La Scolastica: la scuola, strumento di edificazione dell’uomo

13.05.2022

di Egidio Cappello

Il Sacro Romano Impero dura più di mille anni. Sarà Napoleone Bonaparte, nel 1806, a dichiararlo decaduto. Si tratta di un periodo molto lungo, complesso, fatto di eventi politici, economici, sociali di grossa dinamicità ed insieme di stabilità, di grandi opposizioni e nello stesso tempo di forte unitarietà. Da una parte conflitti netti, lunghi e sanguinosi, dall'altra parte ricerca di fluidità e di collaborazione, da una parte tentativi di conquista e di riconoscimento di nuove identità e di diritti, dall'altra parte campagne di integrazione e nuove relazioni sociali, da una parte fenomeni di migrazione di popoli e dall'altra nuove lotte di appartenenza e di stabilizzazione. 

Lo studioso è distratto dalla infinita varietà e complessità degli eventi storici, per cui avverte la tendenza a leggere il tutto con una categoria riassuntiva e spesso finisce con una congettura fredda e schematica. La povertà, la soggezione, le forme di schiavitù, il degrado dei villaggi, le guerre, la negazione dei diritti delle persone, la facilità della condanna e della morte, sono tutti elementi sui quali gli storici hanno fondato le proprie valutazioni sul periodo. Ma c'è qualcosa che sfugge, qualcosa di straordinario: è la cultura, è la filosofia, è l'elevatezza della filosofia, è la composizione e l'unitarietà delle congetture, è la visione del mondo e dell'uomo. Lo studioso percepisce la presenza di una realtà autorevole, una realtà che domina il tutto, che riesce a dare unità alla molteplicità apparente, una realtà che aggrega oltre e malgrado tutte le opposizioni e le diversificazioni storiche. È la cultura l'archè, è la cultura il progetto che unifica, è la sapienza della unità che costruisce lo stesso percorso per tutti gli eventi. La scuola diventa il fondamento dell'Impero, la scuola laica e quella ecclesiastica, tale e tanta è la considerazione che si ha per la cultura. 

Mi piace ricordare il ruolo degli scriptoria e il lavoro prezioso dei monaci amanuensi che hanno offerto alle future generazioni scrigni di saperi e di sapienza. Siamo profondamente attratti dalla prima metà del periodo, il basso MedioEvo, che va dagli inizi fino alla fine del 1200, tempo giudicato, da certa storiografia, oscuro e disumanizzante per l'adesione profonda a principi piovuti dall'alto. L'intento di chi scrive è proprio il contrario, rileggere il basso Medioevo senza apriorismi e senza costringere la ragione in ristretti limiti logici. Senza la consapevolezza dell'apertura naturale della ragione alla Trascendenza e alla dimensione della Divinità, non è possibile cogliere la bellezza e l'importanza della cultura e della spiritualità di quei secoli. Quello che, per alcuni, appare un lato negativo, antropologico e sociologico, ossia l'intento di costruire una società sulla figura di Cristo, si presenta a noi come un'opera tra le più significative e le più qualificanti che l'umanità abbia messo in atto nella sua storia. 

La cultura era quindi il fondamento, la cultura costituita dalle arti liberali, dalla dialettica, dall'architettura, dalla matematica, dalla musica, dalla teologia, dalla filosofia e anche dai soli rudimenti del leggere e scrivere secondo le indicazioni di S. Agostino. Tutti avevano il diritto e il dovere di andare a scuola, in quanto cittadini a pieno titolo della società. Tante le disposizioni imperiali, a cominciare da quelle di Carlo Magno, perché tutti partecipassero alla vita culturale del proprio territorio. Il risultato di tanto fervore culturale lo rinveniamo nell'amore dei manoscritti antichi, nella ricerca dei testi antichi, nella conservazione di tutto quanto avesse ancora diritto alla parola, lo rinveniamo nella promozione di una cultura idonea a rispondere ai bisogni delle popolazioni e delle giovani generazioni, lo rinveniamo ancora nelle emergenti istituzioni educative, gli Studi Universitari, in cui è oggetto di studio ogni aspetto dello scibile umano. 

Non è strano che Università come quelle di Salerno, di Napoli, di Bologna, raccogliessero iscritti da ogni angolo del Mediterraneo. È strabiliante il numero delle Università istituite nel 1200 nell'intera Europa, laiche ed ecclesiastiche, ed è strabiliante di più che i docenti avessero le proprie cattedre in Università di paesi diversi nell'arco della vita. Il latino costituiva la lingua dell'Europa, la lingua della cultura e della storia delle istituzioni europee. La cultura era strumento di unione e la filosofia deteneva il primato nel mantenimento e nella promozione di valori aggreganti e compositivi.

 Il lettore che ha avuto modo di navigare nel mare magnum della cultura del 1200, si è trovato di fronte ad una miriade di autori di grande spessore culturale. Il fatto che la maggior parte di essi siano oggi Santi e Beati della Chiesa cattolica o anglosassone, non vuol dire che le loro opere fossero limitate a pochi settori della cultura, quella teologica in modo particolare. Essi invece sono rappresentanti di una cultura enciclopedica spesa alla comprensione, alla interpretazione, e alla soluzione di problematiche storiche, antropologiche, etiche, politiche e religiose. Queste figure annunciano quelle del Rinascimento Italiano. 

Danno i brividi i nomi di S. Bernando di Chiaravalle, di S. Tommaso d'Aquino, di S. Bonaventura di Bagnoregio, di S. Domenico di Guzman, di Duns Scoto, di S. Francesco, di S. Celestino V, di Dante Alighieri e di tanti altri: il 1200 ha testimoniato quanto la ragione possa elevarsi verso la dimensione della unitarietà, della universalità e della divinità. È l'apoteosi della filosofia. Agli uomini di cultura si aprono le porte della intimità con Dio. La ragione e la fede prendono corpo nei molteplici movimenti spirituali che arricchiscono ancora di più la ricerca nel profondo della interiorità umana e danno l'esatta misura della grandezza dell'uomo. 

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