IO NON SONO CHARLIE KIRK

22.09.2025

Le immagini da Pontida, il ritratto di un'Italia smarrita nella sua storia e nella sua identità

di Paolo Scarabeo

Per carità, ogni delitto è da condannare. Sempre. Senza condizioni. Ma trasformare un uomo come Charlie Kirk in "eroe", e addirittura in "eredità" da difendere, significa certificare la bancarotta dell'umanesimo. Significa che la politica è rimasta vuota, ridotta a guscio, a scenografia di cartapesta. Significa che il "cristianesimo" che certi leader amano brandire come un vessillo, con tanto di crocifissi e vangelo, è ormai un guscio morto, piegato a strumento di consenso, di potere, di paura.

L'orrore di un omicidio non può diventare passepartout per gli abusi. Non può legittimare riscritture comode della storia americana e tantomeno di quella italiana. E soprattutto, il suo nome non può stare sulla bocca di chi pretende di offrirlo ai giovani come modello.

Chi era, dunque, Charlie Kirk?

Un uomo che sosteneva che il Civil Rights Act – quella legge che aprì finalmente il voto agli afroamericani – fosse stato un errore.

Un uomo che, dopo il pestaggio selvaggio a Paul Pelosi, trovò naturale dire che "qualche patriota straordinario" avrebbe dovuto pagare la cauzione per liberare l'aggressore.

Un uomo che - in perfetto stile antisemita - accusava gli ebrei di controllare "non solo le università, ma anche il cinema, Hollywood, tutto". Quegli stessi ebrei che oggi l'Amministrazione Trump, di cui Kirk era paladino, sostiene senza esitazione nell'orrore di un genocidio, coprendosi di menzogne e accusando tutto gli altri di antisemitismo.

La sua retorica era ignoranza travestita da verità. Le sue convinzioni erano un attacco sistematico al diritto di milioni di persone di vivere libere.

Eppure, eccoli qui, i grandi leader, che lo dipingono come apostolo dell'unità. Trump, il demiurgo della menzogna; Meloni e Salvini (con Vannacci, che ci chiede di "diventare erdei di Kirk" e a cui piacciono tanto i fascisti della X MAS), cori di fedeltà che ripetono lo spartito come barboncini da salotto. Ma l'unità non nasce dal privilegio, né dall'odio camuffato da orgoglio nazionale.

Charlie Kirk non è un simbolo. È una ferita. È l'immagine di un'America che ha scelto di mettere sul piedistallo chi divide, chi insulta, chi nega. È vittima della sua stessa America, armaiola e violenta!

Io non sono Charlie Kirk. E non so voi come facciate ad esserlo!

©Produzione riservata

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