Giù le mani dalla Flotilla: l’ipocrisia del governo e il silenzio complice dell’Europa

02.10.2025

di Paolo Scarabeo

C'è qualcosa di osceno nell'accanimento con cui il governo italiano e buona parte dell'Occidente hanno reagito alla Global Sumud Flotilla. Poco più di 40 barche di aiuti, disarmate, cariche soltanto di solidarietà e speranza, sono state trattate come un nemico, come una minaccia. Intanto, Netanyahu – condannato dalla Corte Internazionale per crimini di guerra, artefice di un genocidio contro la popolazione di Gaza – continua indisturbato a bombardare, affamare e massacrare.

Al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, - che continua a dimostrare un coraggio che non c'è - va ricordato che se la stessa veemenza usata per fermare la Flotilla fosse stata spesa per condannare Netanyahu, probabilmente oggi non conteremmo decine di migliaia di morti. Quel "Fermatevi" tanto sbandierato e urlato con voce rotta davanti alle telecamere non è stato rivolto a chi bombarda scuole e ospedali, ma usato come cornice di propaganda (come fa nel suo perenne comizio elettorale). Se quel grido fosse stato indirizzato a chi ha tolto la vita a 20.000 bambini – colpiti dalle bombe, sparati nei genitali o lasciati morire di fame – la storia sarebbe stata diversa. Ma evidentemente quei bambini "non erano la sua priorità".

Al Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha avuto il coraggio - tra l'altro (molto altro!!!) - di affermare che il diritto internazionale "non vale sempre", basterebbe consigliare una ripassata ai manuali di diritto. Un'affermazione simile, da chi rappresenta l'Italia nel mondo, non è solo un vergognoso inciampo: è la confessione di un relativismo morale e giuridico pericolosissimo. Perché se la legge vale "a volte", allora non vale mai.

A Bruno Vespa, che dal suo pulpito televisivo pontifica con la solita arroganza, e che si prende il lusso di chiudere la linea in faccia a chi non la pensa come lui, andrebbe ricordato che il giornalismo non è un trono da cui giudicare, ma un servizio. La sua voce, che dovrebbe informare e smascherare i poteri, si limita invece a confermarli, rendendo ancora più necessario un ripasso dei Codici Deontologici. Il giornalista - andrebbe ricordato dalla tanta Stampa asservita, dalle Testate diventate ormai "giornali di partito" - non è un barboncino da salotto - come in troppi si stanno dimostrando ormai da anni - ma un cane da guardia!

E poi ci sono i leoni da tastiera, quelli che in queste ore si affrettano a deridere gli attivisti: "Potevate stare a casa", "Speravate in una medaglia?". Ma è proprio per colpa di gente così, di questa indifferenza che il mondo è allo sfascio. È per chi si gira dall'altra parte, per chi non vuole vedere, che la storia continua a ripetersi. Così fecero anche con l'Olocausto, voltandosi altrove mentre l'orrore avanzava.

A chi poi chiede che "le spese di rimpatrio se le paghino gli attivisti" basti un paragone semplice: lo stesso governo, con un volo di Stato e a spese dei contribuenti, ha accompagnato a casa, senza arrestarlo, lo stupratore seriale di bambini Almasri, su cui pendeva un mandato di arresto internazionale. Nessuno pagherà per quella vergogna. Sempre lo stesso governo ha speso un miliardo di euro per costruire in Albania un lager che non potrà mai essere usato. Ma quando a rischiare la vita per portare aiuti a Gaza sono attivisti disarmati, allora ci si accanisce contro di loro e si invoca persino che paghino di tasca propria.

Il risultato è chiaro: l'Italia e l'Europa non hanno solo perso la bussola morale, hanno scelto di essere complici. Si ergono a difensori dei diritti solo quando è conveniente, ma quando il genocidio è in corso, quando ventimila bambini vengono cancellati dalla faccia della terra, si limitano a tacere o a colpire chi prova a rompere l'assedio.

E il silenzio, davanti a un crimine, non è mai neutrale. È complicità.

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