In eredità, l'amore

14.05.2022

V domenica di Pasqua - Anno C

Letture: At 14, 21b-27; Sal 144; Ap 21,1-5a; Gv 13,31-33a.34-35

di don Mattia Martino

Il Vangelo della quinta Domenica di Pasqua si presenta breve nel contenuto, ma fondamentale nel suo messaggio. E il suo contesto sembra poco idoneo al tempo pasquale: siamo nel cenacolo, quando Gesù indicherà il suo traditore attraverso il gesto della condivisione del pasto, e quest'ultimo (Giuda) uscirà per consegnarlo ai sommi sacerdoti. Nel momento in cui si sta consumando il tradimento, Gesù commenta l'episodio delineando ciò che si sta dischiudendo davanti a Lui: la sua glorificazione, la sua esaltazione pasquale, la rivelazione della Sua Gloria, che non è corrispondente alla vanagloria mondana. Un'occasione di non amore che Gesù riesce a trasformare in possibilità di vivere concretamente l'amore di Dio. In Gesù non c'è alcun sentimento di rabbia o risentimento verso Giuda, ma solo amarezza per non essere entrato per davvero nel cuore del suo discepolo. Ed è proprio in questo contesto che Gesù decide di lasciare il comandamento nuovo, cuore dell'alleanza nuova. È il Suo testamento, ciò che vuole lasciare in eredità vuole lasciare ai suoi discepoli. È amore espresso sotto forma di comando. Ma è un amore che non nasce da un'imposizione esterne, ma viene dall'interno, dal cuore di chi accolto la Parola trasformante del Figlio di Dio. E se dal giorno del Battesimo abbiamo dentro di noi la vita di Dio, l'amore non è più obbligo, ma diviene necessità. Un amore imposto sarebbe frustrante per chi ama e falso per chi è amato. Gesù consegna ai suoi il comandamento di amarsi come Lui ci ha amati. C'è un "come" cui corrispondere. La nostra capacità di amare non viene assolutamente da noi. Dato che Lui ci ha amati, noi possediamo una nuova energia di vita che ci permette di avere la forza per amarci reciprocamente.

L'amore scambievole è un movimento, un uscire dalla chiusura dell'odio e dell'egoismo per amare sempre e amare tutti, anche chi amabile non è. Per vivere tutto sotto il segno del Vangelo, anche il male che gli altri fanno. Vivere così significa vivere dell'amore di Gesù, che è tenerezza e perdono. San Girolamo scrive che se quello dell'amore reciproco fosse anche l'unico comandamento del Signore, allora basterebbe.

Non basta amare, lo fanno tanti. Anche se sappiamo che molti abusano di questa parola. Occorre amarsi. Gesù chiede che coloro che si dicono suoi discepoli si amino. Nella comunione della comunità credente ci sarà davvero la presenza di Gesù Risorto.

Se vogliamo arrivare a vivere dell'amore vero, incondizionato, senza secondi fini, bisogna credere all'amore di Dio, che, se accolto, mi riempie, sana le mie ferite esistenziali e mi rende canale attraverso cui Lui continuerà ad agire nel mondo.

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