Il lavoro. Un'importante riflessione di don Giuseppe Pani

26.04.2021

di Paolo Scarabeo

Qualche mese fa avevamo proposto un Pensiero Breve... inerente il lavoro. Avevamo scritto, come semplice stimolo: "Il lavoro è una manifestazione dell'Amore che unisce gli esseri umani. Grazie a esso, ci rendiamo conto che non siamo capaci di vivere senza il prossimo e che anche gli altri hanno bisogno di noi.

Esistono due tipi di lavoro.

Il primo tipo di lavoro è quello che costituisce un dovere e che serve per guadagnarsi il pane quotidiano. In tal caso, gli individui vendono il proprio tempo, e non si accorgono che non potranno mai ricomprarlo. Trascorrono l'intera esistenza sognando in cui potranno riposare. Ma quando finalmente arriva quel momento, ormai sono troppo vecchi per godere di tutto ciò che la vita può offrire. Questi individui non si assumono mai la responsabilità dei propri atti. Si limitano a dire 'Non ho scelta'.

Il secondo tipo di lavoro è quello che le persone accettano sia per guadagnarsi il pane quotidiano , sia per dimostrare dedizione e amore verso gli altri. Questo genere di impegno si chiama 'offerta'.

Due persone possono cucinare il medesimo cibo e usare gli stessi ingredienti. eppure una di esse ha intriso d'Amore ogni suo gesto, mentre l'altra si è preoccupata soltanto di preparare una pietanza. Alla fine, il risultato sarà completamente diverso, anche se è impossibile vedere o pesare il magico ingrediente del sentimento più nobile e alto.

Chi si premura di offrire, viene sempre ricompensato. Quanto più suddivide il proprio affetto, tanto più esso si moltiplica".

Scorrendo i Social, abbiamo trovato una importante e profonda riflessione di don Giuseppe Pani, Docente di Teologia Morale presso Issr di Sassari, che intendiamo rilanciare, convinti della verità delle sue affermazioni. 

"Di lavoro si discute tanto - ha scritto il teologo - considerandolo semplicemente un "qualcosa di materiale" legato al salario, alla sopravvivenza. Si evita la domanda fondamentale: che cos'è il lavoro? Il lavoro è sempre un ' "attività spirituale": dietro una qualsiasi esperienza lavorativa c'è in ballo la libertà di una persona che ha scelto, spesso non fra tante possibilità, un lavoro e una professione. 

Persona che, malgrado tutto, si sforza di "fare bene" il suo lavoro. Ogni lavoro "ben fatto" è un'attività "morale" e "spirituale", persino in un lager. Così scrive Primo Levi: «Ad Auschwitz ho notato spesso un fenomeno curioso: il bisogno del "lavoro ben fatto" è talmente radicato da spingere a far bene anche il lavoro imposto, schiavistico. Il muratore italiano che mi ha salvato la vita, portandomi cibo di nascosto per sei mesi, detestava i nazisti, il loro cibo, la loro lingua, la loro guerra; ma quando lo mettevano a tirar su muri, li faceva dritti e solidi, non per obbedienza ma per dignità professionale». 

Sono vicino a tutti coloro che, malgrado la loro disperata richiesta di riconoscimento-riconoscenza per il loro lavoro "ben fatto", vivono non solo un dramma economico, ma anche ciò che una certa politica, e anche una parte di Chiesa troppo lontana dalla realtà (nelle nostre parrocchie si parla poco di lavoro, mercato e finanza), sembra da sempre dimenticare: la sofferenza psicologica, morale e spirituale". 

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