L’utopia: un’idiozia conquistata a fatica

18.06.2021

di Giammarco Rossi

Il professor Matteo Saudino spesso nei suoi interventi e lezioni, ribadisce come il rinuncio all'utopia porti inevitabilmente alla resa dinanzi al nichilismo. Le sue analisi oltre che puntuali ed acute hanno un significato nemmeno troppo velato che tende la mano all'ottimismo, non ad un ottimismo sciatto e convenzionale ma puro e intenso, quasi calcolato.

Vivere l'utopia per l'utopia è un po' sostanzialmente la natura umana. Si può chiamare questa attività in svariati modi e si potrebbe poi attribuirle ogni tipo di significato o motivazione, alla base il discorso è essenzialmente semplice: l'individuo trascorre la sua esistenza alla costante ricerca di qualcosa per non abbandonarsi alla noia, che significa morte. Tenersi occupati è dunque necessario ma non essenziale: non è scritto in nessun codice che l'individuo debba essere cercatore di verità, portatore di scoperte e emblema di attivismo, ciò viene fatto per natura o per noia; sì, per paura di annoiarsi, in preda alla noia, si cercano attività che possano prevenirla, ignorando che la causa per cui si decide di agire è proprio il nemico stesso, già ramificato nell'esistenza. Nichilismo è un termine oggi di cui si abusa e che spesso e soggetto a mistificazioni dovute a deliri di filosofi da bar o di giornalisti e opinionisti che per qualche assurdo motivo devono essere anche degli intellettuali, come se dovessero giustificare i loro pensieri con un'etichetta sociale aulica e a volte impopolare.

Abbandonarsi allo svolgimento dei fatti, subire la vita, essere attivi in un'eterna passività è un modo di trascorrere l'esistenza nobile proprio come tutti gli altri, poiché si nasce per morire e non per lasciare necessariamente una traccia nel vissuto, questo è un dettaglio che molti leggono a mo' di dovere. L'unicità degli esseri esiste e guai se non ci fosse ma fossilizzarsi su imprese eccelse soltanto per il gusto di poterle raccontare o per il bisogno di riempire giornate non ha senso: fare per fare è un'attività oltre che inutile anche dispendiosa. Ci sono stati uomini che hanno svolto attività eccelse, per le quali ancora oggi vengono ricordati e in qualche modo hanno contribuito allo sviluppo delle esistenze, nel bene e nel male, perché il regresso non esiste e non si sottolineerà mai abbastanza: finché c'è mutamento c'è un passo in avanti; camminare in avanti tuttavia non sempre vuol dire camminare nella direzione giusta.

Un nichilismo ragionato dunque è essenziale poiché svolge da filtro tra l'utile e il futile. Non ci sono regole che impongono all'individuo come vivere, anche perché d'altra parte ognuno si distrugge a modo suo e nessuno può avere l'arroganza di salvare. Essere salvati è una scelta, salvare è una conseguenza, spesso queste azioni vengono invertite e il dramma si mette il vestito buono e si mostra in tutto il suo decadente splendore. Vivere, certamente farlo... ma con ragione. Perché esistere, essere di passaggio, non equivale appunto al vivere. Così come non bisogna avere mai la voglia sfrenata di riempire la propria esistenza con azioni di ogni genere, perché questo processo azionerebbe il meccanismo contrario: un'accelerazione vertiginosa verso la morte, che poi forse è essa stessa il raggiungimento della vita.

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