Gorgia da Lentini: una proposta assurda?

13.04.2022

di Egidio Cappello

Gorgia vive nel V secolo a.C., ha grande cultura, ed è tra i sapienti che insegnano le proprie acquisizioni culturali. Non è da poco visto che tanti personaggi del suo tempo insegnano solo ai propri discepoli e impongono il silenzio su quanto trasmesso. Vive lunghi periodi ad Atene, la città della cultura e dell'insegnamento, e qui sbalordisce per le sue qualità oratorie. Gorgia è passato alla storia della filosofia come l'antifilosofo, come colui che ha distrutto la linea culturale espressa dai filosofi precedenti. Avrebbe azzerata l'esistenza dell'essere, ne avrebbe annullata la conoscibilità e, ancora di più, ne avrebbe dichiarata la incomunicabilità. Responsabile sarebbe la seguente espressione scritta nell'opera Sulla Natura: "nulla è, se fosse non sarebbe conoscibile, se fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile".

Non è questo il suo pensiero. Gorgia sta enfatizzando le capacità intellettive, comunicative e oratorie dell'uomo. Egli ha colto come Democrito, come Protagora, le possenti capacità della mente umana, e intende dimostrarne le risorse in attività produttive limite. Nella espressione ci sono tre dichiarazioni assurde e Gorgia, con la sua arte oratoria, ne dimostra la logicità, con argomentazioni conseguenziali. Il filosofo insegna che anche delle assurdità logiche possono ricevere opportune dimostrazioni ed essere accettate come vere. L'intento quindi del filosofo non è proporre l'azzeramento della realtà oggettiva, l'azzeramento delle capacità mentali e l'azzeramento della comunicazione e della trasmissione dei saperi tradizionali, bensì dimostrare il potere della mente di dare carattere logico ad affermazioni opposte e spiegare anche una ipotesi assurda.

La verità quindi esiste, esistono i valori, esistono le tradizioni, alle quali Gorgia dà notevole significato nella formazione dei giovani educandi, esiste il vocabolario della giustizia e della appartenenza alla comunità, esiste il vocabolario dell'unità tra i popoli, esiste il vocabolario della forza d'animo, del coraggio e dell'onore. Nel saggio "La difesa di Palamede", Gorgia compone l'orazione fittizia che Palamede pronuncia davanti ai giudici a propria difesa contro l'accusa di Ulisse d'aver tradito i Greci e preso danaro dai Troiani. Gorgia mette in bocca a Palamede argomentazioni molto forti che dimostrano l'impossibilità del tradimento dell'eroe greco. Ed è notevole la concezione di Gorgia, espressa da Palamede, relativa al tradimento della propria patria. Egli pronunzia parole di condanna totale nei confronti di coloro che tradiscono la propria storia e la propria cultura: il tradimento, egli dice, arreca disonore alla persona che viene meno ad un patto o ad una norma.

Nell'Orazione Olimpica, declamata ad Atene nel periodo bellico, egli invita i Greci a superare le discordie e affrontare i popoli barbari unendo le proprie forze. La disunità delle città greche è una condizione estranea alla cultura, alla sensibilità, alla predisposizione relazionale delle comunità stesse. Sconfiggere i barbari, scrive Gorgia, è un compito che travalica interessi parziali e limitati e abbraccia l'unitarietà di tanti popoli che parlano la stessa lingua e credono nelle stesse divinità. Nell'Epitaffio Gorgia sottolinea la forza interiore degli Ateniesi caduti in guerra e li propone all'ammirazione universale. Questi eroi sono esempi di audacia e di sapienza. Di fronte alla scelta tragica se rispettare il dono divino della vita lasciando lo scudo in terra o restare a difendere la propria comunità, le proprie donne, i propri bambini e le proprie istituzioni cittadine, essi hanno scelto questa seconda via, con responsabilità e sapienza. Nei tre testi è chiara la presenza di una scala di valori, inclusiva di norme naturali e di norme convenzionali, norme distinte ma non in una dicotomia eterna. La storia chiama gli uomini al discernimento e alla valutazione delle proprie scale di valore e delle proprie tradizioni e nelle soluzioni si legge il potere della mente.

"Morti loro, scrive Gorgia, non è morto con loro, il rimpianto, ma vive di loro non più vivi, in noi mortali, immortale". L'immortalità del rimpianto e del ricordo, difficilmente si colloca all'interno di un mondo senza valori oggettivi, inconoscibile e incomunicabile. Nell'Encomio di Elena, Gorgia dice che vuole svelare la verità e dimostrare che i detrattori di Elena sono essi stessi mentitori. Vuole vincere l'ignoranza che si ha sulle motivazioni dell'evento e dimostrare la liceità della scelta di Elena a seguire Paride a Troia. Con puntuali argomentazioni, Gorgia ribalta le convinzioni relative alla colpa di Elena. Così dimostra ancora la forza della parola, la forza del Logos, di cui l'uomo è possessore.

Non credo, come si è voluto far credere, che il pensiero di Gorgia sia privo di ogni riferimento alla divinità. Questo è tanto difficile per un greco ed è difficilissimo per un filosofo della grandezza dell'uomo e della mante umana. Al termine dell'intervento sostengo e ribadisco che Gorgia non è un nichilista, né un individualista; Gorgia è esponente di un razionalismo pieno in quanto fida in una ragione dalle grandi capacità conoscitive e comunicative, e crede nelle tradizioni che danno valore al passato e forniscono il migliore alimento per edificare il futuro. Il passaggio da Talete a Socrate non è un salto pindarico ma la continuazione di un cammino pianeggiante.

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