Hai 30 mila euro? Allora puoi giocare in Serie C. Altrimenti, zitto e guarda.
di Mario Garofalo
Sì, hai letto bene. Non serve talento, fatica, sogni o sacrifici. Basta un assegno. 30.000 euro e puoi metterti la maglia, scendere in campo e dire che sei un calciatore professionista. È tutto nero su bianco nell'ultima inchiesta de Le Iene. Salvatore Bagni? Coinvolto. Ma se pensi che il problema sia solo Bagni, allora stai facendo finta di non vedere. È un sistema. Un sistema che conosciamo tutti. E che continuiamo a tollerare.
Smettiamola di prenderci in giro
Tu, che ogni quattro anni ti strappi i capelli quando l'Italia non va ai Mondiali. Tu, che ti indigni sui social con frasi tipo "che vergogna, bisogna cambiare tutto". Tu, che esalti squadre e giocatori imposti dalla narrativa dei giornali "di sistema", gli stessi che trasformano mediocrità in oro e ignorano le realtà che davvero lavorano sul campo. Tu fai parte del problema.
Il calcio italiano è una farsa. E lo sappiamo tutti.
Hai un figlio che gioca a calcio? Bravo. Speriamo abbia un talento incredibile… e anche un bel conto in banca dietro. Perché nel 2025, se vuoi una carriera, serve prima il bonifico. Ti sembra normale? Ti sembra accettabile che per far giocare tuo figlio in Serie C devi pagare più di quanto costa un anno in un'università americana?
E i giornali? I grandi giornali sportivi continuano a pompare le "grandi piazze", a proteggere club in declino e dirigenti incompetenti, ignorando completamente le squadre piccole che davvero costruiscono qualcosa, che davvero fanno crescere i giovani. Non ti chiedi mai perché? Non ti chiedi mai chi decide cosa merita spazio e cosa no?
Poi piangiamo per l'eliminazione ai Mondiali...
L'Italia fuori dal Mondiale? Ancora? E ci stupiamo? Davvero ci indigniamo ancora? Ma se i giovani forti non giocano. Se gli allenatori sono amici di amici. Se i talenti veri vengono bruciati per fare spazio ai "figli di". Se le società falliscono ogni sei mesi e nessuno paga mai. Se bastano 30 mila euro per fregare chi si allena da dieci anni. Davvero pensi che la Nazionale possa vincere qualcosa?
La verità? Non vogliamo cambiare nulla.
Parliamoci chiaro: la verità è che a molti questo sistema conviene. Dirigenti, procuratori, giornalisti, società. È tutto un teatrino. Le vittorie sono accidenti, non progetti. I fallimenti sono messi sotto al tappeto. E a ogni nuovo scandalo, la reazione è sempre la stessa: silenzio, archiviazione, oblio.
E allora la domanda è per te
Quanto sei disposto a sopportare ancora?
Quanta ipocrisia sei disposto a digerire prima di smettere di credere a questo calcio di plastica? Hai davvero voglia di cambiare le cose? O ti va bene così, finché puoi guardarti la partita il sabato sera e postare due meme dopo la sconfitta?
Se davvero vuoi che il calcio italiano torni a essere qualcosa di cui andare fieri, devi iniziare a vedere le cose per come sono. Senza scuse. Senza retorica. Senza sconti.
Il talento non basta più. Il merito non basta più. Serve coraggio. E serve ora.
Perché la prossima volta che l'Italia resterà a casa dal Mondiale – e succederà ancora – non dire che non te lo aspettavi.
