La guerra non ha un volto di donna. L'epopea delle donne sovietiche nella Seconda Guerra Mondiale

18.04.2025

di Sabrina Fasano

In uno scenario sempre più incerto e cupo, in cui si combattono guerre quasi per abitudine, siamo abituati a vedere soltanto uomini impugnare le armi. Eppure, c'è stato un tempo in cui a combattere, insieme agli uomini, erano anche le donne. Donne coraggiose, chiamate a difendere la patria.

A svelare il volto femminile della guerra è la narrazione raccolta tra le righe del libro della scrittrice russa Svetlana Aleksievic, nata in Ucraina nel 1948 da padre bielorusso e madre ucraina. Giornalista e scrittrice, è nota soprattutto per essere stata cronista per i connazionali dei principali eventi dell'Unione Sovietica nella seconda metà del XX secolo. Fortemente critica nei confronti del regime dittatoriale in Bielorussia, è stata perseguitata dal presidente Aleksandr Lukašenko e la sua opera è stata bandita dal paese. Per i suoi libri, tradotti in più di quaranta lingue, ha ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura nel 2015.

Il libro "La guerra non ha un volto di donna" rappresenta l'essenza della storia di alcune giovani donne, in gran parte tra i diciotto e i diciannove anni che, spesso volontarie, sono accorse al fronte per difendere la patria, gli ideali della loro giovinezza contro uno spietato aggressore.

Per contestualizzare: era il 22 giugno 1941 quando l'uragano di ferro e fuoco che Hitler ha scatenato verso Oriente comporta per l'URSS la perdita di milioni di uomini e di vasti territori e il nemico arriva presto alle porte di Mosca. Centinaia di migliaia di donne e ragazze, anche molto giovani, vanno a integrare i vuoti di effettivi e alla fine saranno un milione. Tra queste, infermiere, radiotelegrafiste, cuciniere e lavandaie, ma anche soldati di fanteria, addette alla contraerea e carriste, genieri sminatori, aviatrici, tiratrici scelte.

La guerra "al femminile" – dice la scrittrice – "ha i propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti e anche parole sue".

Lei si è dedicata a raccogliere queste parole, a far rivivere questi fatti e sentimenti, nel corso di alcuni anni, in centinaia di conversazioni e interviste.

Cercava l'incontro sincero che si instaura tra amiche e quasi sempre l'ha trovato: le ex combattenti e ausiliarie al fronte avevano serbato troppo a lungo, in silenzio, il segreto di quella guerra che le aveva per sempre segnate.

E a mano a mano che raccoglie le loro confidenze e rimorsi e afflizioni Svetlana Aleksievič si convince di una cosa: la guerra "femminile" è nella percezione delle donne anche più carica di sofferenza di quella "maschile".

Per colei che dona la vita dispensare la morte non può mai essere facile; e se, come ovvio, celebra con i commilitoni la Vittoria e la fine dell'incubo bellico, nella sua memoria restano incise, più sensibilmente delle eroiche imprese, vicende che parlano di abnegazione, compassione e amore negato. 

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