Dio singhiozza ma va fino in fondo

20.10.2023

L'uomo ha perso la conoscenza di se stesso e della propria vita, dopo aver deliberatamente allentati i suoi legami con Dio.

di Egidio Cappello

È straordinaria la caparbietà con la quale Dio conserva e difende la sua fiducia nell'uomo. Non torna sui suoi passi. Certamente ricorda i momenti comuni tra gli alberi dell'Eden, quando insieme godevano di uno scenario bello e buono e sceglievano le parole da assegnare a tutte le cose. Provo ad immaginare il volto dell'uomo di quei momenti di creatività, di pace, di amore, di sguardi benevoli, di espressioni felici e intelligenti: era l'effigie del volto di Dio. 

Tutto era bello e buono, l'infinito nelle piccole cose, la verità in ogni pensiero, la gioia in ogni proposito, il significato autentico in ogni parola, la luce in ogni angolo del mondo fino a cancellare e far scomparire ogni penombra. Come è diversa l'umanità dei nostri giorni, come è diversa la tensione culturale e spirituale delle comunità, come sono diverse la vita politica, la vita sociale, l'educazione, la sanità, il lavoro, come è diverso il bisogno di Dio. I volti degli uomini di oggi non sono immagini di Dio bensì di qualcos'altro, hanno i tratti del disorientamento, del dubbio, della incapacità, della solitudine. Sul volto dell'uomo c'è anche la ruga della violenza, del terrore, della barbarie più inumana. Dio ha ancora fiducia in questo uomo, perché sa cosa c'è nel cuore di ognuno, "Dio solo sa cosa c'è nel cuore di ogni uomo". Dobbiamo imparare ad avere fede nell'uomo, perché ci sono tanti motivi per perderla. 

La nostra esigenza di rinnovamento, il nostro bisogno di superare il terribile disorientamento dovuto agli eventi drammatici dei nostri giorni, non hanno senso se a noi manca la fede nell'uomo. Oggi la nostra fede è scossa dal dubbio e la stessa idea dell'uomo perde consistenza. Non possiamo non riflettere sull'uomo dei nostri tempi, che vive nella penombra, ai margini della sapienza e della intelligenza, senza capacità creative e dimenticando il giusto uso della propria ragione. Non possiamo non chiederci il perché oggi l'uomo è succubo di valori fallaci, di convinzioni superficiali, e manca totalmente della capacità di progettare il futuro con l'ottica del bene. Sembra attratto dal proprio recinto, è distratto e indifferente verso ciò che è comune: la scelta del proprio mondo da coltivare e custodire ha cancellato negli uomini la bellezza e l'importanza delle relazioni. L'uomo ha smarrito il suo ruolo di protagonista della storia, rincorre obiettivi effimeri e difficilmente guarda il cielo perché incapace di cogliere l'infinito e l'eterno. 

Eppure Dio ci grida che la fede nell'uomo non va perduta; essa è fondamentale per costruire, per sperare, per guardare oltre. La fede nell'uomo è legata in modo indissolubile alla fede in Dio e deriva dalla fede di Dio. La nostra civiltà è fondata sulla unione, nella persona di Gesù, della divinità e della umanità, per cui la fede in Dio non è separabile dalla fede nell'uomo. E' questo il pensiero di Gesù: Dio ha fede nell'uomo, lo ama fino a dotarlo di tutte le risorse e le virtù per realizzarsi pienamente nell'ordine sociale e per prepararsi alla eternità. Da tale fondamento derivano la concezione della vita umana, la concezione del lavoro umano, e il perché della relazione tra gli uomini. La divinità raggiunge e abita, attraverso la natura e la ragione, ogni aspetto della vita. Così è giusto aver fede nel saggio, nell'uomo politico, nel genitore, nel docente, nell'uomo di Dio, in quanto nel loro operato sono tracce della volontà di Dio. È giusto anche aver fede nella famiglia, nelle istituzioni, nella scuola, nella Chiesa, in ogni luogo dove si professa la cultura della oggettività, dei valori interpersonali, della socialità, della fratellanza e della solidarietà. 

La fede nell'uomo è essenziale in ogni momento e atto della vita individuale e collettiva e diventa la condizione necessaria per costruire un futuro sostenibile. Anche il linguaggio, in tale contesto, si fa ubbidiente a tale concezione dell'uomo e fornisce i significati autentici dei termini persona, dignità, nobiltà, spirito, provvidenza, trascendenza, appartenenza, storia, civiltà, eticità, allo stesso termine di fede. Ebbene oggi tutto questo è compromesso sia da condizioni storiche precarie, specialmente economiche ma anche sociali, culturali innanzitutto giuridiche, che sono causa di disorientamento nelle istituzioni, nelle famiglie, nelle scuole, nel mondo della sanità, sia da tendenze e da mode pseudofilosofiche, come il relativismo, il pensiero debole, il materialismo, l'edonismo, lo scientismo, che annunciano, in nome di una presunta necessaria liberazione del soggetto, la fine di ogni discorso teologico o metafisico.

L'uomo è sempre più ad una dimensione, come ha scritto Herbert Marcuse. L'uomo ha perso la conoscenza di se stesso e della propria vita, dopo aver deliberatamente allentati i suoi legami con Dio. L'uomo e la vita umana sono letti con metodo empirico e fenomenologico: i valori sono quelli del denaro e del prestigio, la cultura è quella della diversificazione e della emarginazione, il diritto è quello dei privilegi e dei soprusi, l'economia è quella del potere e della conquista delle risorse mondiali, l'educazione è quella dell'ammaestramento e della compressione spirituale, la filosofia è quella che inneggia alla soggettività e all'individualismo radicali, il lavoro è quello della umiliazione e della sofferenza, il tempo libero è quello dell'affannosa ricerca di un impiego. L'uomo ha dimenticato la propria origine, va dimenticando le proprie dotazioni, va dimenticando il proprio futuro, e ha polverizzato il progetto di Dio in mete effimere che tuttavia vive in modo intenso e drammatico. L'itinerario della vita umana, generalmente volto alla piena realizzazione dell'uomo sia nella dimensione della storia e del tempo che nella dimensione dell'eterno e della verità tutta intera, si è come ridotto per via di limiti imposti da interpretazioni ingiuste dell'uomo e della storia umana. Occorre una vera rivolta contro la limitatezza voluta dallo stesso uomo, occorre che l'uomo la voglia ardentemente. 

Ma, ci chiediamo, chi svelerà l'uomo all'uomo? Chi spingerà affinché l'uomo si ricordi dell'uomo? Chi ha il coraggio di ribadire che l'uomo, questo uomo, è ancora quello che ha concluso la nuova alleanza con Dio? Questo è certamente un problema educativo e quindi ne sono coinvolti i genitori, i docenti, gli uomini politici, i media: tutti devono munirsi della consapevolezza di quanto sia drammatica la situazione presente e di quanto possa nuocere all'umanità la perdita della dignità dell'uomo, perdita dalla quale deriva una penalizzante concezione della vita umana. Agli eterni dubbiosi, vogliamo ricordare che il messaggio dell'uomo di Nazareth ancora suggerisce i fondamenti della grandezza dell'uomo, ed è ancora idoneo a monopolizzare la parte buona di tutte le culture e a farne strumento di progresso, di salvezza, di umanità riuscita. Preziosa è l'Enciclica "Redemptor hominis" di Giovanni Paolo II: in questa è dipinto magistralmente l'uomo, immagine di Dio. E' Gesù Cristo allora che svela l'uomo all'uomo. E' Gesù Cristo che fa dell'uomo la via fondamentale della Chiesa e la via in cui si incontrano tutte le vie possibili. In questo uomo, che è uomo di Dio, bisogna tornare ad avere fede. Lo auspichiamo e chiediamo allo Spirito Santo interventi più forti e più decisi.

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