Fare silenzio, per dialogare

11.09.2021

di Egidio Cappello

L'Europa è impegnata a combattere le sfide del nostro tempo. La pandemia va cancellando ogni divisione tra i continenti e imponendo nuove regole alla conduzione della vita del mondo. Ha richiamato al superamento delle tradizionali congetture culturali e politiche, e invitato a procedere all'abbattimento delle tradizionali barriere. La pandemia ha inferto ferite a tutti i popoli della terra, le medesime ferite, e ha suggerito l'unica metodologia per sopravvivere, per continuare ad essere protagonisti della vita del creato, l'unità dei percorsi della vita umana. E' una sfida epocale quella che l'umanità sta vivendo, sfida che nessun continente può affrontare da solo. Ogni malato di Covid, ogni contagiato, in qualsiasi parte del mondo viva, è un potenziale focolaio di drammaticità e di morte per chiunque. 

Così ogni bambino che muore per mancanza di acqua o di medicinali, dovunque sia, è una risorsa persa da ognuno. L'Europa è consapevole di dover rivitalizzare la logica della unità che fu sua nell'Occidente dominato dalla cultura greco-giudaico-cristiana e sa che è molto difficile perché è molto difficile il fondamentale dialogo tra i popoli e in particolare tra chi gestisce le sorti umane. Il mondo non ha una tendenza alla unitarietà in quanto le storie dei continenti e spesso degli Stati all'interno di uno stesso continente, sono divergenti, sono diverse le lingue, diverse le religioni, diverse le leggi, diverse le congetture politiche. Il mondo non possiede la cultura del dialogo. Questo è un elemento drammatico della storia contemporanea, ma oggi il dialogo è necessario pena l'estinzione dell'intero consorzio umano. Il dialogo è tra le attività proprie della mente umana. 

E' proprio il dialogo lo strumento e nello stesso tempo la finalità della crescita della mente umana. Il dialogo è costruzione, è creazione, è novità, è superamento della parzialità soggettiva, è accoglienza, è sintesi, è composizione, è crescita, è progresso. Il dialogo non è quello a cui siamo abituati, nelle piccole e nelle grandi relazioni, ossia la trasmissione di punti di vista destinati a restare tali alla fine della comunicazione. Penso al dialogo familiare incapace di creare più forti relazioni tra le generazioni, e sempre più strumento di diversificazione e di potere; penso al dialogo tra i docenti e gli alunni limitato alla trasmissione dei saperi e chiuso ad attività di ricerca di nuove letture del mondo circostante e della storia umana; penso al dialogo tra gli operatori della vita pubblica, sempre più dominato dalla indifferenza e dalla intolleranza; penso al dialogo tra i grandi della terra, sempre più fumoso e teorico e incapace di alcuna realizzazione idonea al superamento delle criticità del mondo. Il dialogo è strumento di unificazione, di aggiustamento e di superamento dei singolari punti di vista degli interlocutori. Presumere di poter dialogare senza la disponibilità ad accogliere e far proprio il pensiero dell'altro, senza la disponibilità a modificare il proprio, è una pura teoria. Dialogare necessita del bisogno di confrontare i pensieri, bisogno che nasce dalla consapevolezza che il proprio pensiero può essere parziale, incompleto, carente, e che necessita quindi di integrazione e di rivisitazione. 

E' importante che gli interlocutori affidino al dialogo la migliore comprensione e la soluzione del problema in discussione. Nel dialogo, la parte più importante è occupata dal silenzio. E' il silenzio che permette all'io di ascoltare se stesso e gli altri. E' il silenzio la base per dialogare, per entrare nel proprio mondo e in quello degli altri. Il silenzio rende completamente liberi e prepara all'ascolto e al dialogo. La libertà essenziale non è quella dell'io ma quella dall'io. L'io che bisogna momentaneamente spegnere è ogni forma di superiorità a cui si può essere legati, ogni forma di potere, che alimenta la diversificazione e la soggezione.

Nel silenzio dell'io, si vive una esperienza entusiasmante: si coglie l'interezza e l'illimitatezza della mente, si coglie il senso della universalità e della unitarietà, si guarda la verità ad occhio nudo. Il silenzio crea la comunicazione autentica e predispone alla relazione comunicativa autentica. Mi chiedo: è possibile che le grandi nazioni, che i continenti interi, possano acquisire la consapevolezza della parzialità delle proprie congetture e credere nella forza del dialogo? E' possibile che gli interlocutori diventino esperti nell'arte dell'ascolto? 

La mia risposta è del tutto positiva. Io credo che la lezione della storia avrà i propri effetti. E credo che la ricerca dell'unità sarà un bisogno di tutti. Tutti crederanno che l'unità non annulli la libertà degli interlocutori, tutt'altro. La libertà è il fondamento della unità e della condivisione. Ubbidire alla legge della universale relazione è segno della grande dignità dell'uomo, quella che deriva dall'essere immagine di Dio. Non posso non lamentare la mancanza di una educazione all'ascolto e di una educazione al silenzio, il che si traduce in gravi problemi per lo sviluppo della libertà intellettiva e caratteriale dei giovani educandi. Nella famiglia, nella scuola, nella comunità, vigono il principio della fretta, il principio dello scarico, il principio dell'assoluta autorità telematica, e tutte queste cose sono causa di disarmonia, di disattenzione, di assenza spirituale oltre che fisica. Nei luoghi della verità, nei luoghi ove dovrebbero albergare i valori della vita, quelli che rispettano la natura umana e la ragione umana, nei luoghi dove dovrebbe esserci il dialogo vero e giusto, dove ci dovrebbe essere alimento continuo di cultura e di spiritualità, in questi luoghi l'individualismo laicista ha seminato tanta zizzania da deturpare i campi interi e le piantagioni. 

Occorre essere consapevoli di come sta evolvendo la battaglia che oggi vede in opposizione la cultura dell'uomo e quella della barbarie. Intanto dico che non si può essere indifferenti né agli esiti né ai modi in cui essa evolve, e a chi teme di scoprire nel proprio mondo interiore delle bellezze e delle risorse contrarie e avverse alla via percorsa fino a quel momento, sussurro che la massima dignità dell'uomo sta nel coraggio di rigettare il proprio vecchio cuore di pietra e accogliere quello nuovo, di carne, appositamente costruito da Dio.

©Produzione riservata

Unisciti al nostro canale Telegram, resta in contatto con noi, clicca qui