L’intervista che non ti aspetti: Raffaele Gàlato e la sua Bottega Civica Cusitana

05.05.2025

di Mario Garofalo, inviato a Licusati per quintapagina.eu

Non sapevo bene cosa aspettarmi quando mi sono messo in viaggio per Licusati, minuscola frazione nel comune di Camerota, cuore del Cilento più profondo. Mi avevano parlato di un certo Raffaele Gàlato, "uno che scrive molto su Facebook", "un tipo strano, ma intelligente", "uno che fa riflettere, anche se ogni tanto esagera". Mi sono fidato dell'istinto - e della curiosità - e sono andato a cercarlo. Non è stato difficile: in paese lo conoscono tutti. Mi ha accolto con un sorriso asciutto e uno sguardo che si muove rapido tra pensieri lontani e dettagli concreti.

Ci siamo seduti su una panchina, in piazza San Marco. Era mattina presto, l'aria già tagliava netta, eppure la sua voce arrivava calda, chiara, precisa.

"La Bottega Civica Cusitana nasce nel 2016", mi dice quasi subito, senza che io abbia bisogno di fargli la domanda. "All'inizio era solo un gruppo Facebook, niente di più. Ma nella mia testa era già un esperimento di cittadinanza attiva. Vedi, io credo - contrariamente a quanto disse il compianto Eco - che anche gli imbecilli abbiano diritto di parola. Anzi, soprattutto loro. Perché partecipare è un diritto. E un dovere. Se parlassero di più gli ultimi, e un po' meno i professoroni, forse ci eviteremmo molti disastri. Guarda la storia…"

E la storia, in effetti, è sempre lì, sullo sfondo dei suoi discorsi. Ma non è una lezione quella che mi fa Gàlato. È piuttosto un racconto appassionato, pieno di graffi e carezze insieme. Parla del gruppo come se fosse un diario collettivo. "All'inizio lo usavo per raccontare il mio paese, i piccoli fatti quotidiani. Poi ho cominciato a scriverci i miei pensieri sul Cilento, sull'Italia, sul mondo. È diventato uno spazio pubblico, una specie di cassa di risonanza per chi ha voglia di riflettere. Soprattutto i giovani, che troppo spesso crescono in un silenzio imposto".

Lo ascolto e mi sorprende la lucidità, ma anche l'onestà con cui si racconta.

"Chi è Raffaele Gàlato?", gli chiedo a un certo punto.

"Un uomo pieno di contraddizioni", risponde. "Introverso, forse. Mai stato tifoso di una squadra, mai entrato in un partito. Non mi piacciono le etichette. Mi sento un cane sciolto. Libero. Anche se ogni tanto il Potere mi rifila qualche calcio, non te lo nego".

Ride, ma solo con gli occhi. Poi si fa serio, e mi parla di Paolo Villaggio. "Diceva che ognuno vede Fantozzi solo negli altri. Io no. Io mi ci sono sempre riconosciuto. Fantozzi siamo tutti noi, schiacciati da una società che ci vuole produttori, consumatori, vincenti. E invece siamo stanchi, spaventati, soli".

La sua spiritualità è altrettanto fuori dai binari. "Sono agnostico", mi dice, "ma ho la mia trinità personale: Gesù, Rousseau, Guevara. E una figura che considero quasi un profeta: Fabrizio De André. Mi ha insegnato a guardare il mondo con occhi nuovi".

Lo incalzo sul Sud, e qui si infiamma. "Mi accusano spesso di essere un meridionalista", sorride. "Ma io difendo tutti i Sud del mondo. Tutte le periferie, le marginalità. Credo in un mondo senza frontiere, dove ciascuno possa cercare la propria felicità. Ma fino a quel giorno, chiedo almeno rispetto per la nostra storia".

Quando cita l'annessione al Regno sabaudo, lo fa con fermezza. "È stata una tragedia mascherata da liberazione. I libri di scuola dovrebbero raccontare la verità: violenze, saccheggi, interessi economici. Garibaldi non era un eroe, era un mercenario. E il Sud ha pagato - e ancora paga - quel prezzo".

Poi, quasi a voler mettere ordine nella rabbia, tira fuori la sua visione politica. "Federalismo. Non centralismo. Lo dicevo a vent'anni, sotto l'effetto di qualche bicchiere. E lo ripeto oggi, a settanta e da sobrio: cinque Italie autonome, rispettose delle diversità. Immagina Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Molise unite in un percorso comune... saremmo una forza straordinaria".

L'ultima domanda la faccio più per dovere che per convinzione: "Quali sono i prossimi obiettivi della Bottega?"

Gàlato sorride appena. "Nessun obiettivo scritto. Solo un'idea: stimolare il dialogo. Tra cittadini. Tra cittadini e istituzioni. Cercare quella 'isola che non c'è', anche se non ci si arriva mai. Perché, come dice Bennato, 'chi ci ha rinunciato e ti ride alle spalle è ancora più pazzo di te".

Mi congedo che è ormai mezzogiorno. Il sole è alto, la piazza è silenziosa. Mi allontano con la sensazione netta di aver incontrato un uomo raro. Uno che non ha bisogno di follower, microfoni o palchi per far politica. Gli basta una tastiera, una panchina, una testa libera.

E forse, mi dico mentre rimetto in moto la macchina, la vera rivoluzione oggi è proprio questa.

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