Il crocifisso, sepolto!
In clima di violenza, di passione, meditiamo un grido...uno strappo. Proprio a causa della loro istantaneità chiedono l'eco della meditazione per dare tutto ciò che contengono.
"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Noi crediamo che l'inizio del Salmo 22 parola della croce, secondo Marco e Matteo, porti con sé ben oltre le interpretazioni, qualcosa di "ciò che è in Cristo" (Fil 2,6). Uno scandalo pregato, una solitudine condivisa, un abbandono affidato, un silenzio dialogato, una consegna restituita, una derelizione comunicata.
Impossibile non leggervi il riassunto del mistero, del paradosso pasquale, la sigla della filialità divina crocifissa. Bisogna davvero essere figlio, e non sembrarlo, per andare al Padre con questo perché abissale.
Adoratore in spirito e verità come il Padre non si stanca di cercarli, Gesù non è un orante per bene, facile e compito, ma un ānāw che grida de profundis, da ciò che ha tutte le apparenze della scomunica e della maledizione. C'è di che ridurre a pezzi le nostre pie abitudini. Non per nulla l'effetto del suo grido è il lacerarsi della secolare barriera cultuale e nel contempo il momento della più alta tensione del Figlio verso il Padre. I tradizionale confini tra sacro e profano si disintegrano nella sua carno, in quel Verbum caro factum, nel suo vissuto. Se la morte impura, il patibolo maledetto, la bestemmia che scomunica, lo sheôl in cui nessuno ti loda diventano 'pregabili', se sono tutti santuari potenziali, perfino più adatti alla verità di tanti salmi che non la gloria del Santo dei Santi... allora cos'è 'preghiera', cos'è la comunione con Dio?
Solo occhi 'pagani' possono scegliere il Golgota per lanciare la professione di fede nell'assoluta novità del Dio crocifisso. Solo ginocchia mai inginocchiate possono piegarsi davanti a quest'uomo spirato in quel modo e inaugurare l'assemblea dei folli e degli stolti, e celebrare così, fuori Gerusalemme la dedicazione della chiesa di Pasqua.
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