Il punto di vista. La Guerra non conosce aggettivi

07.03.2022

di Matteo Renzi* 

Proponiamo qui di seguito un nuovo spazio di riflessione "Il Punto di vista". Lo inauguriamo con il Senatore Matteo Renzi e il suo Punto di vista sulla crisi in Ucraina e il ruolo della politica. Qualcuno dice - incautamente - che il nostro giornale è "affiliato" al Movimento 5 Stelle. E' evidente che non ci conosce e che usa parametri almeno limitati di valutazione. Il nostro giornale non ha colore, è libero... è e resterà uno spazio libero per chiunque fa dell'uso della ragione uno strumento di costruzione. Quando condivideremo qualcosa ve lo diremo, quando non lo condivideremo ve lo diremo con altrettanta chiarezza.  

Sono ore in cui è difficile anche solo pensare, figuriamoci parlare. Il dolore perde nell'abisso lo sguardo della madre cui hanno ucciso un figlio di diciotto mesi. I corpi di una donna coi suoi due figli sono stesi sull'asfalto dopo essere stati colpiti dai russi. Immagini di questo genere si affastellano su Instagram, sui siti, sui giornali. Ma, soprattutto, restano impresse nella mente. È la guerra. E la guerra non conosce aggettivi: è l'assurdo che si fa reale, la guerra.
Dostoevskij, che qualche burocrate spento vorrebbe cancellare dalle nostre università - ha scritto queste righe ne "Le Notti Bianche": 

"Il cielo era così stellato, era un cielo così limpido che, dopo averlo guardato, senza volerlo veniva da chiedersi come sotto questo cielo potessero vivere uomini malvagi e senza pace". 

Ha già scritto tutto lui, anche in questo caso.

E, tuttavia, chi fa politica non può semplicemente fermarsi all'emozione, al sentimento, all'indignazione. Fai politica per trovare soluzioni, non solo per commuoverti.
Io credo che anche nei momenti più duri occorre provare a mantenere aperta ogni speranza per il dialogo, per la tregua, per la pace. Lo sta facendo Israele. Lo stanno facendo in tanti. Continuo a non capire perché, se lo fa Erdogan, non si possa chiedere - tutti insieme come Nato e UE - di farlo ad Angela Merkel. Per quello che conosco del difficile negoziato (qui, ad esempio, eravamo a Milano, otto anni fa, con Putin e Porošenko), serve una persona come Angela.
Ma serve soprattutto la politica. Nell'intervista di ieri a "la Repubblica" ho provato a fare un ragionamento più ampio di un tweet indignato o di un post strappa like. Ve la ripropongo integrale qui di seguito.

Renzi: "Giuste le armi agli ucraini ma ora c'è bisogno di più politica"
(Intervista di Emanuele Lauria, "la Repubblica", 6 marzo 2022).
«Ora tocca alla politica». Perché l'invio di armi e le sanzioni, dice Matteo Renzi, «servono come gesti di solidarietà e non a vincere la guerra». L'ex premier, in un momento drammatico del conflitto in Ucraina, rilancia la sua proposta di affidare ad Angela Merkel il ruolo di mediatrice, convinto che Putin «non è impazzito, è immorale ma non umorale, e ha un patto con Cina e India per cambiare la geografia del mondo spostando il baricentro a Est». Non rinuncia a criticare gli errori dell'Occidente, l'ultimo «la debacle americana in Afghanistan», e neppure a una stoccata sul piano interno: «Salvini che si scopre pacifista è imbarazzante».
L'escalation del conflitto in Ucraina, con la minaccia nucleare, tiene in ansia il mondo. Quanto si può e si deve credere ancora nei negoziati?
«La condanna verso l'aggressore, la Russia di Putin, deve essere senza attenuanti. Allo stesso tempo tenere aperto il dialogo è un dovere politico. La guerra si ferma con i negoziati, non con i tweet. Putin non è improvvisamente impazzito, guai ad assecondare tale lettura superficiale: Putin sta cambiando la geografia del mondo, spostando il baricentro a Est. È immorale ma non è umorale. Sfida l'Europa perché ha un patto con la Cina, l'India e molti paesi africani. Per questo bisogna che la reazione sia politica».
Da diversi giorni, ormai, lei suggerisce che venga affidato ad Angela Merkel un ruolo da mediatrice. Che reazioni ha trovato alla sua proposta?
«Mi pare che stia crescendo. Io dico che Nato e Ue devono trovare una risposta unitaria altrimenti il nuovo ordine geopolitico mondiale ci taglierà fuori a lungo. Serve un nuovo progetto: difesa comune, energia, identità culturale. E serve tanta tecnologia. Credo che la Merkel sia la più autorevole tra le personalità istituzionali per svolgere questo ruolo. Macron e Draghi si stanno muovendo bene ma serve un salto di qualità politico anche a Bruxelles. Più politica e meno burocrazia, per favore».
Boris Johnson, nell'intervista a Repubblica, chiede che vengano consegnate a Onu e Aiea le centrali nucleari ucraine. Qual è il suo giudizio?
«Proposta di buon senso, per carità, ma non ha alcuna chance. Si immagina se Putin invade un Paese per lasciarne la sovranità energetica all'Onu? Suvvia. La verità è che Putin immagina di diversificare i clienti del suo gas e guarda a Est e a Sud convinto come è di aver chiuso per anni con l'Ovest. E il problema per noi è proprio l'energia. La strategia del no a tutto degli anni scorsi - su cui anche il mio governo fu massacrato dopo lo Sblocca Italia - oggi ci presenta il conto. È drammatico dirlo ma Putin in due mosse ha cancellato Covid e Greta dalle prime pagine: oggi si parla solo di armi e petrolio».
Sanzioni e aiuti militari agli ucraini si stanno dimostrando strumenti efficaci?
«Per mostrare solidarietà si. Per vincere la guerra temo di no. Zelensky ha saputo utilizzare benissimo la superiorità nella capacità di comunicazione. Data la sua formazione, ha utilizzato i social come deterrente per le azioni più gravi che la Russia poteva compiere. Ed è straordinario vedere come un presidente cresciuto su Netflix stia lottando da leone. Di là però c'è il presidente cresciuto nel Kgb che ha messo in conto una guerra paziente e lunga: se metti 65 chilometri di carri armati a due passi da Kiev non li stai portando in gita. Sa che tra qualche giorno o settimana gli serviranno. Nel mezzo i bambini muoiono e le famiglie si separano. Scene da spezzare il cuore».
Da otto anni almeno esiste la crisi ucraina. L'invasione russa è stato un pericolo sottovalutato? Ci sono responsabilità da parte dell'Occidente?
«Quando si arriva alla guerra tutti devono domandarsi se potevano fare di più. Dunque anche noi. Ma qui va ribadita la responsabilità di Putin. Noi forse avremmo dovuto leggere con più lungimiranza i segnali del 2021, soprattutto i ripetuti bilaterali con la Cina. Aggiunga che io penso che la spinta decisiva per Putin sia venuta dalla debacle americana in Afghanistan. Dopo la Siria 2013 è arrivata la Crimea 2014, dopo Kabul 2021 è arrivata l'Ucraina 2022. Putin pianifica, non improvvisa».
Le manifestazioni per la pace di ieri hanno diviso le forze sociali: la Cisl ha deciso di non aderire contestando l'equidistanza e riaffermando l'esigenza di «atti concreti, azioni e aiuti» per il popolo ucraino. Lei da che parte sta?
«In Ucraina c'è un aggressore e un aggredito. Quando ho letto i toni anti imperialisti dell'Anpi mi è venuta tristezza. Con chi devono schierarsi gli eredi dei partigiani se non con gli ucraini? Oppure l'antiamericanismo anni Settanta è ancora vivo ma paradossalmente solo in certa sinistra? Ho grande rispetto per il popolo che è sceso in piazza, ma ho anche compreso la decisione della Cisl. E ho molto apprezzato su questo i toni netti del Pd».
Restando sul fronte interno: quanto incidono le simpatie filo-russe trasversali nell'atteggiamento della politica italiana? Anche lei è stato chiamato in causa da Salvini per gli incontri avuti con Putin quando era premier.
«Salvini è sempre più imbarazzante. Attacca me come filo Putin? Lui che andava in Parlamento europeo con le magliette filo-russe, mentre io prima di andare al Cremlino da premier deponevo i fiori in memoria di Boris Nemtsov? Lui che la sera del referendum - a risultati già acquisiti twittava il suo "Viva Putin". Controlli, erano le 22.15. Un'ora prima che fosse ufficiale la sua vittoria e le mie dimissioni. Il Salvini che tre anni fa voleva dare le armi a tutti gli italiani con la legittima difesa oggi si scopre pacifista, passando dalle pistole per tutti alle marce per la pace. Meglio così, per carità. Ho letto che vuole andare in Ucraina: spero almeno questo ce lo risparmi, quel Paese ha già troppi problemi».
Il conflitto russo-ucraino ha riproposto il tema dell'autonomia energetica dell'Italia. Siamo ancora in tempo per scongiurare il pericolo di una crisi senza precedenti?
«Si. Ma bisogna fare ciò che Draghi ha annunciato e Cingolani chiede da tempo: sburocratizzare e correre con gli impianti, tornando alla filosofa dello Sblocca Italia. Su questo ci giochiamo il futuro, altro che polemiche inutili sul catasto».

* Senatore della Repubblica Italiana, da Enews n. 774 del 7 marzo 2022 

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