Don Bosco, un operoso santo sognatore

02.02.2022

La cultura deve essere al servizio dell'amore, per risolvere i problemi dell'emarginazione, della sperequazione economica e dell'ingiustizia sociale

di Mariarosaria Di Renzo

Il 31 gennaio abbiamo celebrato la festa di San Giovanni Bosco, sacerdote piemontese e fondatore della Congregazione salesiana, di Maria Ausiliatrice e della Pia Unione dei Cooperatori salesiani. Nato nel 1815 a Castelnuovo (TO), ha consacrato tutta la sua vita al Signore, alla Madonna e alle opere cristiane, soprattutto rivolte ai giovani. E' morto nel 1888 ed è stato canonizzato da Pio XII il 9 aprile del 1934. Egli viene invocato in tutto il mondo come padre e maestro della gioventù. Mai come in questo periodo la figura di don Bosco può essere di esempio e di conforto! Egli operava instancabilmente per orientare al bene e per comunicare gioia e serenità, soprattutto quando ci si trovava in difficoltà.

Una figura estremamente importante nella vita di don Bosco è stata quella di Domenico Savio, suo allievo, che ha seguìto le orme del maestro dedicando la sua vita a gesti d'amore e di carità verso il prossimo. Questo zelante ragazzo morì a soli 15 anni, diventando il più giovane santo cattolico non martire. Di lui don Bosco pensava:"Mi pare che in te ci sia della buona stoffa...può servire a fare un bell'abito da regalare al Signore". Tra i miracoli a lui annoverati, si ricorda quello con cui il santo salvò la vita di una sua sorellina che doveva nascere, abbracciando e baciando sua madre e legandole al collo un pezzo di seta piegato e cucito come un abitino. E' per questo motivo che San Domenico Savio, festeggiato il 6 maggio dai salesiani, è il protettore delle gestanti, oltre che dei pueri cantores e dei chierichetti, entrambe mansioni liturgiche che svolse con grande dedizione. Il suo motto era: "La morte ma non peccati!".

Don Bosco è soprannominato "il sognatore", ma egli, da buon piemontese, aveva ben saldi i piedi per terra; piedi che, uniti alla sua caparbietà e ai doni dello Spirito Santo, lo hanno lanciato in progetti audaci e alla realizzazione dei suoi più grandi sogni. Il racconto contenuto nel testo titolato "Don Bosco nel mondo", di don Egidio Viganò, Rettore Maggiore della Congregazione salesiana dal 1977 al 1995 e settimo successore di don Bosco, riassume tutte le opere realizzate in Patagonia, America del Sud, Africa, Asia, Australia e Cina. Don Bosco è riuscito a consacrare oltre 50.000 religiosi e religiose che si sono dedicati e si dedicano principalmente alla gioventù, presso le "famiglie salesiane" che, nel tempo, si sono create. Paolo VI, uno dei dieci papi che hanno ruotato intorno a questa carismatica figura, lo definì "fenomeno salesiano" nella chiesa, proprio in considerazione di come don Bosco si era attivato e di come aveva raccolto simpatia e ammirazione da parte delle popolazioni a livello mondiale.

Tutto il lavoro di questo straordinario uomo deve essere di esempio e sprone alle nuove generazioni che, spesso, non vengono comprese nelle loro angosce e preoccupazioni, perché poco ascoltate o prese sul serio. In una società moderna, in cui il progresso corre dietro all'ingegneria genetica, fa nascere i bambini senza i genitori, insegna a pensare con l'"influencer" e i computers, appiattendo quasi completamente il pensiero, ci si interroga a cosa serve più l'intelligenza umana? Il giovane così capace, creativo, acuto e promettente, sta andando fuori strada, quasi alla ricerca del tragico incidente finale! Un esempio illuminante di tecnica che ha fatto più progressi è il settore della armi! Si continua imperterriti a costruire ordigni bellici, credendo erroneamente che la pace si ottenga con le guerre! Invece bisogna adottare un cambio di rotta, come don Bosco! Egli, seguendo le orme di Cristo e del Vangelo, ha capito che l'intelligenza, le capacità, la scienza e il progresso, devono essere al servizio della pace, della giustizia, della solidarietà, del tendere la mano al prossimo bisognoso, del far sentire la propria presenza all'altro. La cultura deve essere al servizio dell'amore, per risolvere i problemi dell'emarginazione, della sperequazione economica e dell'ingiustizia sociale. I giovani, dunque, hanno bisogno più che mai di sostegno e fiducia, onde evitare di sprofondare nella noia e nel "dolce far nulla, tanto c'è sempre chi risolverà i problemi al mio posto". Concludo questo scritto con una significativa frase di don Bosco, che mi ha molto colpita, estratta da un libretto regalatomi dalla zia di mio marito, Suor Margherita Giannantonio, salesiana e figlia di Maria Ausiliatrice. Da "Con Don Bosco un pensiero al giorno": "Lavoriamo di cuore. Iddio saprà pagarci da buon padrone. L'eternità sarà abbastanza lunga per riposarci".

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