Il Presidente della Repubblica: Capo dello Stato e rappresentante dell'unità nazionale

23.01.2022

di Gian Marco Di Cicco

Il 24 gennaio 2022 si identifica in una delle date più significative della storia dell'Italia repubblicana. Lunedì, infatti, si assisterà alla prima votazione per l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Dopo sette anni di intenso lavoro e di produttiva attività istituzionale, il mandato del Capo dello Stato uscente Sergio Mattarella arriverà all'epilogo e le Camere insieme ai delegati regionali avranno il compito di eleggere il suo successore, nel pieno rispetto dei dettami costituzionali e in linea con la vocazione del Presidente ad essere il garante dell'unità nazionale. Bisogna ritenere, in un contesto di profonda instabilità politica del nostro Paese e alla luce degli eventi burrascosi legati all'emergenza pandemica, che il ruolo della più alta carica dello Stato deve far fronte al dualismo dell'opinione pubblica e alle invettive provenienti dalle diverse forze politiche posizionate ai lati più estremi dell'emiciclo di Montecitorio. I sette anni del mandato del presidente Mattarella hanno contribuito a promuovere il volto più bello, costruttivo e determinato dell'Italia, facendo sì che all'estero "il bel Paese" potesse apparire come un luogo florido, nel quale la democrazia e la Carta costituzionale rappresentano i pilastri dell'attività politica. Tutto ciò è stato correlato dalla florida attività interna del presidente uscente, di dialogo con tutte le forze partitiche, ispirato dai principi più aulici del diritto pubblico. Da lunedì, gli stessi partiti o movimenti apriranno di nuovo la partita, la quale si giocherà su tanti fronti. Chiunque sarà il prossimo inquilino del Palazzo del Quirinale avrà una forte influenza sulle scelte politiche italiane dei prossimi sette anni; pertanto, le forze di partito faranno di tutto per avere come Capo dello Stato un uomo fidato. Vi è un legame molto forte tra il Presidente della Repubblica e i partiti che lo eleggono: meno esplicito di quello tra parlamentari e popolo, più velato ma decisamente stretto. La partita è sempre molto complessa, specialmente adesso che l'Italia ha un governo atipico in cui confluiscono movimenti diversi tra loro. La loro attuale collaborazione li rende più disponibili ad un accordo che non preveda colori o che almeno li sbiadisca.

Una questione importante è il soggetto che imbastirà l'accordo: da Salvini a Letta, passando per Di Maio e Renzi. Colui che metterà d'accordo - chiunque sarà l'eletto - una maggioranza sufficiente avrà un grande riconoscimento, sia interno che esterno, anche in termini di leadership del gruppo che di risonanza elettorale. Lunedì si comincerà a votare e il nome di Berlusconi è uno dei primi presenti tra i candidati del centrodestra, nonostante i partiti che potrebbero scendere a patti con la Meloni e Salvini su nomi moderati e, tra tutti Renzi e il Movimento 5 stelle, hanno già manifestato il loro dissenso nei confronti della candidatura del cavaliere. Nelle prime votazioni è difficile che si abbia già un vincitore, necessitando di una maggioranza qualificata: questo rende lecito pensare che, con il passare dei giorni, arriveranno altri nomi che le voci di palazzo fanno già viaggiare veloci.

"I numeri sono la materia di cui sono fatte le elezioni del presidente della Repubblica: sogni presidenziali, accordi e strategie a un certo punto devono confrontarsi con la realtà fatta di elettori, di voti, di quorum raggiunti o mancati", come scrive Renato Benedetto su "Il Corriere della sera". I voti a disposizione sono 1009. È il numero dei grandi elettori: alle Camere in seduta comune, quindi ai 321 senatori e ai 630 deputati, si aggiungono anche 58 delegati eletti dai consigli regionali. Qui li trovate tutti, divisi per partito: basta cliccare sul simbolo per posizionarli sull'emiciclo, creando maggioranze e combinazioni possibili e impossibili. Quanti voti servono? Per eleggere il capo dello Stato, nelle prime tre votazioni, ne servono almeno 673: all'inizio c'è una soglia molto alta, la maggioranza dei due terzi dell'assemblea. Serve quindi un accordo largo: nessuna coalizione, da sola, si avvicina a questa soglia. Dalla quarta votazione in poi, però, il quorum si abbassa: basta la maggioranza assoluta, 505 voti. A questo punto, possono partire i giochi. Il centrodestra parte da una base di 454 grandi elettori, mancherebbero poco più di 50 voti per centrare l'obiettivo 505. Pd, 5 Stelle e Leu, invece, partono da quota 406, quindi a meno 99 dal quorum. Se al centrosinistra si unisse però anche Renzi, con i suoi 44 voti, avremmo un testa a testa con il centrodestra, che avrebbe appena due voti in più del centrosinistra. Ma sono tanti i voti che ballano al di fuori di questi due schieramenti, c'è il gruppo Misto con gli ex grillini, il Centro democratico di Tabacci, i rappresentanti delle autonomie. 

C'è da auspicare che questa settimana si identifichi nel trionfo della democrazia e nella volontà di garantire unità al Paese.

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