L’ennesima caduta di stile: quando l’ignoranza diventa politica
di Paolo Scarabeo
Tutte le gite scolastiche ad Auschwitz, cosa sono state? Sono state gite? A che cosa sono servite? Sono servite, secondo me, sono state incoraggiate e valorizzate, perché servivano effettivamente all'inverso. Ovvero servivano a dirci che l'antisemitismo era qualcosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia, e collocato in una precisa area: il fascismo. Le gite ad Auschwitz secondo me sono state un modo per ripetere che l'antisemitismo era una questione fascista e basta». (Eugenia Roccella, Ministro della Repubblica Italiana)
C'è un limite oltre il quale il silenzio non è più prudenza, ma complicità. Eppure, di fronte all'ennesima uscita infelice di un ministro del governo Meloni, quel limite sembra ormai superato da tempo. Le parole della ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, sulle "gite ad Auschwitz" non sono solo un inciampo linguistico, ma la spia di un modo di pensare profondamente distorto, di una cultura politica che banalizza la memoria e riduce la tragedia dell'Olocausto a un capitolo da archiviare in un libro di storia lontano e irrilevante.
Sostenere che quelle visite servissero a "collocare l'antisemitismo in un tempo preciso, legato al fascismo", significa negare la funzione viva della memoria, quella che dovrebbe insegnare, mettere in guardia, costruire coscienza. È un'affermazione che rivela superficialità, ma anche un disprezzo profondo per il valore educativo e morale del ricordo.
Un'affermazione che si affianca, purtroppo, a quella - non meno vergognosa - pronunciata pochi giorni fa da Matteo Salvini, secondo cui "la pace a Gaza è merito di Netanyahu". Due frasi che non sono scivoloni isolati, ma tasselli di un mosaico politico e culturale che si va componendo: quello di un governo che ha perso ogni contatto con la realtà, che non distingue più la diplomazia dalla propaganda, la storia dalla convenienza, la vita umana dalla retorica di partito.
Sì, nella vicenda di Gaza questo governo ha mostrato apertamente quanto poco rispetto abbia per la vita, per la dignità della persona, per il dolore di un popolo che subisce ogni giorno violenza e umiliazione, salvo oggi pavoneggiare e incensarsi per meriti che non ha, con il benestare della stampa asservita alle logiche di partito. E oggi, con le parole di Roccella, mostra anche di non rispettare nemmeno la memoria delle vittime di un genocidio che ha segnato l'umanità intera.
È ora di smetterla con questo populismo volgare e ignorante, con questa politica che vive di slogan, di semplificazioni brutali, di urla da banco al mercato, di frasi dette solo per compiacere un pubblico rabbioso e disinformato. Governare un Paese non è fare propaganda da social network. È assumersi la responsabilità delle parole e delle idee, soprattutto quando si parla di memoria, di guerra, di vita umana.
Un tempo si accusava la sinistra di autolesionismo, di quella tendenza tutta italiana a farsi male da sola. Ma oggi, a giudicare dal livello delle dichiarazioni che arrivano dai vertici del centrodestra, l'autodistruzione è diventata un tratto distintivo anche di questa destra: una destra smarrita, prigioniera della propria arroganza, che confonde l'ignoranza con la schiettezza e la volgarità con il coraggio.
L'Italia meriterebbe ministri capaci di parlare con intelligenza, con sensibilità, con consapevolezza. Ministri che abbiano la capacità di dare peso alle parole e non sfogo alla pancia. Invece si ritrova una classe dirigente che offende la storia, insulta la memoria e calpesta la decenza. Non è più un caso isolato, ormai, è diventata la regola.
E se davvero non si ha nulla di serio, di umano, di rispettoso da dire, il silenzio non sarebbe un atto di debolezza. Sarebbe un gesto di dignità.
Liliana Segre si è detta interdetta: «Stento a credere che una ministra della Repubblica, possa avere definito "gite" i viaggi di istruzione ad Auschwitz». Forte è stato il dissenso di tanti di fronte alle parole sconsiderate della Ministra, qualcuno è arrivato a invocare il TSO, a noi basterebbe che smettesse di fare il ministro e tornasse a scuola.
