La pandemia e l’Ungheria: un pretesto per espandere il potere?

07.05.2021

Lo scorso 30 aprile, la Commissione europea ha ricevuto i piani di Ripresa e resilienza da Italia, Belgio, Austria e Slovenia. Questi atti "definiscono le riforme e i progetti di investimento pubblico che ciascuno Stato membro intende attuare con il sostegno del Recovery and Resilience Facility", ricorda la Commissione sul suo sito, spiegando che si tratta della "chiave al centro di Next Generation EU, il piano dell'Unione per uscire più forti dalla pandemia Covid. Fornirà fino a 672,5 miliardi di euro per sostenere investimenti e riforme, per un totale di 312,5 miliardi di euro in sovvenzioni e 360 miliardi in prestiti". Il Recovery and Resilience Facility, inoltre, "svolgerà un ruolo cruciale nell'aiutare l'Europa a uscire in modo rapido dalla crisi e a garantire le transizioni verdi e digitali". La presentazione di questi piani, sottolinea ancora l'Unione europea, "segue un intenso dialogo tra la Commissione e le autorità nazionali di questi Stati membri negli ultimi mesi", a dimostrazione che, a seguito della crisi pandemica legata all'emergenza sanitaria del Covid - 19, i Paesi comunitari hanno l'opportunità di trasformare i non pochi elementi di crisi delle singole economie nazionali in fattori di crescita e di sviluppo anche per la società e per le generazioni del futuro. Questo dimostra quanto l'impegno da parte dell'autorità comunitaria vuole essere costruttivo, per migliorare la condizione dei Paesi membri, allo stremo dopo più di un anno di crisi pandemica ed emergenza sanitaria. 

La volontà di consolidare un meccanismo di cooperazione economica internazionale e la ricerca di un percorso di integrazione europea sempre più efficiente ed inclusivo rappresentano i presupposti per la ripresa post - Covid. Di fronte a questa notevole opportunità di cui gli Stati europei possono approfittare, il governo ungherese procede su una linea diametralmente opposta, in disaccordo con alcune linee programmatiche comunitarie, volte al buon andamento della "macchina" amministrativa e burocratica degli Stati, nonostante il periodo di importante emergenza sanitaria. Sembra che in Ungheria, dal marzo 2020, la crisi pandemica sia risultata il pretesto per allargare le competenze del Governo nazionale, guidato da Viktor Orban. Già dalle ultime elezioni democratiche del 2010, il primo ministro ha lavorato per l'autoritarismo, utilizzando innumerevoli "crisi" per consolidare la sua sempre più marcata ascesa al potere. Egli ha fatto nette distinzioni tra "amico politico" e "nemico", per mantenere un senso di crisi costante tra la popolazione e si è sentito incline ad opporsi in maniera netta e politicamente scorretta contro i nemici: contro i finanzieri, contro i migranti illegali e, più recentemente, contro il Covid -19. Durante la prima ondata, tutti i governi dell'Europa centrale hanno introdotto misure di contingentamento sociale e di distanziamento, volte a prevenire nuovi contagi. Il governo ungherese, strumentalizzando la situazione di crisi, riportata in Costituzione, ha annullato le elezioni suppletive già annunciate e ha chiuso i tribunali ordinari. Orban ha, inoltre, criminalizzato la diffusione di falsità e fatti distorti "idonei a interferire con la protezione efficace del pubblico". La disposizione era abbastanza vaga, tanto da essere usata contro critici e rivali politici. Durante la seconda ondata, i Paesi dell'Europa centrale hanno adottato altre misure per gestire la pandemia ma il governo ungherese ha cercato di minimizzare la gravità della situazione, non proteggendo la vita della popolazione a rischio. Una delle misure di emergenza più restrittive di queste ondate è il divieto totale di assemblee pubbliche. Questo provvedimento stabilisce che "tutte le assemblee sono vietate". È un divieto generale, non una restrizione di tempo, modalità, luogo e si applica indipendentemente dal fatto che due o più persone seguano i regolamenti contro il Covid -19. Non sono vietate solo le assemblee pubbliche; il decreto vieta anche i raduni in luoghi privati ​​all'aperto, se sono coinvolte più di dieci persone. Coloro che non rispettano i regolamenti devono pagare multe salate. Il divieto assoluto del diritto di riunirsi, insieme ad altre restrizioni, rimane insindacabile, perché le istituzioni democratiche, un tempo ben funzionanti, sono state limitate nel proprio esercizio legislativo. Il partito di Orban controlla i due terzi dei seggi parlamentari, quindi il parlamento rinnova le leggi varate dal governo. Al posto delle istituzioni democratiche, i militari hanno assunto un ruolo di primo piano nella lotta contro la pandemia. Sono stati coinvolti nel regolare pattugliamento delle strade ed è stato posto un ufficiale medico al vertice del comitato scientifico ungherese, il quale va a identificare le misure restrittive da attuare. La situazione politica dell'Ungheria è complessa e sarebbe necessario un intervento mirato da parte dell'autorità europea per prevenire le distorsioni del sistema democratico, in quanto occorrerebbe mediare tra gli interessi di parte di ogni Stato membro e la salvaguardia dell'unità europea. La situazione ungherese ci insegna che la democrazia non è solo uno strumento per l'affermazione di alcuni ideali ma è anche un fine da raggiungere.

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