«Dunque andiamo!» Duse: il teatro come risposta alla guerra e sofferenza

06.10.2025

Il film di Pietro Marcello, uscito nelle sale il 18 settembre, è un capolavoro visivo e umano e questo articolo vi spiega perché.

di Giulia Zinedine Fuschino

Eleonora Duse è l'attrice italiana per eccellenza, la cui figura abbiamo già discusso in un precedente articolo in cui davamo notizia della presentazione ufficiale del film alla recente Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia.

Chi vi scrive ha visto il film in sale e ne ha raccolto qui un resoconto, volendo spiegarvi il perché è un film bellissimo e attuale a suo modo; bellissimo perché c'è tutta la perizia artistica, tipica di Marcello, nell'uso della fotografia, luoghi e scenografie e poi per l'eccelsa e profondissima interpretazione di Valeria Bruni Tedeschi, impegnata in una Duse umana più che Divina, donna e attrice più che Musa, come tutti la ricordavano e ricordano. Restituire, per quanto possibile, un'immagine più vera della Diva è stato l'obiettivo, sicuramente riuscito. Ma, chi vi scrive vuole sottolineare, più che dati tecnici e drammaturgia notevoli, una sensazione che sicuramente è voluta: Marcello attraverso la strenua difesa e strenuo attaccamento al teatro della Duse, che afferma «l'unico mare in cui desidero nuotare è il teatro» nonostante la fatica del mestiere, voglia ribadire la necessità del teatro come arte, come mestiere e come visione, in un mondo lacerato dalle guerre, dai soprusi e (perché negarlo) da un revival delle idee fasciste. Il vissuto umano della Duse viene fortemente provata dall'esperienza della Prima Guerra Mondiale, tanto da portare in scena un dramma fallimentare su di esso, infatti il viaggio del c.d. Milite ignoto da Aquileia a Roma è il leitmotiv del film, un treno funebre su binario parallelo alla vita della protagonista.

Ecco tutto questo è sembrato a chi vi scrive molto attualistico: è possibile rispondere alle atrocità che ci circondano continuamente in varie parti del mondo con l'arte, il teatro?

Per Duse sì, «la mia risposta alla guerra è il teatro», per questo decide di tornare un'ultima volta sulle scene. Ognuno di noi risponde come sente al dolore, alle ingiustizie, atrocità e barbarie che vediamo, ognuno di noi può dissentire nel modo in cui ritiene opportuno, ma il messaggio del film può essere anche questo: il teatro, il teatro può essere un modo di esprimersi, di dare una voce chiara al proprio dissenso, al proprio dolore, condividendolo, al dolore di un. E Duse lo ha dimostrato a tutti noi, è un modo di «distinguere in mezzo all'inferno ciò che inferno non è e farlo crescere, dargli spazio» (Italo Calvino). È una necessità quanto mai attuale.

©Produzione riservata

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