La lotta alla mafia è (ancora) lunga Cento passi

14.05.2025

In ricordo di Giuseppe Impastato a 47 anni dall'omicidio

di Giulia Zinedine Fuschino

Chiamare le cose con il proprio nome. Se si dovesse riassumere in una frase la vita e l'opera di Giuseppe Impastato si potrebbe utilizzare questa frase.

Da giornalista e militante comunista non ha mai avuto paura di dare il proprio nome alla realtà mafiosa di Cinisi, suo paese di nascita, alla connivenza di suo padre con Tano Badalamenti, dando voce al disagio e al movimento giovanile del '68, dando voce ai giovani come lui che volevano ribellarsi alla "cappa d'afa" che la mafia impone alla società, alla cittadinanza.

La miglior arma per dar voce alla verità e per combattere tutto ciò è sicuramente il giornalismo, ma l'originalità di Peppino sta nell'aver unito la professione con il suo humor comico, la sua passione per il cinema e la letteratura e la sua fede politica in un unico mezzo di comunicazione: la radio. E per il suo lavoro a Radio Aut (ancora attiva) e la sua militanza come candidato alle comunali, viene ucciso da Cosa Nostra il 9 maggio 1978. Già, una data che vede anche un altro funerale, i "funerali di uno Stato": il ritrovamento a via Caetani a Roma del corpo dell'onorevole Moro, ammazzato dalle Brigate Rosse. Ovviamente, la sincronia dei due eventi ha fatto sì che l'omicidio di Peppino non avesse risonanza mediatica oppure venisse derubricato come suicidio per errore, pianificando un attacco terroristico (semplicemente perché lui era comunista, sebbene non appartenente a nessun gruppo eversivo), ucciso dal tritolo che aveva preparato per deviare un treno.

I suoi amici e la famiglia si sono sempre battuti per la verità, per raccontare la sua storia che resta sconosciuta ai più finché il regista Marco Tullio Giordana non si interessa e ne scrive un film. Le riprese iniziano a Cinisi e la lavorazione è supportata dal centro documentale Giuseppe Impastato e da molti abitanti. Il cast è sconosciuto ai più, ma di prim'ordine: Luigi Lo Cascio, al suo esordio cinematografico ma vanta una solida esperienza teatrale all'Accademia d'arte drammatica di Roma, per la sua somiglianza a Peppino e rara bravura riesce a ridargli vita; Luigi Maria Burruano e Tony Sperandeo due volti del teatro popolare siciliano interpretano rispettivamente Luigi Impastato (padre di Peppino) e Tano Badalamenti (boss di Cinisi). Il film esce nel 2000 e inaugura una fortuita stagione di popolarità per la vicenda di Peppino che dura ancora oggi.

Tuttavia, i cento passi che separano la casa di Peppino da quella di Badalamenti e che metaforicamente diventano il segno della lunghezza della strada per vincere contro la mafia sono ancora lì e devono essere percorsi ancora tutti. Nell'esempio e nel coraggio di Peppino continuiamo a lottare, ben consci che, come lui ci ha insegnato, la lotta deve partire dal singolo per diventare collettiva: attraverso la propria legittima occupazione, i mezzi a ciascuno confacenti e ognuno secondo le sue possibilità dobbiamo informare, dire la verità, chiamare le cose col proprio nome, insegnare la bellezza contro l'assuefazione e la connivenza all'orrore e alle miserie umane. E ciò vale e dovrebbe valere soprattutto per il giornalismo, il cinema e qualsiasi lavoro che stia a contatto con la società civile, con i giovani soprattutto. In questo esempio noi continuiamo a camminare e a contare e non tacere, un passo ognuno, insieme a Peppino che, anche attraverso questo film, è vivo e lotta insieme a noi.

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