Il Molise non è un'eccezione. È il Sud.

06.10.2025

di Mario Garofalo

Ora si parla del Molise, della sanità a pezzi, delle ambulanze che non arrivano, degli ospedali chiusi o mai finiti. Si grida allo scandalo, si cercano nomi e cognomi da sbattere in prima pagina: il commissario, il presidente della regione, il ministro. Si invocano "soluzioni". Si aprono tavoli, si scrivono mozioni.

È la solita recita. E il problema resta. Perché il Molise non è un caso isolato. È un pezzo del Mezzogiorno, ed è il Mezzogiorno il problema. Non nel senso che è colpevole, ma nel senso che è la vittima storica di un sistema che l'ha messo in ginocchio per servire un altro progetto: quello dell'Italia industriale del Nord.

Da più di 160 anni, il Sud è la colonia interna di questo Paese. Lo era nel 1861, quando ci hanno "liberati" per depredarci. E lo è ancora oggi, quando ci raccontano che se le cose non funzionano è colpa nostra, della nostra inefficienza, della nostra corruzione, della nostra arretratezza. Ma non dicono mai che è un arretramento imposto, scientifico, sistemico.
Il PIL del Sud è ancora oggi quasi la metà di quello del Nord. La sanità pubblica riceve meno soldi a parità di popolazione. Le scuole cadono a pezzi. Le università sfornano cervelli che emigrano. E ogni tanto, come ora col Molise, si alza un po' di polvere. Ma poi tutto torna nel silenzio, nel disinteresse generale.

Il Sud non riceve risorse: le cede. Le ha sempre cedute. Ha pagato con l'emigrazione, con la disoccupazione, con la marginalità economica, con l'umiliazione di sentirsi sempre il problema e mai la soluzione. È un rapporto coloniale, punto. La borghesia del Nord ha costruito la sua potenza industriale sulle spalle del Sud: prima con l'unificazione, poi con lo Stato centralista, oggi con la globalizzazione.

Il Molise oggi è il simbolo di questo meccanismo: piccolo, dimenticato, impoverito. Ma non è solo. La stessa sorte la vive la Calabria, la Basilicata, l'entroterra campano, la Sicilia. E se non si rompe questo gioco truccato, se non si rovescia il tavolo, potremo continuare a manifestare, a fare sit-in, a lanciare appelli… ma non cambierà niente.

Bisogna dirlo chiaramente: non siamo tutti italiani allo stesso modo. Siamo cittadini a metà. La questione meridionale è ancora tutta aperta, e non si risolve con i proclami, ma con la presa di coscienza che questa Italia non è nostra. Non lo è mai stata.
Fino a quando non costruiremo un progetto autonomo, nostro, radicato nel Sud, il Molise continuerà a morire. Non per caso. Ma perché così è stato deciso, da chi comanda davvero.

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