Il CISAV ricorda don Lucio Ragozzino con una monografia

08.11.2022

Un lavoro di Emilio Angelone che ci consegna "l'ultima lezione" del sacerdote collese scomparso tragicamente 27 anni fa. La presentazione era rinviata a causa dell'evento tragico che nei giorni scorsi ha colpito la comunità collese.

di Paolo Scarabeo

L'appuntamento è per venerdì 11 novembre alle ore 17.00, nella tensostruttura allestita in piazza Madre Teresa di Calcutta a Colli a Volturno. In quell'ora e in quel giorno Colli a Volturno riabbraccerà la memoria di un suo Figlio, di un prete, anzi di un Prete, con la "P", quella maiuscola, perché chiunque ha conosciuto don Lucio Ragozzino sa che stiamo parlando di un uomo, di un uomo di fede, di uno studioso, scomparso tragicamente a soli 37 anni - ormai 27 anni fa - ma mai veramente dal cuore e dal ricordo di quanti lo hanno conosciuto e amato.

Tutto questo sarà possibile grazie al Centro Indipendente Studi Alta Valle del Volturno e al lavoro straordinario di Emilio Angelone, che ha curato la pubblicazione di un libro postumo di don Lucio: La chiesa extramurale di San Leonardo Abate in Colli a Volturno, di cui il CISAV è appunto Editore.

Un libro che riporta il lettore all'entusiasmo che nei primi anni '80 del secolo scorso accompagnò l'inizio degli scavi sistematici dell'abbazia di San Vincenzo, che inaugurò la stagione della ricerca archeologica nell'Alta Valle del Volturno. Lo stesso sorprendete entusiasmo che hanno manifestato tanti - come testimonia il curatore - "al solo pronunciare il nome di don Lucio", mettendosi a disposizione nella fase di raccolta di materiale e testimonianze.

Un clima di entusiasmante ricerca in cui "il giovane don Lucio Ragozzino - come scrive Angelone nella sua premessa - effettuava le sue prime indagini sul territorio, basate essenzialmente sul confronto tra il dato storico e la ricognizione di superficie. La sistematicità nella ricerca, frutto della rigida formazione benedettina, ed una notevole capacità intuitiva, lo resero protagonista di numerosi ritrovamenti, basti qui ricordare gli speca e i cippi dell'acquedotto augusteo,  i siti longobardi di Colle Sant'Angelo e di Monte San Paolo, oltre che decine di reperti di epoca sannitica, romana e medievale. Tale conoscenza del territorio e delle testimonianze antiche, confrontate con le informazioni custodite nei documenti degli archivi di Montecassino, Colli e Montaquila - solo per citarne alcuni - permisero di delineare un quadro conoscitivo delle vicende storicoarcheologiche dell'Alta Valle del Volturno quasi totalmente inedito".

Un lavoro prezioso, certosino, che ha portato Angelone nel mondo di don Lucio, nel suo studio, "lasciato com'era alla tragica data della sua morte", che "custodisce centinaia di volumi di vario argomento, con una evidente prevalenza di testi ecclesiastici e di materia storicoarcheologica. Nei cassetti e dietro le ante della libreria, decine di cartelle contengono i documenti prodotti negli anni delle sue ricerche".

Un lavoro tutt'altro che semplice, innanzitutto perché quando si mette mano agli scritti di qualcun altro non si comprende mai veramente appieno quale fosse la sua intenzione, poi perché - come scrive ancora Angelone - "selezionati all'interno delle varie cartelle tutti quei documenti riconducibili a tale progetto editoriale, i fogli manoscritti e dattiloscritti (...) immagini, fotocopie di pergamene, fotografie e disegni", appariva evidente che "l'opera era ancora in piena fase di stesura: di alcuni capitoli esistevano diverse versioni e, di queste, molte presentavano correzioni e ripensamenti; altri, invece, risultavano mancanti in parte o del tutto".

Dunque, Angelone "ha inteso condurre un lavoro di "costruzione" di un testo attraverso la collazione e selezione delle lezioni pervenute, e l'assemblaggio delle parti testuali, al fine di ricomporre l'opera", ben consapevole, com'egli stesso dichiara, che "Il risultato di questa prima operazione avrebbe restituito un testo precario che presentava le criticità di un lavoro in corso d'opera", e che "Sarebbe ingenuo supporre che il testo a cui si è pervenuti corrisponda esattamente a quello immaginato dall'autore; tuttavia, è sembrata l'unica strada possibile per presentare l'opera al pubblico".

Un lavoro prezioso, che riporta don Lucio tra la sua gente, con la sua fede, la sua profonda umanità, il suo amore per il mondo benedettino, in cui si era formato, la sua passione per lo studio e la ricerca. Un'opera con cui "si è voluto consegnare alla comunità un'ultima "lezione" di don Lucio Ragozzino, nella convinzione che solo la conoscenza del patrimonio locale possa animare l'interesse e ristabilire con i nostri paesi quelle connessioni che chiamiamo coscienza di luogo e senso di appartenenza".

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