La fede nella povertà

20.05.2021

Papa Francesco ha più volte parlato del valore della povertà. Lo ha detto riflettendo sull'essere e sull'agire della Chiesa e lo ha detto discutendo i massimi valori della vita sociale. Lo ha detto con attenzione, con serietà, con tenerezza e ha toccato le nostre idee consolidate, le nostre convinzioni, i nostri atteggiamenti, quelli di cui abbiamo consapevolezza e quelli che mettiamo in essere senza conoscerne le motivazioni. Ci ha detto che la povertà è da debellare, quella che consuma i volti dei bambini e li fa morire, privandoli dell'acqua e dei beni più essenziali, ed è invece da affermare e da desiderare, quando le leggi del possesso e il desiderio dei beni economici si impadroniscono della persona e la traviano e ne deturpano l'essenza. Se la povertà dei paesi poveri è in cima agli interessi e alla tenerezza di Papa Francesco, che ha vissuto e svolto il suo ministero episcopale in una capitale dalle grandi periferie umane, è quella dei paesi ricchi a stimolare la sua riflessione, quella additata dal senso comune come lo spauracchio della vita, quella che spinge le consorterie economiche e politiche a fare incetta di ricchezza materiale a svantaggio delle classi che non posseggono, che non parlano, che a stento si sostengono ai margini del vivere civile. Il Santo Padre rimprovera anche quelle Chiese locali e quei pastori che rincorrono ogni forma di ricchezza e tralasciano l'insegnamento di Gesù che ha disegnato chiaramente la sua sequela e il suo discepolato. Dobbiamo notare che la povertà nei paesi del grande consumo, è per Papa Francesco, ora più che mai, il valore fondamentale. Non è disprezzo dello stare bene, il disprezzo della cura durante la malattia o il disprezzo dell'onorario per il lavoro effettuato. La povertà è la giustizia, è l'abbattimento di ogni forma di oppressione e di emarginazione, è la possibilità per tutti i popoli di accedere all'acqua potabile o di usufruirne nella giusta quantità nei paesi dove essa manca totalmente, è la dignità della persona, quella che non scaturisce per effetto di condizioni economiche o sociali, o razziali, o culturali. L'immagine diabolica riguarda il possesso dei beni materiali e il bisogno di accumularne fino a quantità illimitate, non la carenza o la privazione degli stessi; abbiamo esempi di santi che considerano la povertà, penso al Santo di Assisi, come la fonte e l'origine della perfetta letizia. S. Francesco legge nella povertà l'autentica ricchezza perché in essa egli trova la presenza del Signore, perché in essa sente che la mente è libera di accedere alla verità, perché in essa gli ideali del suo pensiero, la concordia, l'amore, la pace, la solidarietà, il bene comune, diventano più comprensibili e appaiono nei loro significati autentici. La povertà si tramuta in ricchezza di spiritualità, in ricchezza di cultura: la persona si impadronisce del senso della vita e della propria presenza nella storia. Ecco allora la fede nella povertà; la povertà disvela l'uomo all'uomo, come ha detto Giovanni Paolo II, e lo riporta nell'alveo della sua autentica esistenza. La povertà è l'abito della persona ed è il fondamento della società del futuro. Lo stesso Papa Francesco ci ammonisce: il futuro o è a misura d'uomo o non lo sarà affatto. La corsa alla divisione, sempre più accentuata, tra popoli straricchi e popoli sempre più poveri, è una idea non più proponibile. Le risorse della terra sono in lenta ma inesorabile riduzione e per effetto degli inquinamenti si bruciano e si consumano, mentre i responsabili della vita si trincerano dietro argomentazioni inefficaci e brutali. La società del futuro sarà necessariamente povera, ossia giusta, uguale, unitaria, e avrà un linguaggio diverso, e userà atteggiamenti umani, quelli consoni agli uomini, eterni figli ed eterne immagini di Dio. Bisogna aver fede nella povertà ma questo non vuol dire stare a guardare che le cose facciano di per sé un cammino meccanico e pre-definito. Occorre lavorare alla costruzione di una società povera e questo è innanzitutto un compito educativo. Sono i docenti, i genitori, i padrini, che devono testimoniare, con la propria vita, con le proprie scelte, i propri atteggiamenti, il senso della povertà e l'importanza sociale della povertà, usando il linguaggio e le parole più coerenti, mostrando coraggio e fermezza, non cedendo mai alle lusinghe del relativismo e del soggettivismo che oggi stimolano, malgrado il momento difficile della economia, malgrado il disorientamento della politica, al mantenimento della cultura del profitto e delle ruberie. Occorre che tutti gli operatori sociali siano edotti sul senso autentico della povertà che sarà lo strumento della giustizia e della concordia tra i popoli o sarà lo strumento che segnerà la fine della storia umana.  

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