"Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne", flash mob a Isernia

24.11.2024

Angela Scungio* 

Di violenza sulle donne non si parla mai abbastanza. L'eco del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel 1999, è forte perché le donne continuano a morire ogni giorno per mano di uomini che sostengono di amarle ma che non le rispettano. Ci sono anche le donne che troppo spesso cadono nel tranello e confondono sentimenti negativi con il "troppo amore". 

Il "troppo amore" non esiste, mentre esistono le percosse, i lividi – sulla pelle e sull'anima – le offese e le ingiurie, le violenze sessuali e le violenze psicologiche, le accuse e le distorsioni della realtà che ne manipolano il senso, le persecuzioni e lo stalking. Tra i simboli di questa lotta c'è il progetto delle panchine rosse, il cui colore è associato alla violenza e alla lotta per le pari opportunità. Una donna su due, tra i femminicidi che avvengono, viene uccisa per mano di chi la doveva amare. Le vittime di femminicidio non sono soltanto numeri, ma individui con vite, famiglie, ambizioni e sogni, uccise sia tra le mura domestiche che per strada.

Le donne in Italia continuano a essere vittime di violenza domestica e di genere. La violenza nelle relazioni intime è diffusa e include abusi fisici, sessuali, emotivi e psicologici nonché comportamenti di controllo. Essa si verifica generalmente a partire dall'adolescenza, poi nell'età adulta e talvolta può esordire o aggravarsi in gravidanza con notevoli ripercussioni sul feto, sui bambini e sugli stessi adolescenti. La violenza subita dai bambini in maniera diretta o come "violenza assistita" ha gli stessi devastanti effetti, oltre che in senso fisico, anche e soprattutto a livello psicologico. Queste esperienze sono come "orme nel cemento fresco" che rimarranno salde per tutto il resto della loro vita, con le dirette conseguenze. Le donne che hanno subito violenza utilizzano i servizi sanitari - medicina di base, pronto soccorso, consultori ginecologici, servizi psichiatrici, Sert …- più spesso di altre donne. 

La frequenza delle violenze è tale da rendere inevitabile che un operatore sanitario incontri nell'ambito della propria vita professionale una o più donne vittime di violenza eppure la stragrande maggioranza dei medici non riceve alcuna formazione specifica sulla violenza di genere nel corso dei propri studi, pre e post laurea. Quando una donna chiede aiuto, l'accoglienza rappresenta la fase più complessa della relazione tra la vittima e chi l'accoglie, sia che si tratti di un operatore sanitario, di un rappresentante delle forze dell'ordine o di un operatore psicosociale. Quando la vittima di violenza si reca in Pronto Soccorso "deve percepire" che ha trovato un luogo appropriato dove raccontare la propria storia ed è perciò importante che senta di potersi fidare del suo interlocutore. L'accesso al Pronto Soccorso, tramite triage infermieristico, soprattutto nel breve tempo successivo all'aggressione subita, è una fase molto delicata e particolarmente proficua per iniziare a raccontare la situazione di maltrattamento. Esso costituisce un momento in cui è possibile: riconoscere la violenza, "svelare" la violenza avvenuta, intercettare la domanda di aiuto della vittima (non sempre esplicita), far fronte ad intense emozioni e molteplici bisogni della vittima, applicare correttamente le specifiche procedure secondo le linee guida aziendali e quindi ministeriali, fornire informazioni sui servizi del territorio e della rete antiviolenza. 

Tutto ciò avviene presso il Percorso Rosa istituito da circa un anno presso il PSO dell'ospedale "F. Veneziale" di Isernia. Altro strumento fondamentale è il "Protocollo d'Intesa - sottoscritto con la Prefettura - per la realizzazione di strategie condivise di prevenzione e contrasto contro alla violenza di genere" ed il rapporto con i centri antiviolenza presenti sul territorio. È fondamentale rafforzare la prevenzione mediante il coinvolgimento della rete territoriale con il volontariato sociale e con il mondo educativo delle scuole di ogni ordine e grado perché solo con un lavoro analitico di tutti, dalle Istituzioni alla intera Comunità, è possibile implementare una cultura del rispetto basata sulla non violenza. Da soli non si va da nessuna parte!

*Ginecologa, Direttore del Consultorio Familiare il Girasole, Referente Percorso Rosa P.O. "F. Veneziale " Isernia

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