La fine dell'Afghanistan e di un ventennio di speranza

16.08.2021

di Giulia Abbati

Kabul è caduta e tutto il mondo ne è responsabile. Immaginate un gruppo di persone ben organizzato e poco diplomatico che progetta di impossessarsi di una stanza custodita. Appena i sorveglianti si allontanano, entrano indisturbati, mettono il loro nome sulla porta e fanno una lista di tutto ciò che la stanza contiene, assegnandolo a loro piacimento. Ora immaginate che quel gruppo siano i Talebani, la stanza sia lo Stato afghano e le cose nella stanza siano terre, edifici, cariche e soprattutto, donne. Chi ha permesso ai sorveglianti di andare via?

I Talebani sono gli ex studenti delle scuole coraniche che si organizzarono in un gruppo militare e si ripromisero di riconvertire l'Afghanistan in un grande Emirato obbediente all'Islam. Dal 1996 al 2001 riuscirono nel loro progetto, sotto la guida di Muhammed Omar, dopo anni di lotte civili. Attenzione: troppo spesso si tende erroneamente ad associare la religione islamica a questi gruppi estremisti, portatori di volontà politiche nascoste dietro l'interpretazione del Corano. Gli anni del loro comando hanno dimostrato che la vita sotto i talebani non risponde alla volontà dell'Islam, ma unicamente alla sharia'a, la legge islamica, da loro interpretata e redatta, che prevede condotte fuori dalle conquiste illuministe. Se sei autore di un tradimento, vieni lapidato; se rubi, per qualsiasi motivo, ti vengono amputate le mani; le punizioni fisiche sono destinate anche a chi segue tendenze occidentali nel vestire o nelle acconciature, a chi si rade troppo, a chi non prega durante la salāt (la preghiera canonica), a chi si dedica al gioco d'azzardo. Le donne non hanno accesso al diritto all'istruzione, al lavoro, non decidono della loro vita, del loro matrimonio o del loro futuro.

Commisero un errore: non consegnarono Osama Bin Laden - sistematosi in Afghanistan già nel '96 con la sua Alleanza - agli USA, dopo l'attacco dell'11 settembre. La guerra che ha relegato silenti i Talebani agli angoli dello Stato, è stata disumana. Poi, per venti anni, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha garantito la protezione di questi luoghi con missioni, morti, feriti e la spesa di miliardi. Già l'amministrazione Trump aveva deciso per il ritiro delle truppe, Biden ha completato l'operazione poche settimane fa. I Talebani hanno impiegato una decina di giorni per riprendersi tutto lo Stato e arrivare a Kabul. Il presidente è letteralmente sparito con un messaggio su Twitter, sul Parlamento campeggia la loro bandiera. È caduta l'ultima roccaforte di libertà.

Durante questo ventennio i passi in avanti sono stati evidenti, soprattutto per la tutela dei diritti più calpestati - quelli delle donne - riconquistando la parità tra sessi in Costituzione (2004), adottando una legge nazionale contro la violenza di genere (2008) e abolendo il delitto d'onore. Oggi le ragazze nate all'inizio del millennio hanno visto spazzare via in un colpo tutto il mondo che conoscevano, i lori progetti, il loro futuro, i loro esami all'università, i loro sogni di intraprendere una carriera, la possibilità di decidere a chi andare in moglie, la loro libertà di indossare abiti per rinchiudersi in un burka che non immaginavano nemmeno nei loro incubi. Per le strade della capitale si stanno cancellando tutte le immagini pubblicitarie o le rappresentazioni di donne, destinate ad essere cancellate anche dalla cultura e dalla storia. Donne che consapevoli di questo piangono e gridano aiuto negli ultimi messaggi che riescono a farci avere tramite i social. Si stanno già stilando liste di "non sposate" da consegnare subito ai militari, come oggetti trovati in una stanza in cui si è entrati con la forza.

Bisognerebbe innanzitutto interrogarsi sul perché se per vent'anni queste persone abbiano potuto aspirare ad una vita civile, sia stato "merito" della mancata consegna di Bin Laden. Perché nessuno è riuscito a garantire i diritti umani nei precedenti 5 anni? Perché gli avamposti delle Nazioni Unite si sono ritirati nel silenzio del mondo, non avendo lasciato i mezzi necessari all'Afghanistan per poter procedere senza di loro? Perché oggi assistiamo a scene che ledono la nostra umanità e tutti i diritti conquistati con fatica, senza poter sperare subito in corridoi umanitari che salvino queste persone cadute di nuovo sotto l'Emirato Islamico?

Se la disperazione avesse un volto, sarebbe quello delle persone arrampicate sulle scale degli aerei all'aeroporto di Kabul, quello di chi sta cercando di aggrapparsi alle ali dei mezzi già partiti e quello di chi ci è riuscito ma poi si è schiantato al suolo. Sarebbe quello di Fatima, prima e unica donna afghana a fare la guida turistica nel suo paese, che lascia la sua testimonianza sui social dicendo <<Sono tornati, non potrò più mostrarvi le nostre meraviglie. Grazie a chi ha ascoltato la mia voce. Beati voi che non vivete in Afghanistan, che non dovete temere che un talebano vi ammazzi. Continuate a inseguire i vostri sogni e a viaggiare. Se rimarrò viva ci rivedremo alla fine di questo attacco>>.

Sono tornati! Eppure militari agghindati ed esperti di geopolitica ci avevano assicurato che non sarebbe stato possibile e che l'Amarica e il mondo intero avessero esportato la democrazia! Restano le macerie di una guerra continua, di un Paese che sembra essere prodotto di missioni, fallimenti ed investimenti, ma che in realtà è animato da vite, da guerrieri di un esercito di donne e giovani che hanno lottato per la loro libertà di nuovo persa. Guerrieri che oggi preferiscono il rischio di morire schiacciati da un aereo, pur di non tornare indietro. Più di molte altre vicenda, la caduta di Kabul è una responsabilità ed un fallimento del mondo intero. 

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