Itinerarium mentis ad unum

25.03.2021

di Egidio Cappello

La pandemia ha imposto profonde riflessioni. Il forte richiamo alla essenzialità ha stimolato le persone a rivisitare la scala dei valori su cui si regge da tempo la vita sociale e culturale. Valori sopiti a livello familiare, politico, religioso, relazionale si sono ripresentati con caratteri esplosivi. Ciò che ha sbalordito è il ritrovamento di un percorso già definito: un percorso verso l'unità dei pensieri, un itinerarium mentis ad unum. Chi conosce la storia della filosofia non ha potuto non avvertire, nella propria, la ripetizione entusiasmante della ricerca dell'archè che caratterizzò i bisogni culturali dei primi filosofi.

In questo itinerarium di unificazione la mente ha potuto rivedere significati, ha potuto selezionare conoscenze e reimpostare i tradizionali cammini culturali. Una unione si è affacciata con forza nel mondo culturale e spirituale dell'uomo, quella tra i saperi della ragione e i saperi della fede, i saperi della filosofia e i saperi della teologia. Si è avuta l'impressione di due realtà coinvolte e interagenti a tal punto da imporsi come un'unica realtà. L'evento è esaltante.

Credo necessario che venga conosciuto dai più: occorre farne oggetto di divulgazione in quanto rimane ancora generalizzata la convinzione della totale diversificazione tra la filosofia e la teologia. Io credo che occorre spiegare la falsità della dicotomia, sottolineandone le origini e le finalità. La dicotomia dipende dal fatto che la filosofia e la teologia indicano oggi mondi diversi e opposti, rappresentando la prima, la presunta sfera della ragione e la seconda, la sfera della fede. L'ipotesi delle due distinte sfere si radica su una concezione penalizzante della ragione e su una conseguente scorretta considerazione dell'attività razionale.

Io sostengo l'ipotesi di una unità profonda di tutte le attività della ragione e di tutti i saperi della ragione, senza alcuna esclusiva distinzione dei saperi della ragione e dei saperi della fede. La filosofia è necessariamente cultura teologica e la teologia non può essere che filosofica. Per essere pienamente se stessa, per conseguire le finalità che le sono proprie, la filosofia deve aprire ogni propria argomentazione alla trascendenza. Ogni atto della ragione, scrive Giovanni Paolo II, si distingue per la sua apertura alla trascendenza. Chiediamoci il perché della dicotomia attuale tra la filosofia e la teologia. La spiegazione è nel senso errato da noi attribuito alla filosofia. Per cercare il significato autentico dei contenuti filosofici dobbiamo rivedere il loro cammino storico, e cogliere le deviazioni semantiche che sono state operate durante i secoli.

Il significato autentico di filosofia, che è unico, è quello delle origini, quello stabilito dagli iniziatori e dai promotori della ricerca filosofica, ossia Talete, Anassimandro, Pitagora, Democrito, Eraclito, Socrate, Platone, Aristotele, Plotino. Per questi filosofi la filosofia è sapienza della unità, sofìa della filìa, sapienza di ciò che unisce, sapienza di ciò che spiega, di ciò che legittima, di ciò che dà ragione della nascita e della esistenza di tutte le cose. L'oggetto della filosofia dunque è specifico, ha finalità specifiche, ha un vocabolario specifico. La filosofia è ricerca e promozione dell'unità del mondo, unità inclusiva delle cose materiali e di quelle spirituali, delle cose visibili e di quelle non visibili. La filosofia è il racconto del Logos, il racconto dell'unità che sottende alle apparenze diversificanti e opposte. Se il mondo mostra il volto del "polemos", la filosofia coglie e racconta il fondamento unitario e pacifico di tutte le cose. La filosofia pertanto dall'origine utilizza tutte le qualità e le risorse della ragione: dalla composizione dei dati dell'esperienza fino alle contemplazione delle realtà trascendenti. Nella tensione iniziale non c'è alcuna differenza tra la ragione e la fede: la ragione utilizza tutte le proprie risorse e tra queste c'è la virtù della fede. E' questa che permette l'esistenza di slanci verso idealità infinite e onnicomprensive.

Mi sovvengono le figure di Pitagora e di Ippocrate che ascoltano le lezioni tenute loro da Apollo e da Esculapio, nozioni che gli stessi usano nell'esercizio delle proprie ricerche e dei propri esperimenti. Nel vocabolario filosofico dei primi filosofi non a caso si collocano immediatamente i concetti di verità, di infinito, di eternità, di archè, di fondamento, di continuità storica, di bene assoluto, di onore, di umanità, di sensibilità e di socialità. La ragione trova, attraverso l'uso di tale ricchezza terminologica, la reale possibilità di agire al massimo delle sue potenzialità; la ragione trova nella filosofia la massima delle sue operazioni.

Se la ragione è composizione e unità delle conoscenze, se è progressiva conquista della unità del cosmo, allora la filosofia è l'attività razionale per eccellenza. Fissiamo qui il senso dell'attributo "razionale": non qualsiasi concetto che brulichi nella mente umana, magari portatore di idealità e finalità contrarie alla vita e alla stessa attività della ragione, ma il concetto volto a promuovere vita unitaria, a creare spirito di composizione e di progressione verso l'unum. Un disegno di separazione o di soggezione o di oppressione, o finalizzato, in ogni modo, a negare il bene di una sola persona o dell'intera umanità, non è assolutamente razionale, è anzi privo degli elementi che definiscono la ragione.

La filosofia si presenta come strumento di unificazione, logica, etica, politica, religiosa, e le proprie argomentazioni sono finalizzate a creare, proteggere, promuovere unità in ogni contesto della vita. Nessuna diversificazione o minimizzazione o settorializzazione è lecita all'interno della ragione. La ragione include la presenza di tutte le proprie risorse, di tutte le proprie virtù, innanzitutto della fede. La ragione filosofica nutre l'orgogliosa consapevolezza di poter spiegare il cosmo nella sua unitaria interezza. L'idea di una filosofia come amore per il discorso, è totalmente estranea ai blocchi di partenza: i filosofi delle origini sono autentici spasimanti della unità del mondo.

Non la bellezza del discorso ma la profondità e la semplicità dei contenuti era all'apice dei loro interessi. La loro ricerca è incentrata su un obiettivo unico: cogliere e testimoniare l'archè del mondo, il principio unitario del mondo e della vita umana. La lettura del mondo secondo l'ottica della unità, rende quei filosofi autorevoli pietre miliari e il ricercatore di tutti i tempi si rende conto di quali siano i contenuti della ricerca filosofica, quali i metodi da utilizzare e quali le finalità attese. Tale bagaglio conoscitivo mette in condizione anche noi di selezionare, nel mondo filosofico che conosciamo, i saperi della filosofia autentica e rigettare i saperi che non hanno rapporto con la filosofia. Ma ci chiediamo: perché la ricerca estranea all'ottica della unità, non finalizzata alla comprensione e alla realizzazione della unità, nell'uomo, nella società e nel cosmo, ha trovato collocazione nel mondo della filosofia? È il più grande torto commesso dalla ragione umana nei confronti di se stessa: cedere alla diversità, all'opposizione, alla segregazione, alla parzialità, alla singolarità, all'assoluta libertà, elevando tali convinzioni, attraverso un'arcana operazione di alchimia, a valori universali.

Sono diventate filosofiche le argomentazioni derivate da una ragione resa impotente da ideologie preconcette. Così oggi ci troviamo di fronte a pseudo congetture, di natura empiristica, o materialistica, o storicistica, o economicistica, o relativistica, o panteistica, o nichilistica, o soggettivistica, che hanno guadagnato dignità filosofica. La filosofia in realtà sta giocando una autentica battaglia contro lo spettro del disfacimento: battaglia a difesa di se stessa, a difesa dell'uomo, delle sue esigenze e delle sue sofferenze, a difesa della società, delle sue prerogative, delle sue ansie, delle sue attese, a difesa dell'autentica cultura, a difesa dell'educazione delle giovani generazioni, a difesa degli ideali dell'uomo, quelli che si aprono al dialogo con Dio. La filosofia, strumento di unificazione e di dialogo, difende la sua semplicità, il suo ordine logico, la sua comunicazione gioiosa, il suo vocabolario composto e rasserenante.

Le elucubrazioni di menti carenti e depotenziate, difficili per la mancanza di senso razionale, oggi navigano in acque melmose e malsane. A coloro che notano e sottolineano il decadimento della filosofia del nostro tempo, e parlano di crisi profonda, io ricordo che proprio il nostro tempo va cancellando la filosofia che tale non è. Il nostro tempo sta procedendo a svuotare di senso le argomentazioni che proteggono la separazione, l'allontanamento, la diversificazione delle storie. Io credo che la filosofia autentica resterà con funzioni prioritarie nel mondo culturale di oggi. La teologia sarà pienamente filosofica: ciò che di essa divide, ciò che separa i popoli, ciò che accetta lo scontro tra le genti, si trasformerà in elemento di crescita nell'unità e nella composizione. L'esperienza di Assisi promossa da Giovanni Paolo II è altamente indicativa di quanto abbiamo asserito. L'argomento sarà oggetto di ulteriori riflessioni.

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