La Consulta: ai figli il cognome di entrambi i genitori

28.04.2022

È "discriminatoria e lesiva dell'identità del figlio" la regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre. Cartabia: passo verso l'uguaglianza 

Ai figli non più il cognome paterno ma quello di entrambi i genitori o anche solo quello della madre. Dopo decenni di battaglie delle donne e di inutili sollecitazioni al legislatore, la Corte costituzionale con una sentenza supera quello che ormai appariva come un retaggio patriarcale e allinea finalmente l'Italia agli altri Paesi europei.

E batte sul tempo il Parlamento che proprio in questi giorni, in Commissione Giustizia al Senato, sta compiendo un ciclo di audizioni sui tanti disegni di legge sul doppio cognome presentati sin dall'inizio della legislatura da quasi tutti i partiti.

Tante le reazioni di soddisfazione dal mondo politico (soprattutto da Iv, Pd, Leu M5s e Radicali) e gli inviti ora a far presto nel dare una disciplina organica a tutta la materia. Mentre la ministra della Giustizia Marta Cartabia, che della Consulta è stata la prima donna presidente, ringrazia i suoi ex colleghi, parla di "un altro passo in avanti verso l'effettiva uguaglianza di genere nell'ambito della famiglia", la ministra per le Pari opportunità Elena Bonetti garantisce "tutto il sostegno del Governo all'iter parlamentare".

La nuova disciplina si occuperà anche dei meccanismi per evitare un accumulo di cognomi nelle generazioni a venire nel caso si decida di conservare i cognomi di tutti e due i genitori.

La svolta è arrivata con la sentenza (redattrice una donna, Emanuela Navarretta) con cui la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l'automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi. Sono in contrasto con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione e con gli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. E la ragione è che la regola del patronimico non solo è "discriminatoria" nei confronti delle donne, ma "lesiva dell'identità del figlio".

"Nel solco del principio di eguaglianza e nell'interesse del figlio, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell'identità personale", sostiene la Corte, secondo quanto anticipato dall'Ufficio stampa in attesa del deposito della sentenza.

Cancellando quell'automatismo, la nuova regola diventa che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell'ordine da loro concordato, a meno che decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due. In mancanza di un'identità di vedute sull'ordine di attribuzione del cognome di
entrambi i genitori, sarà il giudice a dirimere la controversia.

La decisione era attesa dopo che la Corte a gennaio con un'ordinanza aveva deciso di sollevare davanti a sé stessa la questione della legittimità costituzionale della automatica acquisizione da parte dei figli del cognome del padre. E di andare così alla radice del problema, rispetto alle richieste più limitate che le avevano rivolto il tribunale di Bolzano e la Corte d'appello di Potenza. In quella occasione, richiamandosi a sue precedenti pronunce, aveva definito l'attuale sistema di attribuzione del cognome paterno ai figli, sancito dall'articolo 262 del Codice civile, "retaggio di una concezione patriarcale della famiglia", e di "una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna".

"Siamo commossi, siamo consapevoli di avere scritto una pagina importante, forse storica", commenta la coppia della Basilicata da cui è partito tutto con una istanza al tribunale di Lagonegro nel 2020, per ottenere di attribuire il cognome materno anche al terzo dei loro figli.

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