Incontri, a margine di un luogo

17.08.2021

A margine di una mostra (e di un luogo) accade di incontrare - o di incrociare - artisti che credi di conoscere da un tempo remoto. Per quel "sentire comune" che affiora nel fermentare delle parole, per sguardi mitigati e rassicuranti, per generosità fulminea. A Termoli, nel borgo marinaro che si fa agora e appendice compiacente di infinite viuzze lo studio artistico di Sara Pellegrini e Michele Carafa è una stazione di sosta irrinunciabile. Le stanze comunicanti sono stracolme di opere, appunti, progetti, in una sorta di caos calmo che strappa all'occhio - e non soltanto - la voracità di indagare, sfogliare, di meravigliarsi. E non c'è separazione di note o di immagini nonostante i percorsi di Sara e Michele siano dissimili: per vicissitudini, per disincanti, per suggestioni. Lavora l'argilla Michele Carafa restituendo alla "figurazione" una corrispondenza talvolta inedita, finanche nella spiritualità di un volto o di un sedimento. O nella debolezza di un corpo che si concede alla irrevocabilità del tempo. Ma concede alle sue "creature" il beneficio di una spazialità quasi teatrale, di quinte, di ombre, di accesi riflessi. Come se queste alloggiassero in uno scrigno di difesa, o più ragionevolmente, in un luogo di trincea. La "forma", nelle opere di Sara Pellegrini, è dettata in verità da un continuo "incrocio di venti", da filamenti più o meno sottili che stratificano la campitura senza gravarla e al contempo la incidono aprendo varchi di luce, distacchi, e in taluni casi reminiscenze emergenti. I "materiali" riscattano la loro funzione temporale per farsi approdi di memoria, appuntamento con l'immaginifico, sostanza poetica.

A margine di una mostra (e di un luogo) accade tutto ciò. Per camminamenti inusuali, per l'inossidabile certezza che mi accompagna verso gli uomini. E le loro impensate bellezze.

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