulla base del ricordo, della contemplazione, della intuizione. L'interesse di Democrito per l'uomo si fa, nel tempo, più fitto e profondo. Egli scrive molte opere sull'argomento fino a raggiungere conclusioni opposte rispetto alla visione cosmologica. Il suo naturalismo meccanicistico si trasforma in un umanesimo di grande spessore culturale. L'uomo è creatura divina, egli sostiene, ha in sé la virtù, possiede la norma del proprio agire e determina il proprio destino. 

La sorte di ogni uomo alberga nell'anima: la scelta dei comportamenti è determinante nella edificazione del proprio destino. L'uomo è libero di commettere azioni virtuose o non virtuose. Ci sono espressioni in cui Democrito sembra percorrere vie diverse. Il nostro accento va sulla libertà dell'uomo da ogni imposizione politica o religiosa, e si sofferma ancor più sulle azioni virtuose che definiscono il cittadino e l'uomo migliore. La virtù è strumento di relazione, di concordia e di bene. A niente altro doveva pensare Democrito quando scriveva il suo plauso agli uomini virtuosi. Egli ha chiaramente dimostrato l'inefficienza del naturalismo: la ragione, se libera da schemi ed imposizioni preconcette, è necessariamente libera da ogni catena meccanica, da qualsiasi origine quest'ultima provenga.  

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